La depressione energetica è diffusa ma trascurata e dipende da un modo sbagliato di usare le energie: non la curano gli psicofarmaci ma il piacere di fare
Quando l’umore si abbassa fino a produrre i sintomi tipici della depressione - apatia, perdita di senso, pessimismo, debolezza, demotivazione - si pensa subito a cause concrete: è successo qualcosa di brutto? Una perdita, una separazione, un cambiamento? Se non emerge nulla, di solito si ipotizza qualche squilibrio neurochimico di natura non specificata e, nella maggior parte dei casi, si ricorre agli psicofarmaci, che possono anche riportare la persona, per un po’, a stare bene (o quantomeno meglio), fino a quando l’umore crolla di nuovo, senza alcuna spiegazione. È a quel punto che si rischia di cadere in un vortice di diagnosipsicofarmacologiche che possono andare dalla depressione ricorrente, alla ciclotimia al disturbo bipolare, e di essere trattati per patologie che non si hanno.
Quella di cui parliamo è una depressione che sfugge spesso sia alle diagnosi psichiatriche sia alle indagini psicologiche, ma che è addirittura la forma di disagio più diffusa. Possiamo chiamarla “depressione energetica". Quando il livello energetico si abbassa oltre una certa soglia, che è diversa da soggetto a soggetto, la depressione si innesca, in modo a volte lieve, a volte marcato, ma sempre con una deflessione dell’umore tale da influenzare, almeno in parte, le attività quotidiane. È come se le energie vitali fossero svanite e la persona, appena le si presentano davanti le normali difficoltà della vita (lavoro, famiglia, preoccupazioni) non si sentisse in grado di affrontarle, cadendo in uno stato di prostrazione. Ma dove sono finite le energie?
Le energie vengono costantemente reintegrate grazie a due apporti: il cibo e il riposo. Pochi però sanno che c’è un altro fattore fondamentale che entra nel bilancio energetico dell’individuo: il piacere. Avete mai provato a fare una gita in alta montagna, arrivando a un rifugio isolato? Ricordate le sensazioni? La frase “stanco ma felice” non basta a esprimerle: un misto di fatica fisica e puro piacere di sentire il proprio corpo indolenzito, una sensazione di gioia per lo sforzo fatto e il risultato ottenuto, la felicità di poter contemplare uno spettacolo meraviglioso…
Ci sono azioni, e sono le migliori, che più ci fanno spendere energie, più ci mettono nella condizione ideale per recuperarle. Le azioni piacevoli, quelle che suscitano passione, le azioni che aspettiamo magari come un’oasi di gioia in una giornata grigia, da una parte consumano energie, dall’altra però restituiscono sensazioni fondamentali: fare ciò che ci piace davvero attiva nel cervello ormoni e mediatori chimici che aumentano l’appetito, predispongono a un buon sonno, fanno sentire in pace con se stessi.
L’assenza di azioni piacevoli fa percepire la fatica in modo più forte, sviluppa pensieri negativi e scoraggianti, rende più difficoltoso il recupero. Alla base della crisi che nasce da una carenza di azioni piacevoli nella propria vita non c’è un trauma esistenziale: la prevenzione e la cura non possono basarsi su psicofarmaci o su psicoterapia, ma su una mossa molto semplice e praticamente gratuita: la rinascita energetica. La prima forma di “recupero” di energia è non dissiparla in mille attività e pensieri inutili. Rallenta, esci dal ritmo che ti ha spinto in difficoltà, e aspetta.
Il problema è che a volte non siamo capaci di usare bene la nostra energia vitale. La sprechiamo impegnandoci tanto per ottenere un “bravo”, per essere apprezzati, per somigliare a modelli che ci siamo messi in testa. Usare così l’energia significa esaurirla. Quando invece la usiamo in modo naturale l’energia si “ricostituisce”. Ritrovare il piacere di fare “le proprie cose” è sempre l’antidoto più efficace ai disagi: le forze che usi nel fare ciò che ti dà piacere infatti non si esauriscono mai, si riformano ogni volta che le usi!
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Esci dall’idea di dover sempre funzionare: è questo atteggiamento a creare la crisi, perché comporta una censura di ogni tentativo di orientare le tue azioni verso il piacere. Un’intera giornata o settimana piena solo di azioni in cui “funzioni”, svolgi tutti i doveri ma non fai niente per te, non può che lasciarti sfinito e sfiduciato. Prova a riservare durante la giornata dei momenti in cui usi l’energia per attività “tue”. La regola è questa: se sei stanco fisicamente, prenditi una pausa (anche breve, ma prendila); se sei stanco mentalmente, rallenta ritmo e intensità.
Se vai incontro a crisi ricorrenti, la “velocità” con cui fai le cose nella tua vita va ridotta. A volte si tratta di fare meno cose, più spesso si tratta di fare le stesse cose ma con più calma. Non serve sempre tutta questa partecipazione emotiva, né tutto questo iper-controllo. Già risparmiare un po’ cambierebbe molte cose.
Quasi sempre ciò che ci spinge a dedicarci anima e corpo ad azioni da cui non ricaviamo sufficiente piacere è l’eccessivo senso del dovere e l’incapacità di delegare momentaneamente ad altri quello che ci è pesante fare. È quindi importante “concedersi” qualche momento in cui si esce dalla routine quotidiana stando però al riparo dai sensi di colpa.Nessuno è indispensabile, nemmeno tu! Prova una volta ad astenerti da una delle mille azioni che fai - ad esempio in casa - “altrimenti non ci pensa nessuno”: scoprirai che non solo non crolla il mondo, ma che gli altri prima o poi si organizzano. E resisti anche alle loro eventuali accuse: li hai abituati troppo bene, ora tocca a loro darsi da fare.
Se fai fatica ad addormentarti o non riposi a sufficienza di notte vuol dire che hai energie accumulate da smaltire che ti tengono sveglio. È fondamentale quindi dedicare almeno una parte del tuo tempo a un interesse in cui impegnare le tue energie fisiche e mentali in modo piacevole. Una passione che avevi da ragazzo, una curiosità trascurata perché “non hai abbastanza tempo”. Spesso è solo questione di organizzazione e il tempo si trova. Se ti piace uno sport ma da tempo non lo fai, è il momento di ricominciare.