Se la disponibilità nei confronti altrui non genera la gratitudine che vorresti, può arrivare la depressione: non vuole spegnere te, ma le tue aspettative!
La vita di Alda, 62 anni, ne è la prova. Dice di sentirsi oppressa da un senso di apatia e depressione che non le appartiene, malgrado abbia un buon lavoro, due figli meravigliosi e due nipotini. Il suo matrimonio, ci racconta, non è stato felice. Ha tollerato per anni un marito assente e infedele trovando la forza di reagire solo davanti a una grave malattia: “un tumore mi ha costretto a fermarmi e a fare pulizia: così, d'impeto, una sera lo seguo, lo trovo con l'ennesima amante e lo butto fuori casa... lentamente inizia la mia risalita”. Lei e il marito avevano investito molti risparmi nella costruzione di una villetta di campagna (voluta da lui) dove lei attualmente vive con la figlia sposata che, a seguito della separazione, si era sistemata da lei e a cui Alda aveva destinato la parte principale; ora la figlia le comunica di non essere felice lì in campagna, di voler vendere la casa e Alda va in crisi: “così tutto si sgretola di nuovo, persino le toppe che ho cercato di cucire in questi anni, mi sento vuota...Non ho nulla. I beni materiali sono effimeri ma danno un senso di stabilità, non ho più la forza di ricominciare e temo di non riuscire a uscire dalla depressione.”
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Dalle parole di Alda emerge l’immagine di una donna che ha passato la vita a soddisfare quasi esclusivamente le esigenze altrui; prima per tenere unita la famiglia, malgrado il matrimonio alla fine sia saltato; poi per aiutare la figlia che nonostante la generosità materna, di punto in bianco, si dice infelice… e adesso? Così Alda sente di non avere più energie da mettere in campo e la depressione avanza. Eppure, a guardar bene, le delusioni incontrate non sono casuali. Chi passa la vita ad accontentare gli altri, senza occuparsi di se stesso, in genere ottiene due risultati: oltre a esaurire le proprie energie, si accorge che i suoi sforzi non sono valsi a molto. In questo senso, la depressione insegna: sacrificare la propria felicità a beneficio di qualcun’altro è una scelta fallimentare. Al contrario, se Alda smettesse di vivere l’insoddisfazione della figlia come una colpa personale e la invitasse a trovare in prima persona la soluzione più adatta alla propria famiglia otterrebbe il doppio esito di favorirne l’autonomia, riguadagnando, al tempo stesso, la serenità conquistata a fatica. Non significa negare alla figlia il proprio sostegno ma lasciare che sia lei a gestire i cambiamenti che desidera senza che questo arrivi a sconvolgere la vita della madre, sia materialmente che emotivamente.
Alda racconta di aver lasciato il marito adultero mentre lottava contro un carcinoma maligno. Probabilmente la sua anima, stremata da anni di rospi "mandati giù", ha sfogato nel corpo l’infelicità di un matrimonio che lei si ostinava a tenere in vita. Un esito drammatico che ha avuto, però, il pregio di spingerla, finalmente, a liberarsi del compagno. Alda ha mostrato di avere dalla sua una forza non comune, reagendo con coraggio nel momento più difficile. Eppure sostiene di sentirsi vuota, di non avere nulla… com’è possibile? Forse non ha ancora preso coscienza del grande passo compiuto, tanto che sono bastate le lamentele della figlia a farla vacillare. Proprio qui sta il suo problema, nella tendenza ad annullarsi per i suoi cari, vivendo gli stati d’animo altrui come propri. Questa scelta non paga; prima Alda ne diverrà consapevole, prima imparerà a coltivare uno spazio solo suo, un giardino dell’anima impermeabile alle pretese esterne, destinato unicamente a coltivare i suoi talenti, il suo entusiasmo, le sue passioni. Solo così ritroverà la forza e la serenità che merita per affacciarsi alla vita con rinnovata energia, superando apatia e depressione.