Un attacco di cefalea o di colite, febbre o nausea improvvise, dermatite, fino al panico: non arrivano a caso, ma quando stiamo tirando troppo la corda. E "loro" la allentano
Ci sono momenti nei quali non sappiamo più dove mettere tutta la tensione che abbiamo dentro: rabbia, aggressività, dubbio, rancore, ma anche esaltazione, fantasie, vergogna, paura, terrore, insicurezza. Ci sembra di impazzire, di “non starci più dentro”. A volte, per quanto sembri paradossale, sintomi e malattie - non gravissime, s’intende - arrivano proprio per canalizzare queste emozioni. Un attacco di panico o una crisi colitica, ad esempio, possono esprimere la stessa esigenza di “buttare fuori”, con forza, una tensione interna che aveva bisogno di trovare una via di fuga.
La psicosomatica ha messo in luce che dentro di noi, in ogni momento, certi contenuti psichici (emozioni, tensioni, conflitti, squilibri) che non riescono a essere elaborati dalla mente e dalla psiche, attraverso il sistema neuro-immuno-endocrino si trasferiscono nel corpo. Così l’energia in eccesso si condensa in sintomi che le permettono di prendere forma, mantenendo l’equilibrio psicofisico. Ciò non riguarda solo i sintomi fisici, ma anche quelli psichici.
Si tratta di una funzione che, nei bambini piccoli, è molto sviluppata: senza saperlo loro usano l’intero corpo come se fosse un cervello, utilizzando organi e tessuti come se fossero funzioni psichiche e mentali, in grado di elaborare, di far vivere e di sfogare quel determinato vissuto problematico, troppo grande per le capacità mentali del momento. Molte dermatiti della prima infanzia, ad esempio, mantengono l’equilibrio psicofisico del bambino nei momenti di insicurezza e di tensione, permettendogli di dar voce, in modo simbolico ma non per questo meno vero, al suo problema. Con la crescita questa funzione diventa meno evidente, ma si mantiene intatta e, quando serve, entra in azione.
Qualche esempio? Agli attacchi di colite svolgono la funzione di sfogo immediato di emozioni molto intense, soprattutto negative: paura, terrore, rabbia, forte contrarietà e senso di vergogna. Le scariche permettono un subitaneo riequilibrio psichico. Quando invece ogni giorno ci sono troppe cose che ci contrariano, il reflusso gastroesofageo si fa carico di esprimere quel “di più” che rischierebbe di farci dire cose gravi che potrebbero ritorcersi contro di noi. I dolori intercostali danno voce a momenti di sofferenza affettiva/sentimentale, intensa ma trascurata. Emozioni prorompenti nelle relazioni - come rabbia, senso di ingiustizia, ma anche forte passione e coinvolgimento - possono aver bisogno delle dermatiti per completare la propria espressione, senza creare ansia. Se però un sovraccarico emotivo, magari associato a notevole stress fisico, rischia di mandarci in tilt, ecco che febbre alta e spossatezza ci difendono, fermandoci e permettendoci di far calare la tensione.
Un attacco di panico sporadico a volte è l’unica opzione (per quanto sul momento drammatica) per ridurre drasticamente l’accumulo di energie e di emozioni che altrimenti potrebbe creare patologie fisiche o sintomi psicotici. Nausea e vomito, non associati a problemi organici, si incaricano di esprimere il rifiuto viscerale verso una situazione relazionale percepita come indigeribile, inaccettabile. Ci fanno resistere ancora un po’, ma dovremo cedere. Cefalea ed emicrania spesso intervengono come “supporto” quando la mente è troppo carica di emozioni, pensieri e preoccupazione. Non a caso spesso alcune cefalee insorgono in seguito a degli stress psicoemotivi.
In tutti i questi casi, e in tanti altri non citati, i sintomi vogliono da noi una sola cosa: che smettiamo di trattarci male. Un sintomo svolge una funzione importante nel mantenimento dell’equilibrio psicofisico e porta con sé un messaggio che arriva dalle profondità del nostro essere, deve essere ascoltato e, se possibile, tradotto in un atteggiamento pratico, a vantaggio della qualità della vita e delle relazioni. Se impariamo ad ascoltare e a leggere i sintomi, tutto sarà più semplice.
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