La tiroide regola il metabolismo e soffre quando la nostra “velocità” diventa eccessiva: ecco cosa suggerisce di fare la prospettiva psicosomatica
La tiroide è una ghiandola che sembra fatta apposta per affrontare lo stressante stile di vita attuale. Ha come compito principale quello di regolare la velocità del metabolismo, cioè di tutte le reazioni biochimiche che presiedono alla vita psicofisica. L’analogia, quindi, tra velocità della vita moderna e velocità del metabolismo, chiama in gioco la tiroide sia dal punto di vista biologico sia da quello simbolico: è lei, in pratica, a fare da mediatrice tra le modalità con cui “viaggiamo” abitualmente, e le necessità basilari dell’organismo, che non può forzarsi oltre un certo limite. Il modo di vivere occidentale chiede troppo alla tiroide e, in particolare, a quella della donna, che è chiamata a correre su più ambiti rispetto al passato e a sovraccaricarsi di ruoli e di funzioni.
Non è un caso che i problemi alla tiroide siano prevalenti nel sesso femminile, anche se i fattori che entrano in gioco nelle patologie tiroidee sono sempre molteplici. Ma perché alcune donne si ammalano alla tiroide e altre no? La risposta, in una visione psicosomatica, risiede nel fatto che lo stress non è tutto uguale e che quello che favorisce il malfunzionamento della tiroide - come si diceva sopra - è dovuto al modo specifico con cui “viaggiamo” nella vita per un certo periodo: cioè con una marcia sola, di solito la più alta. Quando siamo al volante di un auto, usiamo ogni marcia per un certo tipo di velocità, di pendenza, di necessità e di stile di guida: marce basse per basse velocità, per partenze, rallentamenti e salite. Marce alte per alte velocità e prestazioni elevate. A volte andiamo in folle: stacchiamo la marcia, per sfruttare l’inerzia del veicolo rallentando dolcemente...
Chi si ammala alla tiroide, spesso, sta “guidando” da tempo senza alcuna modulazione: è sempre in quarta o in quinta marcia, qualsiasi sia la cosa che sta facendo, qualsiasi sia l’impegno richiesto. Ha un atteggiamento monolitico: si applica a tutto col massimo grado di impegno complessivo, senza cambiare velocità, senza staccare mai, senza prendersi pause, senza rallentare. Ed è talmente abituato a fare così che, se prova a cambiare va fuori fase, addirittura si sente in colpa. Non sono poche le donne che oggi, cariche di mille impegni sul lavoro, nel sociale, in famiglia, vivono così: sempre efficienti, sempre in azione. Tra senso del dovere, ritmi forsennati, responsabilità, pressioni e richieste dall’esterno, senza accorgersene trovano in questa modalità “ipertiroidea” la possibilità di farcela.
Si tratta di donne molto volitive, affidabili e determinate, il cui punto debole, paradossalmente, è proprio la forza. Ne hanno però anche un altro: l’intransigenza con se stesse. Le abita spesso una rigidità del pensiero che impedisce di considerare altre opzioni, altri stili di vita. È come se fossero diventate delle “guerriere del quotidiano": un’azione via l’altra, senza più tornare con la memoria a quanto fatto. È la tiroide, allora, che si fa carico di ricordarglielo, con la produzione di qualche sintomo che obbliga a fermarsi e a prendersi cura di sé.
Il rischio, tuttavia, è che queste persone, con la stessa efficienza di sempre, si sottopongano a interventi medici e/o chirurgici e assumano la terapia ormonale sostitutiva, riprendendo poi a fare la stessa vita di prima. È qui invece che le cose devono cambiare. Con la tiroide non si scherza: basta una piccola fuoriuscita dal range di normalità degli ormoni T3 e T4, per andare incontro a sintomi imponenti, e il fatto che i farmaci sostitutivi e regolatori permettano di tornare a “iper-funzionare”, non significa che si debba farlo. Se non si impara a modulare le energie e il tempo, dopo la tiroide potranno essere le ghiandole surrenaliche ad andarci di mezzo, poi la pressione arteriosa e, in seguito, il cuore e la circolazione. Se i problemi tiroidei vengono presi seriamente e ascoltati nella loro essenza, daranno in cambio due cose preziose: da un lato permetteranno di evitare altre patologie, dall’altro offriranno la possibilità di cambiare vita, addolcendola e aumentandone la qualità.
Se ci si rende conto di avere un "atteggiamento ipertiroideo" bisogna prendere atto che, prima o poi, produrrà dei problemi. Un vero cambiamento, tuttavia, può riuscire solo con piccole modifiche graduali ma costanti, che non stressino il corpo e non chiedano alla psiche di incontrare di colpo la paura del vuoto nascosta dietro l’iperattivismo.
L’efficientismo chiede di essere macchine che si accendono e si spengono (persone che o funzionano o dormono). Tale modalità “tutto o niente”, nel tempo, sfianca la tiroide, perché la chiama a giornalieri salti tra due estremi di attività. Anche qui, gradualmente, va appresa la capacità di modulare il proprio modo di vivere i diversi momenti del giorno.
Può essere utile, per prevenire patologie tiroidee o disturbi in organi “energetici”, dedicarsi di più alla qualità delle relazioni, più che alla quantità. Andare più in profondità e, soprattutto, cercare situazioni in cui affettivamente ci si senta a casa. Perché lì può venire voglia di fermarsi e, finalmente, “stare”. Stare senza fare.
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