I farmaci riducono il sintomo ma non risolvono la causa del dolore, che è spesso emotiva e relazionale; ecco come affrontare in modo nuovo questi disturbi
Antinfiammatori, antidolorifici, decontratturanti. Sono tre fra le categorie di farmaci più vendute al mondo, ormai da decenni, a testimoniare come i disturbi dell’apparato locomotore (ossa, muscoli e articolazioni) siano veramente molto diffusi. Ma siamo sicuri che questi problemi siano da affrontare innanzitutto con pastiglie, iniezioni e cerotti? Nessuno mette in dubbio che vi siano patologie che richiedono in assoluto l’impiego di tali farmaci, capaci per fortuna di alleviare, coadiuvare e risolvere diversi problemi; ma cosa dire di tutta quella sintomatologia transitoria, intermittente, vaga, aspecifica, ricorrente e sfumata, che costituisce il motivo di almeno il 50% delle vendite di queste medicine?
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La psicosomatica risponde: manca “l’ascolto” di questi sintomi, la comprensione di ciò che intendono comunicare, mancano i comportamenti adeguati che scioglierebbero (o ridurrebbero) le cause che li fanno insorgere e che li mantengono. Sì, perché l’apparato locomotore è uno di quelli che “parlano meglio”, in modo piuttosto diretto e più facile da interpretare. Dice chiaramente che ci muoviamo nella vita in modo non lineare, non fluido, non sereno; che siamo spesso conflittuali, irrisolti, indecisi; talora imbrigliati nelle decisioni da regole morali mal vissute, talora da rapporti che ci condizionano, altre volte da traumi non elaborati. Dice che abbiamo desideri profondi che non seguiamo, e che inseguiamo invece mete e bisogni indotti dall’esterno. Non si tratta di semplici e ipotetiche interpretazioni: l’evidenza clinica associata alla struttura di personalità, allo stile di vita, al modo di pensare, alla sessualità, portano a individuare nei vari sintomi dei messaggi ben precisi, che sono una manifestazione di sofferenza, di frustrazione e, nello stesso tempo, una richiesta di aiuto, una proposta di cambiamento.
Con questi rimedi salvi ossa e muscoli
La vita di oggi, ipercinetica e caratterizzata da una sorta di “impossibilità a fermarsi”, non può che agire innanzitutto sulle parti dell’organismo che si occupano di sostenerci e di farci muovere. Il mondo del lavoro ci tratta perlopiù come macchine, come automi, ed ecco che i nostri meccanismi di movimento mostrano fatica e cedimento. Al contempo, la stessa impossibilità a fermarsi (altrimenti “sei out”, sei licenziato, sei giudicato meno “performante” e quindi meno necessario) richiede di tornare a funzionare al più presto: “Hai un dolore al ginocchio? Risolvilo subito! Hai un’infiammazione all’anca? Ignorala! Hai una contrattura al collo? Fattela passare!”. Il sistema sociale che induce molti sintomi è anche quello che ci impedisce di curarli per ciò che essi sono: un allarme, un rifiuto, un’indicazione.
Test: sei a rischio mal di schiena?
Diceva un poeta: “L’uomo, scheggia di mondo dotata di moto diverso”. Ebbene, usiamola questa capacità di avere un moto differente. Se è il movimento del collettivo a farci ammalare, usciamo da esso e cerchiamone uno che sia più corrispondente alla nostra natura. Certo, per vivere bisogna stare alle regole del gioco, non siamo eremiti, ma possiamo stare nel flusso collettivo e, contemporaneamente, seguire anche la nostra natura. Molte delle cose che facciamo, volendolo veramente, potremmo farle con meno stress; molti dei dubbi potremmo scioglierli, diversi pesi potremmo toglierli, condividerli o delegarli un po’. Qualsiasi siano i nostri problemi all’apparato locomotore, avremo sempre un beneficio da una riduzione dei conflitti, da un alleggerimento delle responsabilità, da un aumento della libertà espressiva e d’azione. Quel che serve ai muscoli e alle ossa, serve anche all’anima.
- Non aspettare a curarti: i sintomi dell’apparato locomotore, se non curati, tendono a cronicizzarsi. Prendi subito in mano la situazione, nel modo che senti più consono a te e dopo consulto medico.
- Non rassegnarti: ci sono sintomi osteoarticolari molto ostinati e le cure sembrano funzionare poco, ma non commettere l’errore di arrenderti: è proprio il momento di leggere il senso psicosomatico del tuo disturbo e trarne il prezioso suggerimento. A parte sindromi particolari di dolore cronico ostico, di tutte le altre patologie si possono ridurre i sintomi: il corpo ha in sé questa possibilità.
- Cambia il tuo “terreno”: se i sintomi si ripresentano dopo ogni cura (qualsiasi essa sia), in assenza di grosse lesioni (come gravi discopatie), è necessario valutare se il contesto in cui vivi e lo stile di vita sono adatti a te. Potendo cambiare, non bisognerebbe aspettare un minuto. Non potendo, bisogna fin da subito applicare modifiche sostanziali. Di solito chi soffre di questi problemi è lento nel prendere in mano la situazione. Prova a costituire l’eccezione.