Raffaele Morelli: Come superare i traumi più dolorosi
L'aiuto pratico

Raffaele Morelli: Come superare i traumi più dolorosi

Uscire dal pensiero comune e imparare ad affidarsi alla vita permette di trovare un significato anche alle vicende dolorose che creano grande sofferenza

Anche nei momenti più difficili, quando ci sembra che il sole non sorgerà più per noi, la nostra Guida Interiore è pronta a scendere in campo. La svolta avviene, anche dopo un grave disagio, quando ci arrendiamo all’idea che non c’è nessuno a cui chiedere un consiglio e che il pensiero comune, con le sue convenzioni, spesso è il vero ostacolo. Francamente penso che ognuno di noi debba percorrere la sua strada, soprattutto nei momenti difficili. Sentite Jung:

«Il fatto che le convenzioni in un modo o nell’altro continuino a prosperare, dimostra che la stragrande maggioranza degli esseri umani sceglie di seguire non la propria strada, ma le convenzioni; essi di conseguenza non sviluppano sé stessi, bensì un metodo e quindi una dimensione collettiva, a spese della propria interezza»

(C. G. Jung, "Il divenire della personalità")

Mi ha sempre colpito l’affermazione di Adolf Portman, riguardo gli uccelli migratori:

«In molte specie i nati, che intraprendono la migrazione per la prima volta, lasciano i nidi prima dei genitori: esperimenti con uccelli inanellati hanno dimostrato che, nonostante la mancanza di ogni guida, essi seguono senza esitazioni le rotte migratorie tipiche della propria specie»

(A. Portman, “La metamorfosi del tempo”)

Gli alchimisti ci avevano insegnato che i fatti istintivi che riguardano gli animali appartengono intatti anche al cervello dell’uomo. Oggi la neurofisiologia lo conferma. Dentro ciascuno di noi c’è una Guida che sta conducendo la nostra esistenza verso il suo destino, verso la sua meta. C’è qualcosa dentro di noi che agisce senza averlo imparato dall’ambiente, dai genitori, come i piccoli che fanno 8000 km per raggiungere gli uccelli della loro specie, senza conoscerli. Vanno, partono senza i genitori…

raffaele morelli

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La bellezza del percorso

Sapete da cosa capisco se una persona ce la farà? Dal fatto che non fa più troppe domande, si affida, si fida dell’inconscio. E puntualmente trova qualcuno che fa da mentore, magari attraverso un video, un libro, un incontro, un percorso non pensato. Sentite Leonora cosa mi scrive.

«Buongiorno! Mi chiamo Leonora, ho 30 anni e sono nata e cresciuta a Milano. Non so se scrivo all’indirizzo giusto ma ci provo lo stesso: vorrei ringraziare il dottor Raffaele Morelli e tutta l’équipe di Riza psicosomatica per aver fatto la differenza in questi anni per me non semplici. Tutto è iniziato nell’aprile 2011 con il suicidio improvviso di mio fratello Eugenio, in piena maturità al liceo classico, prossimo a compiere 19 anni.

Per me, unica sorella, maggiore di 3 anni, inizia un percorso che parte da zero: ricostruire tutte le mie certezze, trovare risposte alle mie mille domande, mettere da parte i miei progetti e il mio percorso artistico avviato di cantante (non usciva più la voce) per capire chi ero, cosa fosse successo a lui, a me e ai miei genitori. Mi sentivo sola nonostante il grande affetto ricevuto da tanti amici e con un grande macigno sulla testa. Iniziano gli attacchi di panico continui e violenti, vado da una psicoterapeuta che mi fa parlare ore e ore senza dirmi nulla, talvolta giudicandomi, senza darmi mai nessun tipo di consiglio per affrontare i miei incubi e gli attacchi di panico.

Dopo due anni mi imbatto per caso in un video su Internet del dottor Morelli: una spiegazione rincuorante su cos’è l’attacco di panico, qualche dritta su cosa fare: sentirsi passivi, non metterci sforzo, accogliere, parlare con il proprio panico, non fuggirlo. Il tuo corpo è un amico che vuole aiutarti, diceva, ti comunica che gli hai chiesto troppo: troppa perfezione, troppa severità, troppo autogiudizio. In pochi giorni vedo che il panico si fa sempre meno violento fino a sparire magicamente. Inizio ad approfondire le vostre rubriche abbonandomi alla rivista. Per me è stata una compagna quotidiana di un percorso difficile e lungo in cui ho ribaltato ogni certezza e ho visto nascere una nuova me.

Mi sono iscritta all’Università a Scienze dell’Educazione studiando con molta passione. Dopo la laurea ho vinto un concorso e ora lavoro all’asilo nido del Comune di Milano. Vado ogni giorno felice al lavoro. Continuo ad aggiornarmi, approfondire, leggere, scoprire nuovi autori che si occupano di percorsi personali. Cerco di rilassare il mio corpo poco sportivo con la meditazione e la respirazione. Vedo nei bambini all’asilo una possibilità di un futuro più consapevole e attento alle proprie emozioni in un mondo frenetico, stressato e concentrato sui risultati e sul successo più che sulla bellezza del percorso.

Ogni tanto si affaccia la “vecchia me”, con i suoi sogni di successo e riconoscimento sociale, gli stessi di mio fratello, che nascondevano la voglia di farci notare, di avere qualcuno che ci applaudisse, che ci dicesse che valiamo. Quando accade, non li scaccio, ne sono consapevole. Fanno parte di me».

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Via dal sentiero comune

Molti mi domandano: «Le cose che lei consiglia - essere cedevoli, accogliere i disagi come presenze interiori, come immagini - valgono anche per i più gravi disagi? Anche per i lutti?». Mi sembra che Leonora abbia avuto la capacità di non ascoltare nessuno, dopo la morte del fratello, e di andare avanti… Lo stesso è accaduto a Emanuela:

«Carissimo dottor Morelli, è passato esattamente un anno dall’incontro avuto con lei nel suo studio e nel workshop del giovedì. Ebbene volevo dirle che le sue parole e tutto ciò che ho ascoltato durante il workshop sono stati un ulteriore volano per la mia vita. Ho continuato a leggere Riza psicosomatica e il suo ultimo libro “Il meglio deve ancora arrivare”, come in un bellissimo sogno divenuto realtà.

Seguendo i suoi suggerimenti, la mamma che non c’è più è diventata l’immagine che mi accompagna al mare, sul suo scoglio preferito, a casa a sorseggiare il suo caffè seduta al tavolo, come lei mi aveva suggerito di immaginarla. I luoghi vissuti con la mamma non sono più diventati posti da evitare per il dolore che suscitavano, ma luoghi da continuare a frequentare per vedere ancora più nitida la sua immagine. Sono diventati i “luoghi del cuore”».

Siamo ammalati di “troppa realtà”: crediamo che sia vero solo il mondo del Reale, del pensiero. Così chi muore sparisce per sempre dalla nostra vita e viviamo di solitudine, di assenza, di addii.

Ma c’è un’altra mente dentro di noi: quella delle Immagini che appartengono al nostro lato sognante, al Senza Tempo. Immaginare è essere vicini all’Eternità, che è l’energia che stimola l’autoguarigione dai disagi. Solo la parte sognante può cambiare le cose: immaginare, sognare è guarire. Ci vuole coraggio, ci vuole la forza di uscire dal pensiero comune a immaginare la mamma che non c’è più come presenza nella vita di tutti i giorni. Essere diversi dal pensiero altrui è seguire la propria strada.

Vuoi raccontarci la tua esperienza, i tuoi dubbi, i tuoi successi? Manda una mail a raffaele.morelli@riza.it

raffaele morelli
Psichiatra e Psicoterapeuta. Fondatore e Presidente dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica, Direttore responsabile delle riviste Riza Psicosomatica, Dimagrire, MenteCorpo.
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