Ricominciare dopo una violenza
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Ricominciare dopo una violenza

Nella vita può capitare di subire esperienze terribili come la violenza sessuale; ma esistono immensi poteri di autoguarigione, che possiamo utilizzare

La violenza sulle donne è purtroppo un argomento di scottante attualità; non passa giorno che giornali, tv e internet non riportino notizie di aggressioni subite dal gentil sesso, violenze che sfociano spesso in atti di brutalità estrema con una frequenza davvero preoccupante. L'impatto è devastante anche quando la persona ne viene in apparenza fuori e così in psicoterapia capita sovente di sentir parlare le donne di traumi subiti in passato con una rabbia ancora bruciante. A volte possono essere passati anni, ma è come se la mente e il corpo fossero rimasti là, incastrati nello scenario su cui l’orologio si fosse fermato al momento della violenza subita. Quando si domanda a queste donne cos’è successo dopo nelle loro vite, comunemente spendono poche parole per l'esistenza che conducono oggi, vite in apparenza normali, dove non succede niente che valga la pena raccontare.

Rabbia e dolore non devono diventare eterni

Non dovrebbe essere così. In genere dietro la rabbia (più che comprensibile) c’è il dolore, un grande, immenso dolore che rischia di diventare infinito se non lo si affronta quando arriva. E cristallizzare la rabbia certo non aiuta, perché rinvia questo momento oltre i limiti consentiti. Non si nega certo che in questi frangenti il sentimento della rabbia non rivesta una funzione importante, funzione che del resto assolve ogni volta che si subisce un trauma acuto. Purtroppo ancora oggi troppe donne reagiscono a una violenza sessuale col silenzio e la vergogna, addossandosi almeno in parte (e magari inconsciamente) una colpa che è invece del tutto di altri. Per chi ha già raggiunto questo stadio sono altri i passi da fare, passi che ci invitano a usare la collera per proteggere meglio il nostro territorio, segnare più chiaramente i confini in modo da non esporci di nuovo ad altre violenze, darci un risarcimento riscattandoci in una professione gratificante o in una relazione finalmente felice, tutti modi di trasformare la rabbia in forza compatibile con la vita, così da tornare disponibili, attive, ancora capaci di speranza. 

Raccontare la violenza subita fa sempre bene?

Oggi le donne che hanno subìto una violenza considerano sempre più la rabbia come un traguardo, come lo strumento con cui riescono a uscire dal silenzio per mostrare senza veli la propria ferita. Le si vede raccontare in televisione o in un libro la loro brutta avventura e parlarne e riparlarne, testimoniando a tinte forti quello che tante altre donne non hanno il coraggio di denunciare. Appare lecito chiedersi quali siano tempi e modi giusti per fare sì che quest’operazione sia una catarsi e quindi una vera liberazione e non, al contrario, qualcosa che fissa e "incolla" la mente al danno subito.  Continuare a identificarti nella donna violentata rischia di far rivivere la stessa aggressione ogni giorno, mentre solo riuscire a svincolare il dolore dalla sua causa (ad esempio, ma non necessariamente, attraverso una psicoterapia) ce lo fa superare. Il dolore, come la gioa, è un sentimento mutevole, non è sempre uguale: più lo si  percepisce con questa modalità, più lo può veder tramontare, giorno dopo giorno. Questo hanno bisogno di imparare le donne ferite nel profondo dalla violenza, perché oltre il dolore c’è una vita da vivere che le aspetta; non una vita “in apparenza normale”, ma una vita vera. Non facciamola aspettare invano.             

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