Adolescenti e alcol, un problema di cui parlare
L'alcol sta diventando sempre di più il grande protagonista del sabato sera dei ragazzini. In pochi anni è più che raddoppiato il consumo di alcol nella fascia più giovane, quella dai 14 ai 17 anni. Le cifre sono preoccupanti. Il 13% dei quindicenni dichiara di essersi sbronzato almeno 20 volte nella sua vita. Le ragazze sono in forte rimonta in questa preoccupante classifica, e le quindicenni femmine bevono più dei coetanei maschi. Abbiamo parlato col dottor Paolo Marzorati, medico e psicoterapeuta, esperto in medicina delle dipendenze. Ecco come ha risposto alle domande sul rapporto tra alcol e adolescenti.
- Perché è esplosa l'emergenza-alcol degli adolescenti? Cosa è cambiato rispetto alle generazioni precedenti?
Ci sono tre elementi preoccupanti nel bere degli adolescenti. In primo luogo il fatto che lo considerino un comportamento normale, non trasgressivo. Fino a pochi anni fa le persone che bevevano abitualmente erano viste come emarginati di cui avere pena, oggi, per i giovani, il bere si è accreditato come fenomeno di moda, ricercato, immagine di socialità e successo. Un altro aspetto è il fatto che si beva smodatamente: non c'è il gusto per il singolo bicchiere, ma la ricerca dello sballo. E il terzo elemento, il più inquietante, è che l'alcol è ormai la sostanza di ingresso nel mondo delle droghe. Il consumo di alcol si accompagna spesso a quello di ecstasy, cannabis, cocaina e questo avviene più facilmente nei luoghi di aggregazione, come le discoteche.
- Che cosa cercano gli adolescenti, perché vogliono" sballare"?
Viviamo in una società che non sa cogliere e valorizzare l'energia e la creatività dei giovani. È l'epoca delle passioni tristi e spente, della mancanza di prospettive."Lo sballo" compensa, annullando i pensieri, offrendo sensazioni di socializzazione non raggiungibile in altri modi, aiutando a "perdere il controllo", cosa che rimette in contatto col mondo delle emozioni.
- I genitori hanno la possibilità di accorgersene?
I genitori sono spesso gli ultimi a rendersi conto del fenomeno. I ragazzini che bevono il sabato sera, e il giorno dopo ne portano i segni evidenti, si fermano a dormire a casa di amici, o lo fanno quando i genitori sono via per il week end. Prendono tutte le precauzioni perché padre e madre non si accorgano di niente.
- Eppure ci saranno dei segnali cui fare attenzione...
Uno dei più significativi, e sottovalutato, è proprio il fatto di non dormire a casa il sabato sera. Se la cosa si ripete costantemente, è indispensabile controllare. Anche il fatto di dormire troppo a lungo la domenica non va preso sottogamba: i genitori ormai non ci fanno più caso, perché la notte del sabato finisce spesso alle 6 del mattino. La domenica è bene fare un silenzioso check-up, controllare se mangia, se ha vomito o diarrea, se i gesti sono sicuri o poco coordinati, se l'umore è irritabile, scontroso, se c'è chiusura e poca voglia di concentrarsi.
- C'è un modo per "prevenire" il rischio-alcol?
Sì, è la condivisione dei sentimenti. I genitori oggi danno molto in termini materiali, offrono oggetti, svaghi, stimoli culturali. Ma non sempre riescono ad avere vicinanza coi figli. E i figli oggi ne hanno più bisogno che mai. Questa generazione è consapevole del fatto che per loro è quasi impossibile costruirsi un futuro senza l'aiuto dei genitori, cosa che fino a pochi anni fa era meno scontata. L'istinto all'indipendenza dei ragazzi deve fare i conti con l'inevitabile dipendenza. Per questo hanno bisogno di sentire vicini i genitori.
- Cosa significa stare vicino a un figlio?
È la comunicazione di cui si parla tanto, ma spesso se ne fraintendono i termini. Comunicare con un figlio è dare spazio di ascolto. Non è subissarlo di parole, ma saperlo ascoltare. Quando parla e quando tace, perché non solo le parole portano messaggi, ma i comportamenti, i silenzi, gli umori.