Bambini: prime prove di indipendenza
Crescita e sviluppo

Bambini: prime prove di indipendenza

Andare a scuola da soli, rimanere a casa senza nessuno o averne le chiavi: ecco come affrontare nel modo giusto questi “assaggi” d’autonomia

Quando è tempo di farlo andare a scuola da solo, dargli le chiavi, lasciarlo a casa il pomeriggio o permettergli di uscire con gli amichetti? Sono le domande sulle prime prove di autonomia in merito alle quali i genitori s’interrogano e a cui è difficile dare risposte univoche. Sono molti gli aspetti che influiscono sulla decisione di quando concedere maggiore indipendenza ai propri figli: i bambini, a parità di età, possono essere più o meno svegli, paurosi, distratti, intraprendenti, affidabili o incoscienti, con le loro paure e desideri e poi c’è l’atteggiamento educativo dei genitori, la loro fiducia nel mondo esterno e il loro approccio al rischio, la capacità di tollerare la separazione dal bambino, la presenza di fratelli o sorelle maggiori, le esperienze familiari rispetto ai temi dell’autonomia e dell’indipendenza.

L’età giusta per provare? A 10 anni

In linea generale, è al termine della scuola elementare e durante la scuola media (10-11 anni) che è importante impegnare il bambino in piccole prove di autonomia, come andare a comprare il latte, andare a scuola da solo e fare i compiti senza aiuto. Il periodo della scuola media è decisivo per l’acquisizione del senso di responsabilità e dell’autonomia. Arrivati alle superiori, infatti, i ragazzi avranno l’esigenza di essere autonomi e dovranno esserlo davvero.

Cosa frena…i genitori!

- Il timore di perderlo

A volte siamo noi adulti a vivere con ansia le prove di autonomia perché vediamo il bambino sempre troppo piccolo per camminare con le sue gambe, oppure perché per noi separarsi equivale alla possibilità di “perdere” il figlio e di perdersi come famiglia. Altre volte, invece, sono le paure e le insicurezze del bambino a frenarci.

- L’apprensione eccessiva

In passato i ragazzini andavano a scuola senza essere accompagnati, avevano le chiavi di casa e si scaldavano addirittura il pranzo e mangiavano da soli. Oggi è molto diverso, non tanto per i pericoli intrinseci della vita domestica, piuttosto è cambiata la percezione e la valutazione del pericolo e le capacità di gestione del rischio dei nostri figli a causa di un modello educativo genitoriale iperprotettivo.

- L’influenza del contesto

Anche il luogo in cui si vie può influenzare l’autonomia che concediamo al bambino. In alcuni casi contano anche esigenze di ordine pratico e sociale: una vita ricca di impegni, l’assenza di nonni o tate, oltre che una tendenza per la quale i figli sembrano essere (o si vogliono così?) sempre più emancipati. 

- I paragoni inutili

Considerata l’eterogeneità dei fattori che condizionano le singole situazioni, è bene non fare paragoni tra fratelli o ricorrere a un criterio di età, ma piuttosto considerare le caratteristiche peculiari del bambino e della situazione familiare, nello specifico momento di vita. 

È pronto? Procedi per gradi

Il primo passo è dargli l’incarico di andare a comprare il latte sotto casa, oppure lasciarlo da solo 10 minuti mentre vai a prendere la sorellina all’asilo; progressivamente si può aumentare il tempo e la difficoltà dell’impegno ad esempio andare a scuola e mangiare da solo, allungando via via i tempi in modo che per le medie il bambino sia pronto a restare a casa da solo anche per più ore consecutive e sappia muoversi con sicurezza anche nel contesto extrafamiliare.

Il “mito delle chiavi”

Concedere le chiavi di casa è un rito di passaggio simbolico che sancisce la fiducia dei genitori verso il figlio, ritenuto in grado di autogestirsi, ed è quindi consigliabile aspettare finché si considera il ragazzo responsabile e capace di gestire anche situazioni difficili e qualche imprevisto.

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