Ansia: per superarla devi riconoscerla e accettarla
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Ansia: per superarla devi riconoscerla e accettarla

Non ammettere di soffrire d'ansia e cercare a tutti i costi una causa organica al malessere, cronicizza il disturbo: accettarlo è il primo passo per guarire

Siamo abituati a pensare che i disagi di origine psichica diano seguito, esclusivamente, a malesseri umorali. Al contrario, gli stati di ansia e di timore protratti nel tempo possono sfociare in manifestazioni somatiche di diversa natura, soprattutto se i messaggi di cui sono portatori non arrivano alla coscienza o vengono ignorati.

È quel che capita a Ginevra, una lettrice che scrive a Riza Psicosomatica domandando se i disturbi che avverte possano essere generati da ansia e stress, come le è stato suggerito: “Ho 26 anni e da qualche mese le mie giornate sono costellate di malesseri: bruciori di stomaco, reflusso, tachicardia. Sono stata da molti medici, cardiologi e gastroenterologi, ma gli esami prescritti non hanno evidenziato alcuna patologia in atto. Eppure i fastidi che avverto sono a volte tanto violenti da non permettermi di pensare ad altro. Ne risentono, per primi, la mia concentrazione e il mio lavoro...”

L'ansia è sempre un disturbo psicosomatico

Ginevra ha consultato diversi professionisti prima di prendere in considerazione la possibilità che i suoi fastidi siano connessi ad uno stato d'ansia. “Negli ultimi mesi ho cominciato a chiedermi se la carriera intrapresa faccia davvero per me. Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza con ottimi risultati, ho iniziato il praticantato in uno studio prestigioso, due cose di cui sia io che la mia famiglia andavamo molto fieri; adesso però mi chiedo se il mio carattere timido e riservato sia conciliabile con una professione che obbliga ad esporsi e ad avere sempre il coltello tra i denti. Inizialmente non ho dato troppo peso a questi pensieri, ma più lavoro più mi accorgo di quanto i dubbi che avverto si siano fatti frequenti. Passare gli esami a suon di 30 e difendere un cliente, magari colpevole, non sono affatto la stessa cosa”.

I timori di Ginevra sono comprensibili: ammettere di aver sbagliato strada a cose fatte, dopo anni di impegno e di energie spese in un progetto, è senz’altro destabilizzante e causa molta ansia. Non stupisce che abbia cominciato a soffrire di tanti disturbi e, malgrado ciò, si sia ostinata a minimizzarne l’origine psicosomatica.

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Il rifiuto dell'ansia... è una forma d'ansia acuta!

Per superare gli stati d'ansia, Ginevra deve comprendere il significato profondo del suo malessere: per farlo bisogna guardarsi dentro senza negare né fingere, accettando di immergersi in quelle emozioni "fastidiose" connesse ai dubbi sulla sua carriera futura. Ginevra ha passato tanto tempo cercando una soluzione puramente fisiologica ai suoi disturbi, rifiutando l’ipotesi di un’origine psicologica: è ora di prendere atto della situazione che si sta vivendo, accettando l’ansia e usandola come strumento per giungere ad una nuova consapevolezza di sé. Più si rifiuta il senso profondo del malessere, più i sintomi aumentano di intensità e frequenza proprio per richiamare la nostra attenzione.

Percepire con accettazione è già curare

Dopo aver preso coscienza della dinamica alla base dei propri disturbi psicosomatici, è importante percepire questi ultimi senza aver fretta di farli passare: accettare ciò che ci manda l’anima, imparando a percepire tutto con sguardo aperto, senza giudizio. Se arriva la paura di aver sbagliato strada, provare a dirsi: "ecco la mia paura, non cerco di pensare ad altro, resto qui con lei per un po'". Magari sul momento si soffrirà di più, ma si imparerà a poco a poco che quell'emozione non viene per distruggerci, ma per guidarci.

Riscopri cosa vuoi con la tecnica del vuoto

Per imparare ad ascoltare la propria guida interiore come metodo per diminuire la sintomatologia psicosomatica, a Ginevra si può consigliare di dedicare 15, 20 minuti al giorno a "sprofondare" in se stessa. Trovare un luogo tranquillo e silenzioso, chiudere gli occhi e provare a dimenticarsi di tutto: dove si è, chi si è, gli impegni imminenti e quelli a lungo termine, la famiglia e le altre relazioni… fino a non avere più una storia, né un nome.

Quando sarà riuscita a farlo, dovrà permanere nel vuoto per qualche minuto. Se si avvicina un pensiero, spingerlo altrove con dolcezza, senza eccessivi sforzi, continuando a fluttuare nel vuoto. Un esercizio molto semplice che l'aiuterà a “resettare” progetti e convinzioni passate; con l’andare dei giorni è probabile che si affaccino alla mente immagini nuove, idee ed intuizioni che non appartengono alla sua storia recente ma che sono sue da sempre, appartenendo alla sua anima. Solo allora potrà valutare serenamente se sia davvero il caso di cercare alternative a quel che sta facendo oppure no.

Tre passaggi-chiave per superare le ansie e le paure

  • Guardare: non ci si evolve negando l'evidenza ma solo interagendo con la realtà e dando alle difficoltà il loro nome. È così anche per il singolo: la maschera del "senza problemi" impedisce di risolvere i problemi stessi, che così si accumulano, e di percepire in modo sano il contesto in cui si vive.
  • Nominare: chi nega l'evidenza spesso non chiama le cose con il loro nome e tende a sostituirle con allusioni o perifrasi. Parole come "ansia", "infelicità", "depressione", o frasi come "non ti amo più" o "sono ingrassato" vengono bandite. Ogni "negatore" ha le sue parole tabù. Iniziare a pronunciarle quando serve è un ottimo esercizio per ricominciare ad ascoltarsi.
  • Attendere: quando si ammette di avere un problema, il rischio può essere quello di cercare immediatamente soluzioni drastiche e semplicistiche del tipo "tutto o niente". Invece occorre imparare a non dare risposte "reattive". Se il primo passo è ascoltare l'interiorità, il secondo è quindi attendere. Non avere fretta, o sostituirai le tue soluzioni "cerebrali" a quelle su misura per te, che l'anima può farti scoprire poco alla volta.
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