Se in un simile scenario ti barcameni tra istanze e divieti altrui finisci quasi sempre per fare la scelta sbagliata, e a volte c'è poco tempo per rimediare...
La e mail di Marika, 42 anni, ne è una chiara testimonianza: “da quasi due anni ho un nuovo compagno che amo e adesso lui vorrebbe un figlio (io non ne ho). Sono sempre più preda di dubbi e paure: del dolore fisico, delle possibili complicazioni per il bambino e per me, vista la mia età. Contemporaneamente mi sentirei in colpa nel togliere al mio compagno la possibilità di essere padre. Aggiungo che, in questa decisione, mi sta influenzando la mia famiglia che non vede di buon occhio una gravidanza alla mia età.” È singolare il fatto che Marika indichi come oggetto della e mail che ci ha inviato un "desiderio di maternità" seguito dal punto di domanda. In effetti, dalle sue parole emerge la posizione di tutti tranne che la sua. Al di là delle paure che prova, ha mai avvertito una spinta in tal senso o sono solo le voglie e le remore esterne a metterla in crisi? Meglio assecondare il fidanzato e non sentirsi in colpa o seguire con disciplina i consigli di mamma e papà? Forse a 42 anni, si è un po' troppo grandi per non sapere cosa volere, soprattutto in questo ambito. Mettere al mondo un figlio non dovrebbe essere una scelta indotta né tanto meno vincolata al parere di qualcuno ma sentita e desiderata, per due ragioni: l’enorme impegno che allevare un figlio comporta e, ancora più importante, il fatto che quel figlio è di fatto una persona che merita rispetto, cura, dedizione, oltre ogni remora e anacronistica paura.
L’impressione è che Marika non si sia mai interrogata davvero sul proprio desiderio di maternità a causa di un’eccessiva dipendenza dalle figure genitoriali. Il problema si acuisce quando ad essere sotto esame è la possibilità di dare la vita; una scelta che presuppone un’autonomia emotiva sufficientemente sviluppata per proiettarla dal ruolo di figlia a quello di adulta e potenziale madre. La letteratura psicosomatica del resto è ricca di casi di infertilità psicogena dovuti dall’incapacità di fare questo passo; donne che continuano a sentirsi figlie (e a seguire i consigli di mamma e papà) difficilmente preparano l'anima e, di conseguenza, il corpo ad accogliere la vita. Preoccupate di assecondare voleri e aspettative familiari, insistono a recitare la parte delle brave bambine; come Marika, che invece di decidere il da farsi insieme al fidanzato per poi informare i parenti solo a gravidanza iniziata, si preoccupa di mettere a parte i genitori di un possibile concepimento quasi aspettasse di ricevere il loro benestare. Come spesso capita nei casi di dipendenza - quasi sempre di matrice collusiva – questa non arriva.
Considerando i dubbi di Marika a partire dalle modalità con cui lei stessa li presenta (paura del dolore o di eventuali complicazioni…) si sarebbe tentati di dire che il suo non sia un vero desiderio di maternità; il fatto però che Marika oscilli tra il timore di contravvenire alle posizioni familiari e il senso di colpa nei confronti del fidanzato lascia supporre che sia sua abitudine investire le proprie energie più per evitare i dolori che per ricercare il piacere. Si tratta di una considerazione importante in quanto, stando così le cose, non possiamo escludere che il desiderio di un figlio possa essere presente in lei, anche se in modo latente; per questa ragione le suggeriamo di fare chiarezza dentro di sé, a prescindere da tutti gli altri, e di farlo quanto prima. A 42 anni la fertilità va verso il tramonto; dovesse scoprire davvero un desiderio di maternità avrà la possibilità di muoversi al più presto per realizzarlo, sapendo che nessuno – tanto meno i genitori – potranno mai risarcirla per l’assenza di un’esperienza senz’altro impegnativa ma altrettanto elettrizzante come dare la vita.