Quando tutto gira storto e la sfortuna sembra accanirsi siamo incappati in un "periodo nero"; succede a tutti ma c'è il modo per ritrovare il benessere.
Ci sono nella vita nei momenti nei quali tutto va storto: una concomitanza di situazioni avverse, difficoltà e colpi di sfortuna che nell'insieme danno a chi li vive la sensazione di essere dentro a un tunnel da cui non si vede l'uscita. Sono i cosiddetti periodi neri. Quel che è certo è che, per legge di natura, prima o poi terminato. Ma se, mentre li si vive, si sviluppa un atteggiamento mentale sbagliato, possono durare molto più a lungo. Il rischio principale, in questi casi, è che ci si cucia addosso un personaggio: "quello che è nel tunnel", lo sfortunato a cui non ne va bene una. Una recita in parte consapevole che, inesorabilmente, farà andare male anche le cose che potrebbero funzionare. Per non cadere in questa trappola è bene sviluppare uno sguardo diverso su ciò che ci sta accadendo.
Innanzi tutto bisogna resistere alla tentazione del "pensiero magico", cioè non dobbiamo attribuire la concatenazione degli eventi sfavorevoli a malocchi di varia natura ed evitare una lettura emotiva della situazione: sbagliato, ad esempio, è pensare che si tratti di una punizione divina o di un conto da pagare alla sorte. Se infatti interpretiamo così la realtà non potremo mai affrontarla nel modo giusto, perché l'ansiaparalizzerà le nostre risorse.
Al contrario trovare dei momenti di raccoglimento interiore e chiarire a noi stessi se il periodo nero è figlio di una pura coincidenza di situazioni negative, cosa del tutto possibile, ognuna delle quali esiste in se stessa e non è collegata all'altra se non nella nostra mente; oppure se siamo di fronte a una sorta di "venuta al pettine" di alcuni nodi esistenziali, o all'esito di una serie di atteggiamenti e di relazioni sbagliate che è giunto il momento di cambiare. Bisogna far sì, insomma che il periodo nero non sia solo "pura resistenza", ma anche un "banco di lavoro" su cui forgiare la nostra personalità. Non dobbiamo uscirne come dei reduci, ma con la sensazione di essere sempre di più noi stessi.