Riconoscere la depressione è il primo passo per affrontarla nel modo giusto: non è una condizione passeggera di tristezza, ma un disagio psichico ben definito, con sintomi clinici e caratteristiche precise
La depressione è una patologia psichica che rientra nella categoria dei disturbi dell’umore, ovvero quelle condizioni in cui il tono dell’umore è alterato al punto da creare profondo disagio e difficoltà nella vita quotidiana, incidendo negativamente anche sulle relazioni sociali e lavorative. In particolare, la depressione si caratterizza per la persistenza di un profondo umore deflesso, un senso di tristezza continuo, una mancanza di senso, una mancanza di fiducia nel futuro e nelle proprie possibilità e dalla convinzione di non poter trovare aiuto da nessuno. Per distinguere la depressione dalla tristezza (che è un’emozione primaria e quindi necessaria), occorre che queste sensazioni appena descritte non siano episodiche, ma compaiano stabilmente nel tempo. Il punto di riferimento usato in questo articolo per la descrizione della depressione è il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, giunto alla quinta edizione.
Nel mondo la depressione è uno dei disturbi più diffusi in assoluto: si stima che oltre 300 milioni di persone ne soffrano. Rispetto al passato, la tendenza sembra in aumento, colpendo persone sempre più giovani. I dati della Società Italiana di Psichiatria rivelano come la depressione colpisca circa il 12,5% degli italiani (7,5 milioni di persone), in maggioranza le donne. Inoltre, dopo il primo episodio di depressione maggiore, il rischio di ricaduta si attesta intorno al 50%, pericolo che aumenta al 75% dopo una seconda ricaduta e fino al 90% dopo il terzo episodio. Ciò crea un circolo vizioso che spiega almeno in parte la tendenza in aumento in tutto il mondo a sviluppare questa malattia.
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I disturbi dell’umore (fra i quali è presente la depressione) non comprendono solo le forme strettamente depressive, ma anche quelle maniaco/depressive. In generale, quindi, i disturbi dell’umore sono tutti quelli che provocano una consistente alterazione nel tono dell’umore e si dividono in:
Nei disturbi di depressione monopolare (disturbo di disregolazione dell’umore dirompente, disturbo depressivo maggiore, disturbo depressivo persistente) l'umore nero prevale e sono presenti rallentamento psicomotorio e alterazioni del ciclo sonno-veglia. In quelli di depressione bipolare (disturbo bipolare I, disturbo bipolare II, disturbo ciclotimico), invece, si alternano lunghi periodi di disperazione e tristezza a momenti meno duraturi di euforia incontrollabile (la cosiddetta mania) nei quali si è preda di iperattivismo, progettualità sproporzionata ed esagerata considerazione di sé.
Entrando maggiormente nel dettaglio dei disturbi depressivi, possiamo distinguere fra:
Nello specifico, un episodio depressione maggiore presenta i seguenti sintomi:
Per fare diagnosi in tal senso, è necessario che siano presenti almeno 5 di questi sintomi, che persistano nella maggior parte della giornata e che durino almeno due settimane. Aver avuto almeno un episodio depressivo maggiore è sufficiente per poter diagnosticare un disturbo depressivo maggiore.
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Fra l’elenco dei disturbi depressivi presenti nel DSM-5 c’è anche il disturbo depressivo persistente (chiamato in passato disturbo distimico): in questo caso i sintomi tipici della depressione sopra elencati sono meno marcati e meno disabilitanti rispetto alla depressione maggiore, però durano di più nel tempo. Il disturbo depressivo persistente si configura quindi come una depressione cronica, che dura da almeno 2 anni.
Per quanto riguarda le cause che innescano la depressione, occorre fare una prima distinzione fra la depressione reattiva e quella endogena. Nella maggior parte dei casi l'innesco di una depressione si trova in un evento infausto: un lutto, un licenziamento senza preavviso, un abbandono traumatico. In questi casi parliamo di depressione reattiva la malattia insorgerebbe reazione all’evento accaduto e tendenzialmente passa da sola o con l'aiuto di una psicoterapia di supporto. Quando invece non si è in grado di individuare alcuna causa esterna all'origine della sofferenza, si parla di depressione endogena: quest'ultima, più rara, è anche la forma più grave, l'unica per la quale il ricorso agli psicofarmaci può essere necessario.
In generale, le cause della depressione sono un insieme di più fattori convergenti a produrre la crisi: esistenziali, affettivo-relazionali, biologici, genetici, familiari. Ognuno di noi può vivere una depressione nell'arco della vita, ma alcune persone sembrerebbero sono più predisposte di altre, a causa di fattori genetici e/o relativi alla storia personale: alcuni studi affermano che un lutto vissuto nella prima infanzia possa aumentare sensibilmente le probabilità di incorrere nella depressione in età adulta. In ogni caso, predisposizioni genetiche o meno, le situazioni che producono un senso di perdita rendono vulnerabili agli episodi di depressione, specialmente se la perdita giunge in un momento di fragilità emotiva. Perdita è quindi la parola chiave per arrivare a comprendere la depressione: una perdita simbolica, interiore, che lascia un vuoto dentro di sé e un pericoloso circolo vizioso di ruminazione mentale, autoaccuse e pensieri negativi.
La depressione sembra essere una delle malattie più invalidanti al mondo. Questo disagio comporta una serie di sintomi quotidiani che ostacolano la regolarità delle funzioni biologiche di base (come l’alimentazione e il ciclo sonno-veglia) e influiscono significativamente sul funzionamento della persona in ogni ambito della vita: relazionale, lavorativo e/o scolastico, famigliare. Le persone depresse tendono a isolarsi dagli altri, rendendo difficile il mantenimento di relazioni interpersonali protettive; anche il rapporto con se stessi risulta faticoso, a causa della scarsa autostima e della mancanza di fiducia nel futuro.
Nella maggior parte dei casi, la depressione può essere affrontata attraverso un percorso di psicoterapia senza l'aiuto di psicofarmaci, il cui utilizzo è da riservare alle forme è più gravi (meno del 2% dei casi). Tendenzialmente i farmaci antidepressivi (SSRI, SRNI, triciclici) impiegano almeno 2/3 settimane prima di iniziare a fare effetto e possono comportare fastidiosi effetti collaterali, come sovrappeso, nausea, vertigini, diminuzione del desiderio sessuale, cefalee persistenti.
Fino a qui abbiamo descritto che cosa sia la depressione secondo i criteri diagnostici e descrittivi maggiormente in uso. L'approccio psicosomatico ha una prospettiva differente. Considerando ogni patologia come una risorsa del corpo, ritiene che anche la depressione sia una strategia che l'inconscio utilizza per far arrivare alla persona che ne soffre un preciso messaggio: la vita che sta vivendo non è in sintonia con la sua natura e quindi va "spenta". La depressione "mette in scena", attraverso i più tipici sintomi proprio lo spegnimento del personaggio che recita una parte fasulla affinché possa la persona possa "rinascere" autentica: per approfondire questo punto di vista e conoscere la lettura psicosomatica della depressione in tutte le declinazioni possibili, clicca qui.