Gli attacchi di panico colpiscono chi è chiuso in una situazione limitante: questo blocco è superabile, come narrano queste testimonianze, grazie alle immagini
Gli attacchi di panico non sono semplicemente una malattia da combattere o da estirpare. In una prospettiva psicosomatica, sono eventi che esprimono sempre un'energia soffocata, "esplosioni" che portano alla luce modi di essere o lati di noi che forse abbiamo accantonato da troppo tempo. Abbiamo "compresso" troppo a lungo la nostra vita in atteggiamenti o situazioni soffocanti ed ecco che gli attacchi di panico, in modo dirompente, mandano un segnale d'allarme, risvegliando in un solo istante tutta l'energia inutilizzata, con effetti dirompenti per l'equilibrio di chi si trova di colpo travolto da questa "onda anomala".
LEGGI ANCHEAttacchi di panico: chi è più predisposto
La madre accogliente, la brava bambina, il lavoratore indefesso, il giovane scansafatiche, l’eterna promessa: nella vita si creano ruoli talmente rigidi e ripetitivi da soffocarci. Quanto più ci chiudiamo dentro un personaggio con caratteristiche e modi di essere prestabiliti e sempre uguali, tanto più limitiamo il nostro campo di azione e impediamo alla nostra autenticità di venire allo scoperto. Per questo arrivano i disagi e in particolare gli attacchi di panico: esprimono un’energia che scaturisce dall’interno, troppo a lungo soffocata. Abbiamo nascosto allo sguardo di tutti e anche al nostro, la nostra vera personalità, non ci ricordiamo neppure che esiste, e da quel cassetto buio e segreto lei torna a rivendicare spazio. Il panico arriva per ricordarci che “siamo molto di più”, smantellando tutte le finzioni.
La vera personalità può emergere solo se vengono abbattute le maschere, specie quelle che ormai confondiamo con noi stessi. Ma cosa può aiutarci a ritrovare il nostro vero volto nascosto? Le immagini, quelle che si formano spontaneamente nella nostra mente e che hanno un significato simbolico che va molto oltre le apparenze. È quello che è capitato alle persone protagoniste delle storie che state per leggere; narrano di come, ascoltando e mettendo in pratica i suggerimenti anti panico della Scuola di Psicoterapia dell’Istituto Riza, queste persone abbiano finalmente compreso cosa non funzionava nelle loro vite e hanno quindi messo in campo quei piccoli ma indispensabili cambiamenti che hanno fatto scomparire gli attacchi di panico. Dopo aver letto le loro testimonianze, troverete qui una tecnica immaginativa utilissima contro gli attacchi di panico, che tutti possono utilizzare.
“Qualche anno fa ho iniziato a soffrire di attacchi di panico. All’inizio ero disorientata, non sapevo che cosa mi stesse succedendo, mi riempivo di tranquillanti. Quando ho compreso che non stavo per morire ho pensato di affrontare un percorso di psicoterapia. È così che sono incappata nel Blog di Raffaele Morelli. Ero un po’ scettica, mi sembrava impossibile che tutti questi sintomi sarebbero potuti passare “semplicemente accogliendoli e trasformandoli in un’immagine”. Eppure mi accorgevo che cedendo, non resistendo, la tensione si alleviava. Tutte le volte che veniva il panico visualizzavo spontaneamente una donna dai capelli biondi e la carnagione chiarissima: il mio ideale di donna, mentre io sono la classica donna mediterranea. Pian piano ho compreso che dietro questa immagine di donna algida si nascondeva una freddezza che voleva farsi strada, cioè il desiderio di smettere di essere sempre la madre accogliente pronta ad abbracciare chiunque. Ho iniziato a dire qualche “no” e a ritagliarmi sempre di più i miei spazi. E in questo modo il panico gradualmente mi è passato. Grazie a lui ho scoperto di essere una donna diversa rispetto a come mi avevano sempre dipinta».
“Ho 24 anni e da qualche anno soffrivo di attacchi di panico. Frequentando una psicologa avevo compreso che da troppo tempo pativo una situazione famigliare che mi faceva sentire in gabbia. Per tutti a casa ero ancora la “brava bambina” che non faceva mai preoccupare nessuno, quella su cui si poteva sempre fare affidamento, a differenza di mia sorella che era considerata una vera scapestrata. Leggendo i suggerimenti di un vecchio numero di Riza Psicosomatica che avevo in casa, ho finalmente capito: i miei disagi volevano scrollarmi di dosso un ruolo che mi stava stretto, mi faceva soffocare. Ho iniziato a usare le immagini: visualizzavo me stessa in modi di essere per me inusuali, nelle mie fantasie ero più libera, a volte più ribelle e non m’importava di dover accontentare sempre tutti. Quanto è stato liberatorio! E più immaginavo e più mi veniva da essere sempre più spontanea e naturale. Un po’ alla volta il panico è passato e io e i miei famigliari abbiamo trovato un nuovo equilibrio: è come se improvvisamente si fossero tolti la maschera anche loro!”.
Nell’apertura di questo articolotroverai le indicazioni “tecniche” su come utilizzare in pratica le immaginate per diminuire il disagio (in questo caso un attacco di panico) e aumentare la consapevolezza. E ora, largo all’immaginazione, con una precisazione: ognuno può divertirsi a personalizzare l'immaginata inserendo, al posto dell'oggetto che compare qui, un altro che abbia avuto nella sua vita la medesima funzione. Leggendo il racconto, tutto si chiarirà...
Mi trovo nella mia stanza, sul letto, mi sento al sicuro, tranquillo, protetto… socchiudo gli occhi...immagino... All’improvviso mi trovo in piena luce, in una terra piatta che sembra stendersi all’infinito...è brulla, con pochi ciuffi di erba secca.. il cuore mi rimbomba nel petto, provo angoscia, panico...Dove sono? E perché? E’ reale tutto questo? Il cielo è pieno di nuvole, il sole è coperto... il paesaggio desolato, senza fine, sento il panico invadermi la mente e il corpo... Non so che fare, dove andare, non c’è sentiero, strada, indicazioni, aiuto...solo io in questa landa sconfinata.. provo il terrore d’impazzire, di morire.. non c’è nessuno ad aiutarmi...Senza accorgermene mi sono afflosciato a terra, faccio fatica a respirare, il cuore batte forte, il panico mi tormenta.. Cosa ho fatto per meritare questo? Non voglio morire... piagnucolo... dalla bocca mi esce, dopo tanti anni, un biascicato e lamentoso: “Mamma, mamma.”. ...Invoco una qualunque divinità... ho paura di morire...
Poi, alzo gli occhi rossi di lacrime e sobbalzo: a pochi da me c’è un oggetto, mi sembra di vedere qualcosa di rosso che spunta dalla terra... Mi alzo, mi trema tutto il corpo, ma è qualcosa che devo assolutamente andare a vedere... Mi avvicino e... mi meraviglio: è una locomotiva di legno, colorata di giallo e nero, lucida, con un grande fumaiolo rosso... Sotto il fumaiolo ecco una bocca che sorride, degli occhi... ha ruote grandi e ben fatte, lo scompartimento per il carbone...Ma questa, questa – il ricordo sorge improvviso, come un tuono – è la locomotiva che avevo da piccolo...mi sentivo così solo...ci giocavo ore ed ore sdraiato per terra... fantasticavo che mi portasse in luoghi incantati... Si, ero solo... aspettavo che tornasse la mamma...e questo senso di solitudine l’ho provato anche da grande, lo provo anche adesso…
Sto per prenderla in mano ma la locomotiva si muove, va avanti.. mi accorgo che c’è una corda legata ad un anello che brilla come rame, proprio sotto la caldaia.. la corda viene tirata, ma non c’è nessuno, è tesa, ma non c’è nessuno...E’ l’unica cosa che mi sembra amica in questo orribile deserto di panico e angoscia...la locomotiva va avanti...tirata da una mano invisibile...sobbalza sul terreno, è veloce... non posso perderla di vista...la seguo anche se sono sconvolto, bagnato di sudore...Cammino a fatica...la locomotiva è sempre avanti, traballante, col fumaiolo rosso che ogni tanto scompare e poi riappare: affretto il passo.. non posso permettere di farmela scappare.. lo so, lo sento...
A un tratto inciampo, cado disteso, il panico non dà tregua, mi sento disperato...come tante altre volte...chiudo gli occhi.. e quando li riapro tutto è cambiato: sono sdraiato su un prato verde, un pendio dolce, pieno di fiori e salici che si muovono a un sussurro di vento...un ruscello gorgoglia... l’aria è fresca, mi guardo alle spalle: vedo ancora la landa piatta e inospitale ma è indietro, lontana... Poco davanti a me ecco la locomotiva, col suo fumaiolo rosso e il sorriso sul muso... ora la corda è caduta, arrotolata nell’erba... è così importante averla ritrovata...sto piangendo e non c’è niente di male... stringendo la locomotiva sul petto mi sdraio sull’erba...ho ritrovato qualcosa di me... mi sento più completo, come ad aver riempito una mancanza... ora non ho più paura...
Trasformare gli attacchi di panico in un'immagine permette di attivare un processo terapeutico molto profondo: l'energia vitale, invece di venire soffocata in incombenze e atteggiamenti quotidiani innaturali ed esplodere tutta assieme nell'attacco, diventa disponibile in un "formato" concentrato e curativo da "assumere" in qualsiasi momento. Le immagini, infatti, costituiscono il linguaggio più arcaico del cervello e sono in grado di attivare, con la loro semplice presenza, risposte molto vaste a livello dei neurotrasmettitori. Costruendo una nostra, personale immagine del panico, possiamo contattare quell'oceano sepolto di energie interiori poco alla volta, disinnescando così il meccanismo che sta alla base degli attacchi di panico.