Il senso di vuoto mi tormenta: come ne esco?
L'aiuto pratico

Il senso di vuoto mi tormenta: come ne esco?

Questa sensazione arriva per liberarti dai ruoli passati e dalle maschere che non devi più indossare: se la attraversi, ti fa rinascere

In alcuni momenti della vita, tutto sembra perdere di significato e ci troviamo in balia di sensazioni spiacevoli. Il senso di vuoto spaventa, ma per la psicologia del profondo, accoglierlo e non fuggirlo è quel che serve davvero per rinnovarsi e ripartire. A questo proposito, ecco la risposta a una lettrice di Riza Psicosomatica che scrive alla redazione.

Indice dell'articolo

La sensazione di sentirsi in trappola

"Mi chiamo Marida, ho 50 anni e sto attraversando un periodo di vuoto interiore. Non ho progetti o desideri, non so più cosa voglio né chi sono veramente! Ho due figlie di 23 e 20 anni che mi danno tantissime soddisfazioni e sono orgogliosa di loro, ma soprattutto adesso che stanno crescendo e si stanno giustamente allontanando da me, provo un profondo senso di vuoto, ho l'impressione di non servire più a nulla! Mi sento vuota come donna, non mi piaccio più e non riesco a trovare una mia identità, e questo purtroppo crea disagio con mio marito. Ho paura di rimanere intrappolata in questa non vita."

Il vuoto fa pulizia nella psiche

Quando arriva il senso di vuoto, la mente cosciente va in allarme e la prima cosa che vorrebbe fare è mandarlo via. Non ci riesce mai ed è una fortuna, poiché quella sensazione, per quanto sgradevole, è esattamente ciò che ti serve ora, Marida, per andare oltre ciò che è stato ed evolvere. Il vuoto è il grande lavacro dell'anima, la sua funzione è fare pulizia dagli attaccamenti nei confronti delle esperienze del passato - quelle belle come quelle brutte - e ritrovare così l'energia necessaria a riprendere il cammino con un vigore nuovo. Se questo è vero, la prima cosa da fare è abbandonare i lamenti su quel che si prova: arriva il vuoto, ne prendi atto. Ora c'è, ieri non c'era, domani non so. Per l'anima, il solo tempo che conta è Adesso. Anzi, ogni tanto serve proprio un buon contatto con il vuoto, il nulla interiore. Ci ricorda cheil passato non esiste più, il futuro non è ancora, esiste solo ciò che c'è in questo momento. Nostalgie e speranze, ieri e domani hanno senso solo per la mente che pensa: dunque il vuoto "vuole" che tu esca da quella gabbia di proiezioni verso il futuro e malinconie rivolte ai tempi addietro che sono le vere cause della sofferenza psicologica.

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Vuoto, il letargo dell'anima

Il mondo naturale offre delle letture simboliche interessanti che potresti fare tue per temere di meno questo stato d'animo, che naturalmente tramonterà come ogni emozione. Ad esempio, la tristezza che sembra caratterizzare questo momento della tua vita assomiglia al letargo, quella fase di lungo sonno che alcuni animali vivono nel corso dell'inverno. Trovano un riparo, una grotta, si acquietano, si addormentano e stanno lì anche per mesi, con il battito cardiaco ridotto al minimo possibile per sopravvivere. In questo modo risparmiano le forze in un periodo caratterizzato dal freddo e dalla penuria di cibo, per svegliarsi poi a primavera, pronti ad affrontare quel che li attende. Psicologicamente, nel profondo di te, sta avvenendo qualcosa di simile. Una lunga fase della tua vita, nella quale ti sei identificata fortemente nel ruolo di madre accudente, si sta chiudendo. Si chiama sindrome del nido vuoto: i cuccioli crescono e vanno, ti senti più sola. Sai anche tu che è sana la loro crescente autonomia e lo scrivi, ma proprio per questo ti sembra di non servire più a nulla.

Vivere il vuoto ti fa rinascere

L'Io cosciente si identifica costantemente con i ruoli che ci diamo e se questa identificazione prende tutto il campo della nostra esistenza, quando quel ruolo finisce o cambia, ci sentiamo smarriti e privi di direzione. Attenzione: il vuoto che senti non arriva perché tu non servi più, ma per spazzare via proprio l'idea di un ruolo fisso al quale ti sei avvinghiata e che invece deve essere superato. Il tuo problema non è dunque il vuoto in sé, ma la paura che hai di attraversarlo, di viverlo. Quanto ai progetti e ai desideri, tu non sei ora nella fase di seguirne di nuovi, ma in quella di un dolce allontanamento da quelli compiuti. Devi contemplare, lasciarti trasportare nel buio della notte che azzera le luci del giorno, nell'attesa dell'alba di domani. Così, solo così si formeranno spontaneamente quei desideri che ora non riesci a sentire. Tu resisti, in fondo vorresti che nulla cambiasse ed è questa la ragione autentica del tormento. Dopo l'estate, arriva l'autunno, le foglie cadono, nessuno si sognerebbe di bloccare questo processo, eppure a ogni settembre siamo tutti colti da una certa nostalgia per la bella stagione che termina. E che dire dell'inverno? La natura sembra fermarsi, gli alberi paiono morti mentre in loro la vita è solo nascosta, e aspetta il momento giusto che verrà per ritornare a fiorire.

Il vuoto è il grembo del cambiamento

Il pensiero dell'antica Cina, il taoismo, vede il buio/nulla, il vuoto come un "luogo" sacro. Tutto nasce nel nulla, grazie al nulla, è lui il grembo di ogni rinascita. A 50 anni, specialmente per una donna, la vita entra in una fase nella quale gli obiettivi dell'Io (lavoro, famiglia, figli, anche se non è una regola assoluta) sfumano di importanza rispetto al processo di individuazione del Sè, la psiche totale, il nostro vero centro. L'inizio di questo cammino coincide spesso con una crisi che serve a ridefinire la vita, i rapporti, le priorità. Il vuoto prepara nuove vie, nel caos interiore che stai attraversando è già racchiusa l'esistenza che verrà. Per questo, la cosa peggiore che potresti fare è cercare di riempire il vuoto che senti con azioni che vengono dal passato. Dici "non so chi sono" come se questo non sapere fosse davvero un problema. Non lo è, anzi è la cosa migliore che ti possa capitare. Se non sai chi sei, se sei "nessuno" allora ti si aprono davanti mille orizzonti. Entrando nel buio, nel silenzio, in quel vuoto stai recandoti simbolicamente verso il tuo centro, la tua anima, la "sede" del tuo daimon, quel che sei nel profondo. Non affannarti a fare cose, non distrarti, sii presente alla sensazione che provi, lasciati attraversare. Percepisci bene tutto quel che provi, accogli il caos senza opporti e presto, al momento giusto, ti sorprenderai a desiderare qualcosa che non pensavi, a riscoprire una passione, a immaginare percorsi inediti, strade non ancora battute. Se lascerai tramontare la Marida di ieri, la tua anima ti regalerà sorprese, curiosità, occhi davvero nuovi con i quali osservare quante meraviglie ancora ti attendono.

andrea nervetti
Psicologo e psicoterapeuta, collabora dal 2001 con l’Istituto Riza di Medicina psicosomatica di Milano dove esercita la libera professione. Vice Direttore e Docente presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia a indirizzo psicosomatico dell’Istituto Riza. Membro del Consiglio direttivo della SIMP (Società italiana di medicina psicosomatica), scrive per le riviste Riza Psicosomatica, Antiage ed è responsabile del sito www.riza.it. Svolge anche attività libero professionale presso l'Istituto stesso e a distanza via internet. La scheda completa dell'autore
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