L’attacco di panico è un disagio psicofisico durante il quale si percepiscono improvvisamente ansia, acuta paura e disagio, unitamente a diverse manifestazioni somatiche: i sintomi provati raggiungono il massimo dell’intensità entro 5-10 minuti dall’esordio per poi scemare in circa mezz’ora. Gli attacchi di panico emergono senza che vi sia alcuna motivazione apparente che possa giustificarli e quindi irrompono nelle più comuni situazioni della vita quotidiana, rendendoli ulteriormente spaventosi e invalidanti. Quando gli attacchi di panico sono ricorrenti e fra un attacco e l’altro si percepisce una persistente preoccupazione di sviluppare un altro attacco si parla di Disturbo da Attacchi di Panico (DAP).
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Sintomi di un attacco di panico: come riconoscerli
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5), l’attacco di panico comprende la presenza di almeno 4 fra i seguenti sintomi, che raggiungono il picco d’intensità in 10 minuti:
- Difficoltà respiratorie
- Paura di morire o di impazzire
- Aumento della frequenza cardiaca e/o palpitazioni
- Sudorazione
- Dolori al petto
- Vertigini, stordimento, tremori, brividi o vampate di calore
- Formicolio o intorpidimento alle mani, al viso, ai piedi o alla bocca
- Rossore al viso e al petto
- Nausea o disturbi addominali
- Dissociazione, percezione di non essere nel proprio corpo
- Terrore, angoscia e sensazione che qualcosa di orribile stia per accadere
- Pianto incontrollabile (spesso anche dopo la crisi acuta degli attacchi di panico)
Il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP)
Un attacco di panico è caratterizzato dai sintomi visti nel paragrafo precedente e può essere un fenomeno isolato, vissuto anche solo una volta nella vita. Se invece gli attacchi di panico sono frequenti, occorre valutare altre manifestazioni per assicurarsi della presenza o meno di un vero e proprio disturbo da attacchi di panico (DAP), che rientra nella categoria dei disturbi d’ansia. In particolare, secondo il DSM-5, per fare diagnosi di DAP devono essere presenti le seguenti caratteristiche.
- Attacchi di panico inaspettati e ricorrenti
- Almeno un attacco di panico è stato seguito da almeno un mese con almeno uno fra i seguenti sintomi:
- preoccupazione persistente di avere altri attacchi
- preoccupazione relativa alle possibili conseguenze portate dall’attacco
- significativa alterazione del comportamento in relazione agli attacchi di panico
- Presenza o assenza di agorafobia
- Gli attacchi di panico non devono essere causati dagli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale
- Gli attacchi di panico non devono essere meglio giustificati da un altro disturbo psicologico, come ad esempio la fobia sociale
In termine di frequenza, possono esservi attacchi moderatamente frequenti (per esempio, una volta a settimana) che si manifestano regolarmente per mesi, oppure brevi serie di attacchi più frequenti (per esempio, quotidianamente) intervallati da settimane o mesi senza attacchi o con attacchi meno frequenti, ma per diversi anni. Tuttavia, è richiesto più di un attacco di panico inaspettato completo per la diagnosi di disturbo di panico.
Categorie a rischio: i tipi psicologici "da attacchi di panico"
Detto che in generale le donne sono più a rischio attacchi di panico, è comunque possibile delineare alcuni profili generali, validi per entrambi i sessi, di tipi psicologici "predisposti" a incappare in questo disagio.
- Il perfezionista: essere il "numero uno" per piacere agli altri lo rende finto. Il desiderio di apparire assolutamente perfetti agli occhi di tutti ci costringe a costruire, giorno dopo giorno, una maschera che nasconde sì fragilità e debolezze, ma limita creatività e talento. Ogni volta che seguiamo queste regole di comportamento sacrifichiamo una parte di noi stessi. Se diventiamo un personaggio che non ci assomiglia neanche un po', gli attacchi di panico non tarderanno ad arrivare. Come non esiste luce senza ombre, allo stesso modo non esiste una persona colma di pregi senza alcun difetto: l'imperfezione e la compresenza di caratteristiche opposte è la quintessenza dell'essere umano.
- Il moralista: fra desiderio e regole è il panico che vince. Quando vorremmo far qualcosa che esce dai nostri comportamenti abituali possiamo nasconderci dietro la maschera del moralismo: non si fa perché non si deve. Ma a livello psichico, le questioni di principio non esistono: sono solo alibi che consentono di barricarsi dietro il cosiddetto "senso comune". Questa è la maschera che si indossa quando, non sentendosi abbastanza sicuri e temendo il potere travolgente dei desideri, ci si nasconde dietro parole e regole apprese per non assumersi responsabilità alcuna verso di Sé. Ecco allora gli attacchi di panico arrivare e chiederci di rispettare ciò che nell'intimo siamo e desideriamo, costi quel che costi. Il prezzo da pagare è sempre preferibile a un'esistenza tutta giocata in difesa.
- Il buono a tutti i costi: quando l'altruismo obbligatorio ti soffoca. Quando recitiamo la parte del buono, della persona sempre disponibile, punto di riferimento e di appoggio per tutti, significa che stiamo trascurando o tradendo il nostro naturale lato egoistico, che viene rimosso. Si "sceglie" questa maschera quando si è intimamente convinti che sia l'unica accettabile dagli altri, la sola che ci garantirà l'amore, ma puntualmente accade il contrario. I finti buoni finiscono col manipolare e coll'essere manipolati: tu mi devi amare perché sono bravo, io devo essere sempre a disposizione per non perdere il legame con te. Un circolo vizioso da spezzare mettendo in campo le proprie esigenze accanto a quelle altrui, prima che sia il panico a imporlo con tutta la sua potenza.
- Il romantico: sogna una storia "dorata" perché l'amore vero fa paura. Sognare il grande amore, l'amore ideale è spesso un "escamotage" che ci distacca dalla realtà; vi ricorriamo quando intimamente siamo convinti di non riuscire a vivere un amore reale, con gli alti e bassi che caratterizzano ogni relazione autentica. Allora vestiamo i panni dell'eroe o dell'eroina romantica che inseguono l'assoluto. A forza di aspettare l'amore idealistico, perderemo di vista tutti gli incontri che, giorno per giorno, la vita ci regala. Evolvere significa superare questo idealismo sterile e controproducente e accogliere tutto quello che il sentimento vero porta con sé: gioie e sofferenze, vitalità e delusioni. L'amore naturale è mutevole e dinamico, quello ideale è statico e irrealistico. Se non lo comprendiamo da soli, ci pensa il panico...
- Il normale: una vita senza scosse è come un mare congelato. È un mito che molti rincorrono: una vita tranquilla, senza complicazioni, senza imprevisti e problemi o novità da affrontare. Ma è davvero normale esser sempre calmi, non esser turbati da alcun evento, affrontare gli imprevisti e sopportare ogni cosa con il sorriso sulle labbra? Certo che no. Se qualcuno è naturalmente così, si tratta di un'esigua minoranza, ma tutti gli altri indossano semplicemente una maschera che nel tempo soffoca e congela i veri sentimenti e le emozioni più intense e autentiche, che possono trovare un'altra forma per venire alla luce: quella del panico!
- Il duro: non chiede mai nulla e poi crolla. Dimostrarsi vincenti e sicuri di sé a tutti i costi, alla lunga rischia di trasformarsi in una trappola. Non appena la realtà smette di rispondere positivamente alle aspettative e i dubbi sulle proprie incrollabili certezze cominciano a manifestarsi, ci si aggrappa a queste ultime con tanta forza da arrivare a negare anche l’evidenza, pur di confermare agli altri e soprattutto a sé stessi la propria immagine di persona “tutta d’un pezzo”, che non si lascia mai piegare. Ansia e depressione, se ci sono, vengono ignorate e l’attacco di panico diventa allora l’unico strumento che l'anima può mettere in campo per rompere questi schemi fasulli, che tengono in piedi un personaggio del passato, ormai tramontato.
Diffusione del panico in Italia e nel mondo
I dati statistici riguardo al Disturbo da Attacchi di Panico (DAP) mostrano che in generale il 2% della popolazione mondiale lo sperimenta almeno una volta nella vita: in Italia 10 milioni di persone hanno subito almeno una volta un attacco di panico, mentre quasi la metà soffrirebbe di un vero e proprio disturbo da attacchi di panico. Gli attacchi di panico colpiscono in maggioranza le donne, anche a causa di alcuni fattori biologici, come le fluttuazioni ormonali, in particolare degli estrogeni che regolano il tono dell’umore. É vero anche che, per molte ragioni, soprattutto storiche e culturali, capita che siano proprio le donne a reprimere maggiormente la propria istintualità e a rischiare quindi di diventare le vittime designate di questo disagio.
Ecco di seguito cinque profili psicologici di donne che più frequentemente rischiano di subire un attacco di panico
- La sottomessa. può sembrare una donna molto attiva, ma in realtà subisce passivamente la vita, sia nelle difficoltà che nei momenti piacevoli. La sua individualità è sepolta sotto la massa dei doveri, delle incombenze, delle priorità
- La "santa". Di fronte a una discussione, a un litigio, a un attrito con i colleghi, il marito o i figli, tende a lasciar correre, trincerandosi spesso dietro la parola magica: il perdono. In questo modo dentro di lei si accumula un'energia aggressiva repressa, una tensione inespressa che faticherà sempre più a liberare, fino all'esplodere degli attacchi di panico
- La diplomatica. Per lei non ci sono problemi, ma solo opportunità. Crede nel dialogo e nel confronto come modalità per la risoluzione delle difficoltà. Spesso la troppa mediazione la porta a ritardare decisioni e scelte allontanandola da ciò che vuole davvero.
- La paurosa. Passa la vita evitando che le cose accadano, perché la sua priorità è di preservarsi dalla sofferenza; così facendo costruisce un'armatura attorno a sé che le impedisce di vivere pienamente
- La ribelle. Ha scelto lo stile di vita della rivoluzionaria, ma dentro di se non ha né l'autonomia, né la sicurezza. Dice di no a tutto, anche quando non serve. È spesso spigolosa e trasforma sempre l'interlocutore in un avversario.
La crisi di panico con o senza agorafobia
Uno dei rischi di chi comincia a soffrire di questa patologia è che la persona inizi a evitare tutte le situazioni che possano attivare gli attacchi di panico oppure che la persona pensi di riuscire ad affrontare le situazioni solo se accompagnata da qualcuno. In questo caso si può avviare anche l’agorafobia. L’agorafobia fa parte dei disturbi d’ansia e si configura come una paura intensa e persistente degli spazi aperti o, in generale, dei luoghi in cui sarebbe difficile allontanarsi o chiedere aiuto in caso di pericolo (ad esempio una piazza gremita o un mezzo pubblico affollato).
Come distinguere gli attacchi di panico da:
Paura: un freno davanti ai pericoli | Se stiamo attraversando soli di notte un quartiere malfamato o se dobbiamo affrontare un esame universitario e sappiamo di essere impreparati, ci può venire una forte agitazione. Non si tratta evidentemente di attacchi di panico, ma di paura, del tutto fisiologica in tali situazioni. Senza la paura non saremmo "frenati" nelle situazioni pericolose e passeremmo la vita fra un rischio e l'altro. |
Ansia: un'angoscia che non paralizza | "Ci sono dei giorni nei quali non uscirei di casa, tutto mi angoscia, mi spaventa e mi rende irritabile e se penso alle cose che devo fare mi assale il timore di non riuscire ad affrontarle": ecco l'ansia, un’emozione diversa dalla paura, ma anche dagli attacchi di panico perché non è paralizzante. |
Fobia: la fa crescere un oggetto scatenante | "Odio i ragni: se solo penso che uno di loro possa sfiorarmi mi sento svenire". La fobia è la certezza che situazioni quotidiane del tutto innocue possano colpirci mortalmente, tanto da condizionare l'esistenza. Proprio la presenza di un oggetto scatenante (il ragno) indica che non siamo in presenza di attacchi di panico. |
Attacchi di panico: cosa fare?
In un momento delicato come quello della crisi acuta da attacchi di panico, saper fare le cose giuste ed evitare i comportamenti nocivi è più che mai importante. Applicare alcune regole semplici e concrete può ridurre l'intensità dei sintomi e far vivere meno drammaticamente gli attacchi di panico.
SÌ: cosa fare quando arrivano gli attacchi di panico
- Proteggersi. Sottrarsi, anche solo per poco, al contesto (luogo, situazione o incontro) nel quale gli attacchi di panico sono esplosi. Se ciò non è proprio possibile, sarebbe comunque preferibile cercare di defilarsi un po', ad esempio togliendosi dal centro della scena.
- Mettersi comodi. Ovunque ci si trovi, cercare di mettere al più presto il corpo nella posizione più comoda possibile, compatibilmente alla situazione. Evitare la posizione sdraiata, che spesso peggiora i sintomi degli attacchi di panico.
- Cercare frescura. Tra i sintomi più sgradevoli c'è la sensazione è di avere troppo caldo, di avvampare. Per alleviare questo "fuoco" si può allora cercare, se si è all'aperto, la freschezza dell'ombra o del vento; se si è in casa, si può creare un po' di corrente aprendo le finestre.
- Chiedere aiuto. Se si ha la sensazione di perdere il controllo e di cadere in preda all'angoscia, è bene individuare qualcuno che possa stare vicino per la durata degli attacchi di panico. Se non c'è nessuno, si può "chiedere aiuto" alle cose: un oggetto "positivo", un rituale rassicurante, una distrazione.
NO: cosa non fare quando arrivano gli attacchi di panico
- Lottare. Non si deve resistere a ogni costo e non bisogna cercare di opporsi. Gli attacchi di panico chiedono spazio e tempo e se questi ultimi non vengono loro "concessi", aumenteranno d'intensità finché non diminuirà la nostra caparbietà. Meglio allora abbandonare ciò che stava facendo, cedere, limitarsi a osservare.
- Fingere. Quando si ha un vero disturbo da attacchi di panico è impossibile dissimulare e fingere di star bene. Anche questo peggiora le cose e aumenta la tachicardia. È meglio dichiarare il malessere e potersi così dedicare a sé stessi.
- Scappare. In preda alla paura di morire, si può avere l'impulso di correre o di muoversi in modo concitato, senza guardarsi attorno, esponendosi così al rischio di incidenti o cadute. Bisogna fare il possibile per restare presenti a sé stessi.
- Forzare il respiro. Le difficoltà respiratorie indotte dagli attacchi di panico portano istintivamente a "cercare aria" con inspirazioni massimali e frequenti. Ciò manda il sangue in alcalosi, accrescendo la stessa sensazione di angoscia. Si deve dunque cercare di respirare normalmente.
PER APPROFONDIREPanico: cosa fare durante gli attacchi
Gli attacchi di panico secondo la prospettiva psicosomatica
Il panico è una forza tellurica che, con un’energia paragonabile a quella dell’orgasmo ma virata al contrario, arriva per rompere la maschera che indossiamo e con la quale ci siamo totalmente identificati e farci abbandonare quel personaggio recitato che ha ben poco a che vedere con la nostra vera natura. L’analogia con il picco dell’atto erotico dà un’idea dell’intensità del panico: come l’orgasmo, questo disagio coinvolge il corpo dalla testa ai piedi, induce una radicale modificazione dello stato di coscienza e delle funzioni del corpo, a partire dal respiro. Naturalmente, ciò che nell’orgasmo è piacere, nel panico è sofferenza e paura.
L’ipotesi psicosomatica è che il panico sia l’unica risorsa che l’anima può mettere in campo quando l’identificazione egoica con la maschera è assoluta. Non a caso è molto importante soffermarsi sul primo attacco, che solitamente colpisce d’improvviso, senza cause apparenti, in situazioni quotidiane dove il controllo della maschera viene allentato: in questa “feritoia”, Pan si infila e colpisce, ma lo fa a fin di bene. Per quanto sconvolgente, il suo obiettivo è quello di riportarci alla nostra vera natura, alla nostra unicità, perduta nell’identificazione con quel personaggio mascherato che facciamo vivere al posto nostro. Per ampliare la tua conoscenza del punto di vista psicosomatico sul panico, clicca qui.
Psicologo e psicoterapeuta, collabora dal 2001 con l’Istituto Riza di Medicina psicosomatica di Milano dove esercita la libera professione. Vice Direttore e Docente presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia a indirizzo psicosomatico dell’Istituto Riza. Membro del Consiglio direttivo della SIMP (Società italiana di medicina psicosomatica), scrive per le riviste Riza Psicosomatica, Antiage ed è responsabile del sito www.riza.it. Svolge anche attività libero professionale presso l'Istituto stesso e a distanza via internet. La scheda completa dell'autore