Quando il senso del dovere fa più male che bene
Tu | fiducia in se stessi

Quando il senso del dovere fa più male che bene

Imporsi un comportamento "corretto" malgrado il nostro istinto faccia di tutto per dissuaderci, genera solo infelicità e insofferenza, dentro e fuori di noi

È quel che è successo e succede a Emma, 42 anni, 2 figli e un marito sposato a seguito di una gravidanza inaspettata. Emma dice di non essere mai stata innamorata di quell'uomo, ma di averlo sposato per puro senso del dovere. Così, per oltre 20 anni, ha accettato di “stare al proprio posto”, da infelice. Oggi, a pesarle più di tutto è la sessualità con il marito, tanto da essere arrivata a provare disgusto al primo contatto; da due anni vivono come separati in casa. “È stata dura accettare che quella fosse la mia vita ma sono andata avanti per senso del dovere, ben sapendo che con lui non sono mai stata me stessa e mi sono mai sentita a mio agio”. In passato, Emma ha avuto anche un’amicizia erotica via chat grazie alla quale si era sentita finalmente libera di esprimersi, anche sessualmente, “come mai era stato prima”. Ma il senso del dovere nei confronti del marito le "impone" presto di chiudere questa relazione clandestina, mentre il rapporto col marito si logora sempre più, sino a coinvolgere i figli in un malessere generale di tutta la famiglia. La situazione non può che peggiorare: il marito depresso la sminuisce davanti ai figli attaccandosi però, con le unghie e con i denti, alla sacralità del matrimonio pur di non essere costretto ad affrontare la loro crisi. I figli reagiscono chiudendosi e diventando arrendevoli; nello scontento generale Emma tiene botta lavorando fino a 10 ore al giorno, ancora una volta, per puro senso del dovere.  La storia di Emma è un ottimo esempio di come la vita ci si rivolti contro quando rinunciamo a seguire l’istinto.

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Il senso del dovere ti tarpa le ali 

Molte donne ritengono inevitabile rinunciare a se stesse, mettendo da parte istanze e desideri quando questi mal si conciliano con la morale comune, col senso del dovere, col sacrificio che purtroppo qualcuno ritiene ancora "connaturale" alla vita della donna. Chi sceglie questa strada non fa che peggiorare la situazione che si proponeva di recuperare/migliorare, com'è successo a Emma. Ma c'è dell'altro: mettersi da parte, adeguandosi fedelmente alle richieste esterne, è un ottimo alibi per non fare i conti con se stessi. “L’ho fatto per te”...ho rinunciato ai miei progetti per amore della famiglia”! Non è vero: quasi sempre, la rinuncia ha a che vedere con la difficoltà di prendere in mano la propria vita, sopportando anche i giudizi e le recriminazioni che chi ha il coraggio di mettersi in gioco suscita sempre intorno a sé. La disapprovazione sociale, in questi casi, diventa una scusa per dissuadere chi la subisce dal rischio di sbagliare; ma vivere in questo modo equivale a tirare a campare e nulla più...

Se ti sacrifichi non insegni a desiderare ma solo a ubbidire 

Un genitore che imbocca questa strada trasferisce ai propri figli, fin da piccolissimi, un modello di esistenza infelice e rassegnato, vincolato a un senso del dovere che diventa una palla al piede. La passività, così come la rabbia, la gioia o l’entusiasmo, sono stati d’animo estremamente contagiosi: senza rendersene conto, i piccoli cresceranno in un ambiente plasmato dagli umori tristi dei genitori, con conseguenze che è facile intuire. Chi ha sempre respirato l’infelicità dei genitori apprenderà per prima cosa a soffrire e rinunciare. Il genitore che s'illude di garantire ai propri figli un futuro migliore preservando a tutti i costi l’unità familiare, commette un errore cruciale. Allo stesso modo, un genitore infelice che accetti a testa bassa la propria infelicità lascia in eredità un’immagine passiva e deprimente. Bambini cresciuti in simili contesti, invece che occuparsi dei propri desideri, rischiano di imparare a soddisfare solo quelli degli altri. Anche per i figli, il solo senso del dovere che una persona dovrebbe coltivare riguarda la propria realizzazione...

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