Vivere bene la terza età significa coglierne i frutti autentici, non restare artificialmente giovani: per chi la vive così ogni gesto d’amore diventa naturale
“Così come il carattere guida l'invecchiamento, l'invecchiamento guida il carattere". La frase che avete appena letto è di James Hillmann, lo psicoanalista americano che scrisse qualche anno fa un libro molto suggestivo sulla terza età. Quell’opera si chiama “La Forza del Carattere” (Adelphi, 2000) e, come evidenzia il titolo, parla appunto del carattere, della personalità di ognuno e del fatto che solo durante l’anzianità è possibile raggiungerne la piena espressione: è in quegli anni che diventiamo quello che siamo davvero. Proprio così: la vecchiaia è la condizione naturale e necessaria affinché avvenga quell’intensificazione delle proprie caratteristiche, uniche e irripetibili che costituiscono il senso autentico dell’esistenza. Invecchiare, secondo Hilmann, è una forma d’arte. Ogni uomo e ogni donna dovrebbero vivere in questo modo l’autunno della vita, creando le condizioni per il sorgere dell’avo dentro di loro, la figura sapiente alla quale ogni cultura affida da sempre un compito fondamentale: la trasmissione della Tradizione, di tutto quell’insieme di saperi, narrazioni, miti e leggende, che costituiscono le fondamenta della civiltà.
Si obietterà: certo, belle parole, ma in pratica la vecchiaia è declino, malattia, fragilità, perdita. Se le cose stanno così, per quale motivo siamo tanto devoti alla longevità e chiediamo alla medicina di farci vivere il più a lungo possibile, faticando sempre più ad accettare l’ineluttabile finale? Se il nostro autunno è davvero popolato solo di nubi e foglie secche al vento, perché insistere a voler vivere fino a 80, 90, 100 anni? Perché l’autunno è anche, o forse soprattutto, la meraviglia dei colori naturali, mai così intensi, è la dolcezza dei frutti di stagione, squisiti e profumati, è l’alternanza di caldo e freddo, nuvole e sole, luce e buio: occorre sapere che dentro di noi avviene un identico processo. Del resto, tutti sanno che i colori del tramonto sono i più belli, ma occorre un occhio che li sappia cogliere anche quando non contempla un panorama, opera difficile in un'epoca che esalta acriticamente la velocità e la bellezza della gioventù e scorda quanta lotta, quanta incoscienza, quanta mancanza di consapevolezza caratterizzino la giovinezza di chiunque.
Il giovanilismo esasperato ci fa diventare grotteschi, come attempati attori col parrucchino o top model agee che la chirurgia estetica trasforma in patetiche controfigure del tempo che fu. Soprattutto, questo modo di vivere non produce che sofferenza, inutile. La strada è un'altra e consiste nel vivere ogni momento della vita così com’è, accogliendolo come accettiamo l’arrivo della primavera, dell’estate, dell’autunno… In questo modo, riusciremo a gustare i funghi, fichi d’india, l’uva, i cachi dell’esistenza, quei “sapori” che solo la terza età può donare. Per questa via potremo essere ancora produttivi (ma non come da giovani!), solo così resteremo curiosi e lucidi, solo così ci verrà spontaneo dedicarci ad esempio al volontariato, alla cura degli altri, al gesto di cuore che ogni nonno del pianeta sa regalare ai suoi cuccioli….