Le tecniche di cui parleremo, durante l’incontro in diretta online di mercoledì 3 maggio, servono a far sì che l'acqua dell’oceano interno ci ripulisca dall’idea che siamo soltanto coloro che hanno vissuto un dolore.
Mercoledì 3 maggio, alle 18:30, riprendono i nostri incontri terapeutici online. Questa volta il titolo è “Come superare le ferite del passato”.
Le persone pensano generalmente che ciò che ci è accaduto e che ci ha ferito in passato continuerà a farci soffrire per sempre. Arrivano in redazione molte mail di lettori di Riza Psicosomatica in cui il trauma viene raccontato e descritto come una presenza permanente, una menomazione della propria identità.
In uno degli incontri precedenti ho parlato di un territorio sconosciuto presente in ognuno di noi che è vasto come gli oceani. Dentro di noi c’è un oceano che ha straordinarie proprietà terapeutiche per l’anima. Dobbiamo discostarci dalla psicologia della riva e di ciò che è accaduto sulla riva alle immensità oceaniche, alla psicologia dell’oceano, che spazza via il passato. La psiche ha vissuto un trauma, un dolore che è stato generato da una certa situazione; ma c’è anche l'oceano. Le tecniche di cui parleremo in questo incontro servono a far sì che l'acqua dell’oceano interno ci ripulisca dall’idea che io sono soltanto colui che ha vissuto un dolore.
In questo incontro mi soffermerò molto su cosa significa stare con sé stessi quando veniamo colti dal pensiero e dal ricordo di ciò che ci ha ferito. Dobbiamo ricordarci che nel sistema immunitario, che distingue il sé dal non sé, sono presenti cellule che ci difendono fin dall’inizio della nostra vita dalle aggressioni del mondo esterno, da tutto ciò che minaccia la nostra identità.
Come nel corpo, anche nella psiche c’è un’identità profonda, che si nasconde oltre quella superficiale che conosciamo. Non c’è solo la ferita, c’è qualcosa di più profondo, profondo come l’oceano: quella è la cura! Così ha detto il pensiero antico, così hanno detto i saggi del passato, così hanno detto i grandi psicanalisti. E noi dobbiamo cercare quel territorio dove risiede ciò che crea Raffaele, ciò che crea Giovanna, ciò che crea Michele, e che si trova al di là del tempo e dello spazio.
Guai se la nostra vita viene dominata dal pensiero per cui io sono segnato per sempre da ciò che è accaduto. L’anima detesta quando ci diciamo “non sarò più quello di prima” o “non potrò mai guarire”. Così non può rimarginare le ferite. Quando il nostro corpo viene ferito perdiamo sangue fino a che la ferita si rimargina: rimarrà la cicatrice, certo, ma possiamo constatare che il nostro sistema vitale ha la capacità di rigenerarsi. E lo stesso vale per la psiche.
Una mia paziente aveva subito da bambina un danno al volto e si sentiva sfregiata. Ha passato tanti anni a cercare di coprirsi, di nascondere e di non far vedere quella ferita. Finché si è sedimentata dentro di lei l'idea di essere solo la ferita da nascondere. E così molti interessi che aveva, molte passioni, molti desideri sono stati messi sullo sfondo.
C’è una considerazione da fare: quando arriva un disagio, una ferita, qualcosa ci viene tolto; ma può nascere contemporaneamente qualcos’altro. Non serve a nulla combattere contro il trauma: è accaduto, non possiamo farci niente. Però possiamo chiederci: “in quali altri territori degli oceani interiori non stai navigando?”. Chiudiamo gli occhi e guardiamo altrove.
C’è nel profondo di ognuno di noi un’identità profonda che ci rende esseri unici. Lì le ferite si rimarginano, lì ci accorgiamo che ci sono altri mondi dentro di noi che possono portarci via dal disagio e condurci dove dobbiamo andare.
Buona lettura!
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