La paura della fine nasconde la voglia di rinascere
L'aiuto pratico

La paura della fine nasconde la voglia di rinascere

Il timore della morte nasconde sempre un bisogno più profondo, inconscio: rinnovarsi e trovare l'autonomia che conduce alla scoperta di chi siamo

Per comprendere il vero significato di alcune paure molto diffuse occorre superare le apparenze, che riguardano sempre il mondo esterno, e guardare a quello che accade dentro, nell'interiorità. In questo terreno, la paura della morte nasconde il bisogno di rinascere e scoprire il nostro vero volto: la storia di Rosalba lo spiega molto bene.

"Sono Rosalba, una donna di 37 anni, e scrivo per un problema: sono ossessionata dalla paura della fine, della morte. Ho un compagno, una figlia, i miei genitori sono ancora in vita, eppure da un po' di tempo penso ormai quotidianamente a come farò a vivere quando mamma e papà se ne andranno, osservo la crescita di mia figlia sempre con una lacrima pensando a quel che non tornerà più, piango per la fine della scuola, per ogni tappa. Nel giorno dei compleanni di chi amo anziché essere felice, penso: ecco, un anno in meno da vivere. Non sono serena ma non ho reali motivi per non esserlo, se non che per me non faccio mai nulla. Ho manie di controllo, organizzo tutto, devo presidiare ogni aspetto della vita, non solo la mia. Sono giovane, vorrei essere felice e godermi la mia famiglia senza vivere nel lutto prima che accada. Su cosa devo lavorare?"

Indice dell'articolo

Le paure sono messaggi dell'anima

Quando, per le ragioni più diverse, non riusciamo a vivere pienamente la nostra vita, l'anima, che adora i paradossi, ci porta a contatto con il suo contrario, la paura della morte. Non per tormentarci, ma per far tramontare il personaggio che crediamo di essere e che non siamo, o non siamo più. La paura di cui parla Rosalba apparentemente riguarda il tempo che passa: pensa al futuro quando i suoi genitori non ci saranno più, oppure la tormenta la crescita della figlia, che vorrebbe tenere bambina (e quindi controllata). Nel profondo, questa sua ossessione per la fine ci parla di altro, di qualcosa che si agita nel mondo interno e scalpita per venire alla luce. Nella mente di Rosalba si è formata una convinzione: ogni cambiamento è pericoloso, perché sfugge al mio controllo. Il pensiero è questo: come sarebbe bello se il tempo si fermasse e tutto restasse cristallizzato qui, in questo istante, in un quadretto idilliaco e immutabile. Sa benissimo che non è possibile, ma una parte di lei lo desidera. Puntuale, l'anima presenta il conto.

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L'inganno del controllo

Il fatto da comprendere bene è che ogni volta che cadiamo nel tranello del controllo, la massima illusione dell'Io cosciente, qualcosa da dentro spinge nella direzione contraria. Rosalba ammette di avere manie di controllo e di organizzare tutto con meticolosità. Con la morte non si può fare e questo la manda in crisi. Sfugge sempre, per quanti sforzi facciamo. Ma Rosalba dice anche altro: per se stessa non fa nulla. Questo è il vero problema, non quel timore. Una cosa è certa: quanto più lei insisterà nel controllo di ogni aspetto dell'esistenza (rinunciando a riempire la vita di esperienze appaganti, che le mancano), tanto più quella paura della fine si rafforzerà. Quanta vita si spreca controllando? Se la sua anima potesse parlare, le direbbe: la vita è un soffio, siamo foglie nel vento, saremo polvere, quindi perché affannarsi a voler governare l'Universo?

Tutto cambia ed evolve

Mentre Rosalba si fa ingabbiare dalle sue manie, ogni organo del suo corpo lavora autonomamente e lo fa perfettamente, senza il suo parere, da quando è nata. E cambia continuamente. Mentre lei si strugge per la fine della scuola di sua figlia, migliaia di cellule fra quelle che la compongono sono morte e altre sono nate. Mentre non si gode l'esistenza perché anziché viverla, la programma, i giorni passano comunque e tutto scorre. Già, tutto scorre. Questa massima (il celebre panta rei) attribuita al filosofo presocratico Eraclito spiega come stanno davvero le cose e a che cosa vanamente Rosalba si oppone. Si dirà: ma Rosalba queste cose le sa, non vorrebbe essere vittima di questi pensieri. Ma è lei che li rafforza convincendosi che il solo antidoto alla paura sia un’altra dose di controllo!

Immergersi nel disagio lo fa tramontare

Se davvero vuole superarli, la prima cosa da fare è arrendersi al fatto che sono arrivati e cedere. Arriva il pensiero? Bene, non mi oppongo, mi faccio annullare da lui. Scelgo un posto comodo, mi metto lì nella penombra e mi lascio invadere dal pensiero del lutto, della fine. Sto lì e accolgo tutto quello che arriva: lacrime, tristezza, smarrimento. Mi affido a questa forza che annulla tutto e che mi conduce in territori oscuri. Mentre sento il dolore salire, guardo le mie illusioni tramontare, allontanarsi. Sono sola, nel vuoto e immagino di perdermi in una landa desolata. Chissà cosa troverò? Questo esercizio ha due funzioni: la prima serve a disinnescare gli automatismi mentali che si oppongono al disagio. Se è vero che più ti opponi, più rafforzi il malessere, la via da percorrere è quella della massima cedevolezza. All'inizio spaventa, il dolore sembra aumentare sempre più, ci sentiamo in balia di forze oscure e invincibili. Dopo un po', puntualmente, arriva la calma, la pace del nulla.

Ecco la seconda funzione dell'esercizio: il vuoto/nulla, insegnano i Taoisti cinesi, è il territorio psichico della rinascita, un grembo gravido di una Rosalba nuova che vuole venire al mondo e che le dà il tormento perché le sue resistenze mentali la vorrebbero tenere nascosta. In questo senso la paura della morte degli altri è pura apparenza: la vera morte che si teme è quella del personaggio che stiamo recitando, al quale siamo abituati come fosse una seconda pelle. Ma come il serpente a un certo momento deve fare la muta, così Rosalba deve liberarsi della corazza di controllo che è il suo vero avversario. Solo così potrà accorgersi di cosa le manca davvero nella vita e riempire quei vuoti che lei stessa ha denunciato: emozioni, interessi, passioni, qualcosa che riguarda lei e trascura nell'incessante lavoro di controllo e organizzazione della vita di tutti. Il disagio ha sempre la funzione di riportarci su una strada armonica con il nostro vero essere: fargli spazio significa comprenderne il messaggio autentico dietro le apparenze, la sola strategia psicologica da adottare al più presto.

andrea nervetti
Psicologo e psicoterapeuta, collabora dal 2001 con l’Istituto Riza di Medicina psicosomatica di Milano dove esercita la libera professione. Vice Direttore e Docente presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia a indirizzo psicosomatico dell’Istituto Riza. Membro del Consiglio direttivo della SIMP (Società italiana di medicina psicosomatica), scrive per le riviste Riza Psicosomatica, Antiage ed è responsabile del sito www.riza.it. Svolge anche attività libero professionale presso l'Istituto stesso e a distanza via internet. La scheda completa dell'autore
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