Scappa dalle prigioni emotive
Tu | fiducia in se stessi

Scappa dalle prigioni emotive

Si formano nelle relazioni sbagliate che non tagli, nelle decisioni che non prendi anche se dovresti, dietro le porte che tardi ad aprire o a chiudere: così ti liberi

Hai presente quell’amica che ti chiama solo quando deve chiederti un favore ma quando tu hai bisogno di lei ti dice: "Ma certo, come no?", e poi non si fa sentire? E quel tizio che ti invita a cena una volta al mese salvo poi sparire “il mattino dopo”? E il collega che ti manipola senza che tu riesca mai a rifiutarti di eseguire i suoi ordini, seppure non sia il tuo capo? E quel parente che ti fa la morale ogni volta che vi incontrate? Tutti noi siamo quotidianamente vittime di rapporti “malati”. Ma siamo davvero vittime o piuttosto complici più o meno inconsapevoli?

Attenti ai rapporti servo-padrone

Quello che è certo è che queste relazioni ci avvelenano l’anima e il corpo: a lungo andare sono causa di disagi psicologici e a volte persino di malattie organiche. Per fortuna esiste una medicina per curare i rapporti malati. Si tratta di una parola magica, una parola minuscola ma dotata di un enorme potere: no. Imparare a dire di no è fondamentale, perché con queste due semplici lettere affermiamo la nostra indipendenza, e a guadagnarci non siamo solo noi, ma anche l’altra persona, perché nessuno può trarre un vero beneficio da un rapporto giudice imputato o padrone-servo. Soltanto le relazioni autentiche ci aiutano a trarre il meglio da noi stessi. Lo ha imparato sulla propria pelle Virginia, che per anni è stata vittima di uno stalker affettivo. Manuel piomba nella sua vita con la foga del principe azzurro: fascinoso e carico di spregiudicatezza. La rapisce, letteralmente. Ma pochi giorni dopo si volatilizza, senza una parola. Salvo poi ricomparire di tanto in tanto, facendo il brillante, portandola ad esempio a visitare lussuosi appartamenti promettendole che presto quello sarà il loro nido d’amore, ma questo “presto” non arriva mai. Spesso le manda messaggi malevoli: "Attenta, ti controllo, ti ho visto in quel locale". L’unica costante sono le sparizioni: settimane senza farsi vedere né rispondere al telefono. Poi si ripresenta sulla sua nuova auto sportiva e ricomincia a spargere il suo charme, sempre macchiato, però, da una buona dose di meschinità. Virginia dipende da lui: vorrebbe lasciarlo, smetterla di farsi umiliare, ma ogni volta che lui torna non riesce a non aprirgli la porta. Eppure sa che gli succhia via la vita, proprio come un vampiro.

Test: sai difenderti da chi ti vuol manipolare?

Quando ti perdi, arrivano i disturbi

Con questo principe più nero che azzurro sono anche arrivate una serie di fobie nella vita di Virginia. È terrorizzata all’idea di rimanere sola in casa: non riesce a sopportare l’angoscia e il profondo senso di vuoto che prova. Fuori casa non va meglio, se è vero che non riesce a guidare per lunghi tratti e figurarsi imboccare una galleria. Si è imbottigliata in una situazione dalla quale non riesce a uscire. Anche il suo corpo sembra aver raggiunto il livello massimo di saturazione: spesso si ricopre di macchie rosse che le prudono e le bruciano. Una notte, poi, sogna di trovarsi in una macchina colma di viscidi scarafaggi che zampettano per tutto il suo corpo: prova con disperazione a uscire, ma la portiera non si apre. Si sveglia in preda al terrore e capisce di non poter continuare così e perciò si rivolge a uno psicoterapeuta, che le spiega che per lei è arrivato il momento di contattare le sue “parti in ombra” e affrontare le sue paure. Quali lati di sé sta mettendo il gioco con il principe nero? Durante le sedute si rende conto che anche lei usa Manuel: lo usa come un argine contro le sue paure. Peccato che abbia finito per procurargliene ancora di più. Facendo amicizia con i suoi lati “oscuri”, Virginia acquisisce maggiore consapevolezza e il giorno che Manuel suona nuovamente alla sua porta può dirgli finalmente addio...

La zavorra dei rapporti obbligati

Ci sono altre persone a cui non si può dire addio, ma un “no” è più che sufficiente. Lo ha capito Silvia che per anni è stata costretta da sua madre a pranzare insieme ogni giorno. Silvia avrebbe preferito trascorrere la pausa pranzo con i colleghi, il fidanzato o gli amici, ma la mamma la costringeva a quell’appuntamento fisso con il ricatto che lei soffriva di depressione e aveva bisogno del conforto della figlia. Passavano gli anni, ma se da un lato la depressione della mamma non diminuiva, dall’altro aumentava il fastidio di Silvia. Pranzi tesi e per nulla piacevoli, fino al giorno in cui Silvia ha detto stop. Hanno litigato, urlato, non si sono viste per un po’, ma poi si sono riappacificate. Adesso pranzano insieme di tanto in tanto, ma con grande piacere. Silvia ha finalmente la sua libertà, mentre sua mamma ha conosciuto altre persone e sta molto meglio. Il segreto è non trascinarci giù a vicenda, con la zavorra dei rapporti obbligati, ma affidarsi alla libertà di seguire la propria strada, che come un aquilone ci porta verso l’alto.

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