Dipendenza affettiva: come superarla
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Dipendenza affettiva: come superarla

La dipendenza affettiva trasforma la vita in una prigione: scopri cosa la causa, quali sono i sintomi e come uscirne

La dipendenza affettiva non rientra nei disturbi psichici classificati dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV), ma compare tra le nuove dipendenze, assieme a quella da internet, dal gioco, dal lavoro o dallo shopping.

Indice dell'articolo

Dipendenza affettiva: cos'è

La dipendenza affettiva si verifica in presenza di un attaccamento eccessivo e patologico nelle relazioni interpersonali. La persona che ne soffre letteralmente dipende da un’altra (di solito il partner, ma anche un genitore o in casi più rari un figlio) per mantenere il proprio equilibrio emotivo e psicologico. L’utilizzo del termine dipendenza non è una semplice analogia con la dipendenza chimica da una sostanza: esistono precise correlazioni cerebrali fra la dipendenza affettiva e la tossicodipendenza. Il tossicodipendente emotivo entra in un vero stato di collasso emotivo di fronte alla possibilità di perdere la persona amata. Si percepisce molto fragile, e bisognoso di costanti appoggi esterni. La persona ha una percezione di sé così negativa che la obbliga a credere che senza l’altro non sia possibile vivere. La frase: “Non posso vivere senza di te”, rappresenta abbastanza fedelmente lo stato d’animo di un dipendente affettivo.

Dipendenza affettiva: cause

Generalmente si ritiene che la causa della dipendenza affettiva affondi le sue radici nei rapporti primari. La persona che ne soffre non sarebbe riuscita a sviluppare una struttura psichica adeguata a causa di esperienze affettive negative con i genitori e in generale i caregivers. Madri e padri iperprotettivi e limitanti possono frustrare i naturali bisogni di indipendenza e autonomia del bambino, ma anche genitori eccessivamente libertari possono indurre i figli a costruirsi un sistema rigido di regole che poi in età adulta può degenerare nella dipendenza affettiva. In generale si può affermare che questo disturbo abbia effettivamente a che vedere con lo stile di attaccamento sviluppato dal bambino in tenera età.

Dipendenza affettiva: sintomi

La persona con dipendenza affettiva presenta i seguenti sintomi:

  • Paura di contraddire o discordare con tutto ciò che la persona amata dice, per paura di perderla
  • Difficoltà nel prendere decisioni da sola e a essere autonoma
  • Disagio profondo quando si è lontani dalla persona amata
  • Tendenza ad accettare situazioni umilianti e imbarazzanti nella speranza di tenere vicino la persona amata
  • Abitudine nel mettersi in secondo piano: la persona dipendente crede di non valere abbastanza

Dipendenza affettiva: chi ne soffre di più

Secondo un cliché culturale duro a morire, lo stereotipo della persona sofferente di dipendenza affettiva è certamente donna. Le evidenze cliniche lo confermano in parte: è vero che le donne risultano più colpite, ma è anche vero che, complice il progressivo processo di emancipazione femminile, la distanza fra i sessi, anche in relazione alle sofferenze psichiche, tende a diminuire. In parte, il fenomeno è dovuto al tramonto di un modello educativo che già dall’infanzia stimolava la donna alla ricerca di un compagno cui affidare almeno in parte le sorti della propria vita. Per lo stesso stereotipo, gli uomini venivano invece educati fin dall’infanzia a focalizzare la loro energia sul successo professionale, oppure nello sport o negli hobby e secondariamente alla ricerca di una compagna. Si tratta di un modello arcaico che, pur ancora presente nella nostra società, è stato ampiamente messo in discussione negli ultimi decenni e che con ogni probabilità è destinato al tramonto.

Dipendenza affettiva: cosa fare per uscirne

Come si cura la dipendenza affettiva? Come uscirne? E se guardassimo questa fragilità da un altro punto di vista? Innanzitutto, è necessario riflettere su un fatto paradossale: le persone che soffrono di dipendenza affettiva spesso si dimostrano inaspettatamente forti e indipendenti nei momenti più difficili. Ad esempio: nel dover prestare soccorso, nel restare lucidi quando qualcuno ha seriamente bisogno, nell’offrire aiuto in condizioni anche molto impervie. Situazioni che hanno solitamente due caratteristiche significative:

  • Sono estreme e urgenti, cosa che fa dimenticare alla persona che soffre di dipendenza affettiva di essere fragile e la fa dunque agire per come è davvero e non per come pensa di essere;
  • Riguardano gli altri, cosa che consente alla persona di mettere la sua esperienza di fragilità al servizio di chi soffre e di chi ha bisogno: chi meglio di loro può comprendere il disagio?

Ciò premesso, ecco un piccolo elenco di azioni che possiamo mettere in campo subito se ci rendiamo conto di soffrire di dipendenza affettiva.

Fai qualcosa da soloRicavati momenti e spazi in cui non è presente la persona a cui di solito ti appoggi.
Non "spostare" la dipendenza affettivaNel creare ambiti solo tuoi stai attento a non riproporre il solito schema: tu che ti appoggi a un’altra figura che ritieni forte e carismatica.
Riscopri i tuoi interessiCi sono cose che appartengono al tuo talento, vecchie passioni da ritrovare oppure nuove da scoprire. Sii disponibile e curioso.
Fa ciò che ti piaceNello sperimentarti come persona singola, senza stampelle, fai cose che ti appassionano. Il tuo cervello attingerà a un’energia capace di ampliare i suoi limiti.
Via i sensi di colpaSe per anni ti sei appoggiato a qualcuno - che dunque era disponibile - potresti sentire di tradirlo se non ti appoggi più. Non importa: scoprirai se ti vuole bene o se il tuo bisogno di lui serviva alla sua autostima.
Fatti aiutare da un professionistaLa psicoterapia è a volte la strada giusta, a patto che non diventi... una nuova dipendenza!

Dipendenza affettiva: figlia di un'idea sbagliata di sé

Esistono dunque situazioni reali nelle quali il cervello dell’insicuro produce una "chimica" della sicurezza, della forza e dell’autonomia. Non è un segreto che chi soffre d’ansia o di panico non ha mai una crisi davanti a una persona che a sua volta ha un attacco di panico: anzi, lucidamente la aiuta a superare quel momento, diventando per lei un forte punto di riferimento. Ciò dimostra che la dipendenza affettiva e l'attaccamento che ne consegue sono solo un'idea, un modo in cui nel tempo abbiamo imparato a guardarci, uno sguardo deviato prodotto in altri tempi da un’altra coscienza, più fragile.

Non crogiolarti nella dipendenza affettiva

Purtroppo le esperienze di forza e autonomia che la persona fa in condizioni estreme non sedimentano, non creano un’autostima stabile: non bastano a cambiare un modo di essere. Anche perché in questo come in ogni disagio c’è comunque una sorta di comodità e di compiacimento. Ognuno si sceglie i suoi riferimenti: c'è chi sviluppa dipendenza affettiva dai genitori, dalla madre, dal padre, dai figli, chi dai fratelli maggiori, dal partner, dagli amici, dai maestri, dal guru di turno o dal terapeuta, che diventano così, volenti o nolenti, àncore, appoggi, appigli, guide o stelle polari per vite che non hanno imparato a esistere sulle proprie gambe. Occorre perciò un lavoro attivo su se stessi che cambi le cose, perché il cervello - che sceglie sempre la cosa che trova più comoda, o la meno dispendiosa - lasciato a se stesso continuerà al solito modo.

Dipendenza affettiva: la forza innata che la fa tramontare

Se decidiamo di cambiar rotta dobbiamo essere consapevoli che all'inizio occorrerà una certa volontà e costanza. Sembrerà certamente difficile pensarsi più forti, ma in realtà non si tratta che di provare: non è vero che ci vogliono anni per liberarsi da questa idea di se stessi. Possono bastare pochi momenti di autonomia vissuti consapevolmente per fissare in noi la percezione della nostra naturale capacità di stare al mondo e della nostra forza innata.

andrea nervetti
Psicologo e psicoterapeuta, collabora dal 2001 con l’Istituto Riza di Medicina psicosomatica di Milano dove esercita la libera professione. Vice Direttore e Docente presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia a indirizzo psicosomatico dell’Istituto Riza. Membro del Consiglio direttivo della SIMP (Società italiana di medicina psicosomatica), scrive per le riviste Riza Psicosomatica, Antiage ed è responsabile del sito www.riza.it. Svolge anche attività libero professionale presso l'Istituto stesso e a distanza via internet. La scheda completa dell'autore
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