Piacere, il primo antidoto alla depressione
Depressione

Piacere, il primo antidoto alla depressione

Appagamento e felicità sono i cardini della salute: il piacere non è un “di più” ma l’architrave dell’armonia interiore e la sua assenza provoca depressione

Dottore non capisco: non è successo niente di particolare, stavo facendo la vita di sempre, eppure da un mese mi sento tanto depresso. Tutti mi dicono che non ho motivo di stare così, e hanno ragione perché in fondo non mi manca niente, faccio tutto quello che devo fare. E allora perché sono caduto in questo stato?”. È con questa argomentazione che giunge in psicoterapia buona parte di chi soffre non solo di depressione, ma anche di attacchi di panico, fobie (soprattutto quella sociale), ipocondria e insonnia. Tutti raccontano, convinti di essere obiettivi, la storia di una “inspiegabile” caduta nel sintomo: inspiegabile, ai loro occhi, perché non riferibile a un evento negativo o a qualsiasi altro cambiamento significativo. Lo psicoterapeuta allora inizia ad indagare nella vita del paziente e, in effetti, nota che l’evento non c’è.

Senza godimento non si può vivere

Ma, indagando, si nota qualcosa di più insidioso: un “non-evento”, cioè qualcosa che manca. Il motivo della crisi è proprio in questa assenza specifica: l’assenza del principio del piacere. Sembra incredibile che in una società impregnata di narcisismo e di edonismo come la nostra si sviluppi una crisi psichica per mancanza di “cose che piacciano”; dipende dal fatto che, nella vita quotidiana, prende il sopravvento il dover essere, il dover fare, il dover star dietro a tutti gli obblighi, agli impegni e persino ai piaceri, incastonati tra una cosa e l’altra e che a quel punto entrano nel calderone delle cose da fare: doversi divertire. La cosa che colpisce è che, come si chiarisce man mano che la persona si racconta in psicoterapia, questa assenza viene ormai data per scontata: “Sa, alla mia età… Gli impegni… La famiglia. È normale non aver tempo per certe cose…”. È “normale”, come è normale ormai la depressione… 

Abbiamo un’agenda troppo fitta e cadiamo in depressione

Molte depressioni, ansie, fobie e insonnie “inspiegabili” dunque hanno origine nella scomparsa del piacere spontaneo. O, per dirla in modo preciso, nella scomparsa della “possibilità” del piacere spontaneo nella vita di ogni giorno. “Però io vado in palestra”, ribatte uno; “Io gioco a tennis” ribatte un altro. “E poi ho la mia ora di calcetto il giovedì sera” insiste un terzo, mentre il quarto fa notare che anche sua moglie non si perde mai una seduta di pilates. Ma il punto è proprio questo: il piacere, nella vita di molti, non partecipa da protagonista alla conduzione del quotidiano, è una cosa da mettere nel suo posticino ben definito, dove si sa già prima quel che accadrà e come. Non è più qualcosa che può accadere, sorprendere, trascinare, come fin dall’antichità faceva il dio Dioniso, espressione di questa spontaneità passionale dell’essere.

Il dio Dioniso non ci visita più...

Nella vita di oggi Dioniso non ha spazio: viene gestito, calcolato, modulato. Quando la palestra, il golf, il pilates, il calcetto, il cinema e tutto il resto vengono vissuti solo come sfoghi, tregue, pause, sollievi, non fanno altro che da stampelle della stessa vita che stiamo facendo. Il piacere vero, spontaneo, non si fa inscatolare. E in queste vite non c’è. Il suo spazio è occupato dai sintomi. Certo tutti sappiamo che non si può vivere “nel piacere”, e non è neanche auspicabile per l’equilibrio psichico, che ha bisogno anche di doveri. E sappiamo che gli impegni, ancor più se si ha una famiglia, sono tanti. Ma quel che va ripristinato è la consapevolezza che non si deve togliere dallo stile di vita la possibilità di provare piacere, perché esso è un cardine della salute mentale e fisica.

E se fosse proprio la depressione a salvarci?

Ad esempio non si dovrebbe lasciare al piacere individuale e di coppia il “ritaglio del ritaglio” del tempo e delle energie, perché in queste intercapedini residuali il piacere non si presenterà. Anzi l’erotismo si spegnerà, l’insoddisfazione personale aumenterà e, se il senso del dovere è molto forte, tutto questo verrà ignorato per diverso tempo, fino a quando la mente, producendo depressione o altri sintomi prorompenti, segnalerà che non ne può più di rinunciare a un suo aspetto essenziale.La cura e la guarigione di tanti malesseri non passano dunque dai farmaci, ma dal ridare al senso del piacere il diritto di manifestarsi spontaneamente, lasciando un po’ di elasticità ad alcuni momenti del quotidiano, non riempiendo ogni spazio libero con cose da fare ed essendo pronti a mollare un po’ la presa sui doveri quando il pathos vuole rapirci.

Il piacere, un torrente di energia che fa bene ai cervello

Ormai la neurofisiologia ha dimostrato ciò che la psicanalisi aveva intuito: se una parte della nostra vita non è costituita da una quantità sufficiente di attività, di pensieri e di emozioni ispirate al principio del piacere, il cervello perde progressivamente di brillantezza e altera il suo equilibrio. Sul piano neurochimico cambiano le proporzioni e le quantità dei neurotrasmettitori, sul piano mentale compaiono pensieri pessimistici e l’energia scarseggia, sul piano psichico emergono depressione e disturbi d’ansia, si generano automatismi fobici oppure si altera il sonno. Perciò una cosa è certa: ognuno di noi non dovrebbe mai scendere sotto una certa quantità di tempo da dedicare alle cose che piacciono. Qual è questa quantità? Si può facilmente dedurre: quando si ha la sensazione, quasi ogni giorno, di “tirare avanti” e non di vivere, vuol dire che si è a rischio di malessere.

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