Il panico spazza via una vita tranquilla ma finta
Attacchi di panico

Il panico spazza via una vita tranquilla ma finta

Spesso chi soffre di attacchi di panico non sa farsene una ragione, convinto che la sua vita scorra serena e tranquilla: e se il problema fosse proprio questo?

"Sto benissimo. In famiglia nessun problema, sul lavoro va alla grande, con gli amici tutto come al solito, cioè bene. C’è solo questo attacco di panico che mi viene ogni tanto, veramente forte, ma direi che è tutto a posto".

Mentre dice queste parole in tono sicuro e rassicurante, la persona quasi si dimentica di essere al primo incontro di psicoterapia. Non sta fingendo di star bene, anzi, è davvero convinta che le cose stiano così, e in effetti, all’esterno, così appare. Tanto che la stessa scelta di fissare l'incontro è stata suggerita da altri:

"Se fosse per me non sarei neanche venuta qui nel suo studio, ma il medico di base mi ha detto che sarebbe stato meglio fare un consulto psicoterapico per questi attacchi di panico. Allora eccomi qui, ma io sto bene, mi creda".

"Io le credo - dice lo specialista - però immagino che questi attacchi di panico le diano fastidio".

"Sì, certo, quando mi vengono sì, ma poi finiscono ed è tutto come prima".

"E ogni quanto le vengono?».

"Beh, poco: una volta ogni tanto, circa una volta alla settimana… Anzi due, anche se settimana scorsa forse erano tre/quattro. Però sto bene, eh!"...

Quando l'attacco di panico è la spia di un problema non riconosciuto

Da questo dialogo, che riproduce uno schema frequente, emergono elementi fondamentali. Il primo è che la persona è totalmente sganciata dal suo sintomo: gli attacchi di panico sono per lei eventi estranei, malesseri che non la riguardano, perché lei va avanti senza batter ciglio. Ebbene, proprio questa distanza è il sintomo di un problema più ampio. Un problema rimosso dalla coscienza, che trova nell'attacco di panico l’unico modo per dare segno di sé e lanciare il suo grido di allarme, in una persona che però non si spaventa (come invece capita ad altri) e che riesce a “incasellarlo” come elemento fastidioso, certo, ma non di ostacolo ai suoi obiettivi.

Ed è proprio questo incasellamento a determinare il progressivo aumento della frequenza degli attacchi di panico. Il medico di base ha visto bene: se la persona non farà qualcosa, il sintomo potrebbe aggravarsi. Lo psicoterapeuta, allora, comincia ad aiutarla a risolvere un problema la cui principale difficoltà è di non essere riconosciuto come tale.

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Guardarsi allo specchio per scoprire il senso degli attacchi di panico

Il panico “senza motivo apparente”, dunque. O, anche, il panico senza partecipazione emotiva. Cosa può fare la persona che ne soffre? La psicoterapia è un’opzione, ma anche da soli si possono fare alcuni passi fare. La prima cosa è prendere atto che queste manifestazioni sono sintomi psichici, e che un sintomo psichico ha sempre un motivo di esistere. Quindi, anche se la vita "ufficiale" sembra andare bene, è necessario aprirsi all’idea che, dietro questa funzionalità apparente, c’è qualcosa che non va. Non sappiamo ancora cosa, ma all’inizio è già importante dare al sintomo il suo significato primitivo: quello di espressione di un disagio. Il passo successivo è la deduzione che il disagio in questione deve essere importante, dato che riesce, ogni tanto e via via sempre più spesso, a bucare la spessa tela di negazione che lo copre e, anche se per poco, a fermare la persona nella sua intransigente marcia quotidiana.

Emozioni represse? Panico in vista!

Se la persona fosse in contatto con le proprie emozioni, sarebbe spaventata o preoccupata per gli attacchi di panico. Serve allora un po’ di introspezione, è questo che manca. C’è bisogno di prendersi momenti di pausa per osservarsi e porsi domande fondamentali: "C’è qualcosa che vorrei vivere ma che non sto vivendo? E cosa? Sessualità? Senso del piacere? Tempo libero? Creatività? Innamoramento? Attività fisica?".

Il panico è spesso la spia della necessità urgente di dare spazio al principio del piacere, alla libido, che potrebbe essere stata rimossa dal quotidiano in nome di ruoli magari anche gratificanti a livello mentale, ma non a livello emotivo o affettivo, esistenziale, corporeo.

Attacchi di panico: osserva quando arrivano

Ripensa ai momenti in cui sono arrivati gli attacchi di panico e prova a individuare se vi siano delle costanti. Ci sono tre possibilità.

  • Se insorgono nei momenti di riposo
    Il tuo essere sempre in attività è una specie di tappo o di anestetico nei confronti della tua realtà interiore. Il sistema nervoso approfitta allora dei momenti di vuoto (inattività, riposo, sonno, tempo libero) per esprimere tutto il malessere o l’energia bloccata. Rallenta il ritmo.
     
  • Se insorgono nei momenti di attività
    Si tratta di un panico legato a determinate situazioni. Ci sono contesti che detesti o rifiuti intimamente, ma a cui ti sottoponi lo stesso. Individua quali sono e se vi siano uno o più schemi di relazione che ti mettono in particolare difficoltà.
     
  • Se insorgono senza nessi apparenti
    Non ci sono contesti specifici né momenti topici: il panico segnala un malessere a tutto campo che non viene preso in considerazione e che, per questo, sta aumentando il suo disordine e la sua tensione interna. Bisogna prendere in mano la situazione al più presto.

Ritorna con la mente al primo attacco di panico

Torna con la mente alla prima volta in cui ti è venuto un attacco di panico. In molti casi la situazione in cui ti trovavi e il momento di vita che stavi vivendo contengono gli elementi che hanno innescato il disturbo. Il primo ricordo è una vera e propria “macchina del tempo” che ti restituisce la sorgente del panico di cui soffri, prima che altri aspetti successivi inquinassero il campo e rendessero difficile capirne la matrice. È possibile che, nel fare ciò, la tua mente tenda a banalizzare ciò che scopri e le riflessioni conseguenti. Non cedere a questo automatismo e vai fino in fondo.

Guida pratica contro gli attacchi di panico

  • Riduci l’efficienza ad ogni costo
    Quando il senso del dovere e dell’efficienza ad ogni costo impediscono di prendere atto di un problema come gli attacchi di panico, vuol dire che si è superato un limite. Essi stessi sono una causa del panico, perché opprimono la vita. Esci da questa tenaglia. Il funzionalismo è lo schema che il panico vuole spezzare. Spezzalo prima tu, e il panico se ne andrà.
     
  • Allarga l’immagine di te
    Forse hai creato un’immagine di te come di persona che affronta tutto, che non molla mai. Oppure di persona arrivata, che si gode i vantaggi di un ruolo (comodità, posizione, ammirazione altrui), magari nascondendosi gli svantaggi (immobilità, limitazioni, rigidità di comportamento). Ora serve rinnovare questa concezione, che nega i problemi e che ti impedisce di occuparti di te. Anche perché, se ciò accadesse in presenza di sintomi fisici, sarebbe ancora più pericoloso. Più amore per te stesso.
     
  • Ascolta la voce dei disagi
    Ridurre l’efficientismo e rivedere la propria immagine apre lo spazio e il tempo per cominciare a dare ascolto alle emozioni, ai desideri profondi, ai malesseri e alle paure. Il panico cerca di esprimerli tutti insieme, in modo caotico e provvisorio, ma se tu, giorno per giorno, cerchi di riconoscerli e di dargli voce, del panico non ci sarà più bisogno.
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