Come si supera una grande sofferenza? Senza ragionamenti, rimpianti o lamenti. Occorre cedere e sentire il dolore fino in fondo: solo così può svolgere la sua funzione e la vita può rifiorire
Molti mi domandano: ma quello che lei dice serve anche quando il dolore è così tremendo che può distruggerti Quando ad esempio scompare una persona cara? Quando ti sembra che la vita non abbia più alcun senso, perché hai perduto l’uomo o la donna della tua vita? Tra le idiozie che mi è capitato di sentire in questi anni c’è quella dell’elaborazione del lutto, vale a dire: ci ragiono su più e più volte, finché sono riuscito a farmene una ragione. Io parlo ragionando con la Sapienza della Saggezza Antica. Quando provi un dolore che ti travolge tu ascoltalo, perditi, lasciati annientare, ma senza lamenti, senza rimpianti, senza dirti nulla. Isolati, stai da solo, non cercare sollievo negli altri. Tocca a te, solo a te! Percepisci il dolore, solo il dolore e non pensare a chi non c’è più.
Facendo così, più volte nella giornata, il dolore viene sostituito da uno stato di Vuoto interiore, dal sentimento del Nulla: l’accoglienza della tristezza, della depressione è la chiave di tutto. Così ne parla Marie-Louise von Franz:
«Una depressione può essere feconda solo se si accolgono nel modo giusto i pensieri neri, se diciamo, parlando al nostro inconscio: “Riconosco di essere niente di niente, ma in che senso?”. Il modo di superare una depressione non è quello di combatterla o evitarla, ma di penetrarla»
(Il femminile nella fiaba, Bollati Boringhieri, Torino, 2009, p. 133).
Sentire il dolore, solo il dolore, senza dirsi nulla, senza se e senza ma, e senza dirsi: “Perché è capitato proprio a me?”. Questo è il compito degli esseri viventi che vogliono diventare Uomini e Donne, che si fanno carico del loro essere Umani. Umani vuol dire che respirano, che vivono, che muoiono, che desiderano, che amano, che si lasciano, che si sposano, che soffrono. Da ogni dolore si deve uscire! È un ordine perentorio che la Natura ci impone. La mia paziente, Elisa, non voleva più vivere, perché il suo compagno era scomparso in un incidente. Paradossalmente stava meglio quando sentiva il dolore nel petto, quando si perdeva nella sofferenza e non ascoltava nessuno che le dava consigli consolatori. Si è chiusa in una piccola baita dove andava sempre con lui: guardava il dolore «fino a farmi annientare, ma poi arrivava il sollievo». Quando sono comparsi in giardino i primi fiori, verso metà febbraio, le è tornata la voglia di vivere. Ora sta bene.
Acquista ora la collana di Raffaele Morelli Impariamo a vivere sul nostro store online.
Ecco la storia di Adele:
«Buonasera dottor Morelli. Sono in treno e sto leggendo di nuovo il suo libro “L’unica cosa che conta”. Ho perso mio marito 3 anni fa improvvisamente all’età di 54 anni. Grazie ai suoi video che ho ascoltato giorno e notte sono guarita dal dolore immenso che mi ha travolto. Come da lei spesso ripetuto ho cercato di perdermi ascoltando il dolore. All’inizio mi sono isolata e stando da sola, quasi nascosta, ho cercato di superarlo. Mi perdevo nei lavori manuali e poi ho cercato di ricordare cosa mi piaceva da ragazza... Mi piaceva cantare e oggi da ormai due anni canto in un coro. Il canto ha iniziato a riportarmi alla vita, a farmi rifiorire dopo un rapporto bellissimo con mio marito durato 35 anni esatti (eravamo due diciottenni quando ci siamo fidanzati) e bruscamente interrotto. Oggi, a distanza di 37 mesi da quel giorno terribile, posso dire veramente di avercela fatta e grazie a me stessa, ai miei meravigliosi ragazzi e a lei! Sa perché sono in treno? Perché sono diventata una pendolare. Ho trovato un compagno meraviglioso, una persona seria che abita a un’ora di treno dalla mia città. Lo conoscevo per motivi di lavoro e piano piano mi sono innamorata. Sì, di nuovo, cosa che mai più pensavo potesse accadere. Naturalmente ora devo fare i conti con i miei sensi di colpa, ma visto che la mia famiglia e i miei figli ormai adulti sono felicissimi per me, cercherò di non farmi condizionare da quello che potrebbero dire gli altri. E di nuovo con il suo aiuto ci riuscirò! Grazie di cuore!».
Adele riassume molto bene le cose di cui parlo quando si soffre e soprattutto che cosa bisogna fare quando il disagio è insopportabile.
Perdersi nel dolore | Sentirlo, non mandarlo via, accoglierlo fino a sentirsi svuotati. |
Fare lavori manuali | Perdersi nelle azioni concrete: fare l’orto, cucinare, ricamare… Totalmente immersi nell’azione, senza nessun secondo pensiero e senza volgere lo sguardo altrove. |
Ricordarsi di cosa ci piaceva da piccoli | Seguire per qualche minuto nella giornata la nostra inclinazione, come il canto per Adele. |
Percepire il desiderio | Come i fiori, presto o tardi torna. Niente ragionamenti, nessun commento. Il desiderio di un altro uomo, come per Adele, non è in opposizione a quello che provava per suo marito. |
I nostri morti hanno bisogno di essere ricordati nella gioia, nel piacere, nella voluttà. Non nel dolore. Così ha detto la Saggezza Antica, così ragionavano i grandi Cabalisti, così si diventa sempre più uomini e donne. Lasciate agli ipocriti i luoghi comuni sulla sofferenza da recitare per gli altri. Chi riesce a trovare pace, a rifiorire dopo una tragedia, sta facendo un regalo all’Umanità intera, perché il nostro vero compito è rinascere. Percepire il disagio fino a sentirsi vuoti è entrare nel regno del “Nulla senza fine”, che era per i Cabalisti il tredicesimo attributo di Dio. Dicevano che questo stato interiore è la forma più pura dello spirito. Quando Adele scrive, come oggetto della sua email, “Sono rifiorita”, penso che il suo esempio sia di sollievo per il mondo intero e per le tragedie che lo accompagnano. Quando una donna rifiorisce, fa rinascere l’intero universo femminile insieme a lei.
Quando un dolore ti travolge tu ascoltalo, perditi, lasciati annientare. Facendo così il dolore viene sostituito da uno stato di Vuoto interiore. L’accoglienza della tristezza, della depressione è la chiave di tutto.
Vuoi raccontarci la tua esperienza, i tuoi dubbi, i tuoi successi? Manda una mail a raffaele.morelli@riza.it