I connotati del nostro viso sono spesso rivelatori e rimandano a qualcosa di profondo: ciò che vi appare, temporaneo o duraturo, merita attenzione
Alexis Carrel scriveva, nel 1935, in L’uomo questo sconosciuto: “A nostra insaputa, il nostro aspetto si modella a poco a poco sullo stato di coscienza, e col trascorrere degli anni diventa l’immagine sempre più estratta dei sedimenti, dei desideri, delle aspirazioni di tutto l’essere”. Ognuno di noi sa, sente, ricorda che in diversi momenti della vita si è affacciato in lui qualcosa di strano, di imprevedibile, di misterioso. Che di primo acchito gli è apparso come un impulso anomalo, estraneo, ma che poi ha sentito appartenere alla propria natura. E per comprendere meglio cosa accadeva si è guardato allo specchio, ha osservato i tratti del proprio volto per individuare lì, nell’immagine riflessa, cosa c’era di nuovo, di diverso, se in quei tratti e in quelle espressioni continuava a riconoscersi. Il volto riflette la nostra natura, il nostro carattere, è la cartina al tornasole dei nostri cambiamenti. Ma per comprenderne il linguaggio, più che uno studio analitico dei tratti, serve una percezione “allargata”: bisogna chiedersi cosa c’è in quei lineamenti o in quell’espressione che ci colpisce, qual è la sensazione che ci rimanda.
Apparire ed essere
Possiamo chiederci: cosa appare in primo piano nel volto nostro o altrui? È la fronte particolarmente sviluppata o sono gli occhi, con quello sguardo così intenso, a occupare la scena? È il naso a spingersi in avanti ad annusare la vita, che dà alla parte centrale del viso quella supremazia che lo rende inconfondibile?
In altri casi è la bocca, stretta come una fessura o carnosa e sensuale e che magari si accompagna a una mandibola marcata, forte, prominente che spostano l’attenzione sulla parte bassa dell’ovale.
Insomma il volto è come un palco di teatro su cui recitano gli attori: rappresentano le forze che ci animano, gli istinti e le emozioni che prorompono e che possiamo riconoscere proprio grazie alla forma, ai tratti, al colorito dell’incarnato, alle espressioni, alle rughe. Lo hanno sempre sostenuto in molti, tra cui Giovan Paolo Lomazzo che, rifacendosi ad alcune intuizioni leonardesche relative allo studio dei volti per le arti pittoriche, sul finire del ‘500 scriveva: “L’invidia, crudelissimo dolore di animo per il bene altrui, fa ritirar tutte le membra, ed offuscar le ciglia, stringere i denti, ritirar le labbra, torcersi con certa passione di sguardo… E la vergogna fa i gesti come di chi teme d’errare, ovvero di aver fatto errore…”.
Da sempre quindi, chi ha voluto osservare a fondo si è reso conto che le espressioni del volto rimandano a qualcosa di profondo che si muove nell’animo.
Si tratta poi di valutare se ne nascano caratteristiche fisiognomiche stabili o passeggere: un modo di affrontare il mondo può “scolpirsi” sul viso, o apparire e scomparire seguendo le tensioni e le emozioni del momento. In questo modo, a fianco delle tradizionali “tipologie” di nasi, bocche, occhi, esistono molte significative sfumature. “Il corpo e il volto – scriveva alla fine del ‘700 Georg Christoph Lichtemberg – esibiscono una complessa trama di segni storico-naturali prodotto dalle sferzate del destino, dalle avversità della vita, dall’indole, dalle abitudini…”.
Segnali sommessi
Qui parlaimo del volto e del suo linguaggio segreto in quanto è, forse, la parte del corpo meno semplice da decifrare. Difficilmente ci rendiamo subito conto di come accavalliamo le gambe o incrociamo le braccia, se ci sediamo in punta di sgabello o se ci mettiamo comodi in poltrona, se teniamo le mani in tasca o le agitiamo parlando: semplicemente non ci facciamo tanto caso, mentre chi osserva può notarlo facilmente. Nel corpo i movimenti involontari (peraltro assai indicativi di come siamo e di cosa proviamo in quel frangente) scattano prima che la mente li riconosca e li possa, se vuole, bloccare. Per il volto il discorso è diverso: è situato vicino al piano mentale e quindi alla coscienza e alle funzioni di controllo e, di conseguenza, la sua mimica è più gestibile e pilotabile. Serve allora un po’ più di attenzione da parte di chi osserva, dei riferimenti più articolati e un po’ più di esercizio.
I simboli del volto diviso nelle sue tre parti
La regola di fondo tramandataci da molte Tradizioni del passato afferma che il volto riassume le caratteristiche di tutto il corpo, è una sorta di unità nell’unità. E a sua volta, come il corpo, è divisibile in una parte alta, una mediana e una bassa dal significato simbolico peculiare.
Parte alta: da fronte e occhi, esame e giudizio
Il mondo “del pensiero e coscienza” trova il suo corrispettivo simbolico nella fronte e nella parte alta del volto. La fronte è il luogo della riflessione, delle preoccupazioni e dei dubbi: chi la pone in primo piano fa del ragionamento il proprio stile di approccio al mondo. In particolare gli occhi sono il territorio dello sguardo, dell’osservazione: rimandano a un modo di rapportarsi alla vita dove l’analisi della realtà circostante è un “sine qua non”: l’esame e il giudizio passano di lì.
Parte mediana: guance e naso sede di emozioni
Ci troviamo nel mondo delle guance e del naso e si tratta della parte che, secondo la medicina cinese, meglio di ogni altra esprime la nostra capacità emotiva e affettiva: amore, disperazione, rabbia. Sono tre esempi di emozioni che si manifestano bene in quello spazio. E poi siamo in presenza del naso e quindi dell’olfatto, da cui dipende la nostra capacità di “annusare l’aria che tira” attorno a noi e di orientarci. Più che col ragionamento però, lo si fa col fiuto e le sensazioni e le emozioni che in quei frangenti ci animano.
Parte bassa: bocca e mento testimoni di piacere
Nella parte bassa del viso, la bocca e il mento si legano ad impulsi arcaici (la fame, l’aggressività…): si tratta di una parte legata a una dimensione profonda, agli istinti orali e della sessualità. Attraverso la bocca noi “sminuzziamo e mangiamo” il mondo e dunque con i denti raccontiamo tutta la nostra capacità di aggredire ciò che ci circonda mentre le labbra, la zona più erogena del corpo, parlano il linguaggio dell’eros e della suzione, il lato matura del piacere e quello bambino.