Non siamo per forza vittime di quello che ci è accaduto in passato: al contrario, l'anima "usa" i traumi per allenarsi e aiutarci a far fiorire la nostra natura
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Siamo tutti convinti del fatto che quel che siamo oggi sia causato da quanto ci è accaduto in passato e che ad esempio il nostro carattere sia il risultato dei traumi, delle esperienze difficili vissute nell’infanzia. Silvia narra la sua storia: “Sono insicura perché mio papà mi ha abbandonata quando ero piccola: da allora cerco sempre un padre e non ho fiducia in me stessa”. Ma è come dire: ciò che io sono è condizionato per sempre da sfortune e da traumi su cui non ho più alcuna possibilità d'intervento. Potrò mai essere perfetta se sono stata abbandonata da piccola? È impossibile, sarò per tutta la vita “l’abbandonata”. Al massimo potrò conoscermi, e forse addirittura curarmi, risalendo alle cause, ai traumi, alle colpe che hanno determinato ciò che sono diventata. Potrò diventare “un’abbandonata consapevole” e stare un po' meglio. Tutti i miei sforzi non saranno più diretti a nascondere a me stessa un passato troppo doloroso che tuttavia emerge di continuo nei miei gesti inconsapevoli, tradendomi. Sapendo il perché, potrò essere un’abbandonata che non si vergogna di esserlo e forse anche un’abbandonata “abbastanza felice”. Ma così il passato non passa mai, anzi diventa l'unica vera realtà. Il presente è solo il suo riflesso e la cura, nei casi fortunati, consiste nel riconoscerlo e nell’accettarlo in modo da lenire i suoi effetti più disturbanti.
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C’è però un modo di pensare del tutto diverso. James Hillman, il grande psicanalista americano, lo esprime così: “Una storia dice che abbiamo scelto nostra moglie perché era molto simile, o in qualche caso molto diversa, a nostra madre: è una vecchia convinzione di tanta psicologia. Proviamo a pensare invece che la nostra anima si stia allenando con nostra madre, in vista della vita che avremmo poi vissuto con nostra moglie. Oppure supponiamo che una persona consideri la malattia, che nell’infanzia l’ha tenuta per anni a letto e isolata, come un precoce allenamento al lavoro che fa adesso, per esempio scrivere in solitudine o inventare congegni elettronici, o fare il terapeuta. Era necessario che rimanesse isolata in quegli anni, per poter sviluppare il suo nucleo germinale. Questo modo di vedere toglie a quei primi anni il peso di essere stati un errore e a noi quello di essere le vittime di handicap, traumi o crudeltà”.
Non è l’infanzia a essere determinante e definitiva, anzi era solo una preparazione necessaria. Se pensi che il passato spieghi il presente le antiche cicatrici diventano ferite ineliminabili: non riesci mai a vedervi le potature necessarie per dare la sua forma all’albero, una forma contenuta già nel suo seme stesso come nel tuo nucleo, nel tuo carattere. E condanni l’età matura a essere intrappolata in una malinconia senza uscita. Il tuo nucleo germinale in qualche modo sa qual è il tuo compito, quale persona puoi diventare e fa di tutto per condurti là. Questo cambia tutto: realizzarsi non è più un destino riservato a chi è perfetto, a chi non ha subito traumi che abbiano determinato difetti irrecuperabili. Perfetto è il tuo destino, nel modo in cui la vita lo sta realizzando per te.