Raffaele Morelli: Il problema? È già la soluzione
L'aiuto pratico

Raffaele Morelli: Il problema? È già la soluzione

Nessuno si chiede mai: «Un’energia che mi abita mi ha cercato, mandandomi un disagio: cosa si aspetta da me?». Il segreto del benessere è ritrovare questa energia: il “problema” è solo l’invito a iniziare un cammino

Perché ci abituiamo a guardare in una sola direzione? Perché quando vediamo un problema, crediamo che duri per sempre e passiamo mesi, se non anni, per cercare di risolverlo senza riuscirci? Sentite Adriana:

«Buon pomeriggio dottore, e grazie per questa opportunità. Il mio bisogno al momento è quello di riuscire a sviluppare la capacità di dire di no, in primis sul lavoro, e di non farmi prosciugare le energie da situazioni o da persone che egoisticamente non si creano alcun problema a farlo. Ci sto provando già in questo momento sul lavoro, motivando sempre il mio “no”, perché non vuol essere un sottrarsi al lavoro, anzi. Certo costa fatica assumere questa posizione... Il rimuginio, i timori collegati mi assalgono, interrompono a volte il mio sonno ma io sono decisa e con i suoi consigli sono certa di potercela fare. Grazie».

Il suo problema è imparare a dire di no? Quando un paziente viene da me e mi esprime quella che lui chiama la sua difficoltà, io lo invito a guardare altrove.

Marco: «Il mio problema è l’eiaculazione precoce. Ho provato con tante donne, ma finisce sempre che duro pochi secondi. Alla fine non mi arriva più neppure l’erezione. Una sconfitta totale con le donne».

Raffaele: «Si ricorda l’ultima volta che ha visto un panorama?».

Marco: «No, ma cosa c’entra…?».

Raffaele: «Accadono tante cose dentro di lei, non c’è solo quello che lei chiama il problema sessuale. C’è il panorama, se lo guarda, c’è l’autobus che prende tutti i giorni per andare a lavoro, le lenzuola che la avvolgono quando dorme, la colazione, il suo vestito preferito… E tutte le cose che le vengono facilmente, senza sforzo».

Marco mi interrompe: «Sì ma io ho in mente solo le brutte figure che faccio a letto!».

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Non c’è niente di nuovo?

Il perdurare nella mente di quello che chiamiamo “il problema” è il vero nemico, il grande ostacolo per risolverlo. Se ritengo che devo imparare a dire più no, come mi scrive Adriana, si forma dentro di me una battaglia senza tregua. Finirò per vedermi in lotta con una mia incapacità, una disfunzione insomma…

Tutti pensano che la loro vita sarà migliore quando ce l’avranno fatta a spazzar via il problema. Si sbagliano. La vera questione è un’altra. Per René Guénon tutta la nostra vita è centrata su quello che lui chiama “lo stato primordiale” (“Il re del mondo”, Adelphi). Come se noi fossimo abitati da un centro primitivo, da un seme antico che conduce la nostra vita.

In questa chiave i nostri disturbi sono “nostalgia dell’eternità”, di quel Sé sconosciuto che vive nel senza tempo e che conduce il nostro destino. Il problema non è l’eiaculazione precoce o imparare a dire di no: questi sono semplicemente moscerini che offuscano lo sguardo interiore. Stai male perché ti stai ostinando a mandar via qualcosa che nel profondo non ti riguarda.

Raffaele: «E quando è da solo?».

Marco: «Da solo no, se mi masturbo duro ore. Anzi non riesco neanche a venire, o comunque faccio molta fatica».

Marco ha passato 18 mesi a cercare di capire, in psicoterapia, le cause della propria eiaculazione precoce. La cosa difficile da comprendere è che più cerchiamo nel passato la risposta ai nostri disagi, più li cronicizziamo. Forse il Sé, il centro, lo “stato primordiale” di Guénon hanno “altri progetti” per Marco e per Adriana. Forse c’è un modo nuovo di stare in campo, un altro essere che Marco e Adriana non conoscono, il quale però sa cosa fare.

Se lo “stato primordiale” sa, io devo dimenticarmi di me, visto che peraltro i miei sforzi non ce l’hanno fatta. Distrarsi dal problema è per me la parola d’ordine. Dirsi: io non sono quella che deve imparare a dire di no, o quello che ha il problema della sessualità. Entrare nell’oblio, dimenticare il problema e lasciarlo lì. Come avrebbe detto lo psichiatra Roberto Assaggioli, bisogna dirsi: «Io non so chi sono né dove vado. Sono un altro che non conosco». Questo vuole lo “stato primordiale”, che vive nel senso di eternità e non è offuscato dal nostro bisogno di fare l’amore secondo uno schema o di diventare così forte da dire tutti i no possibili.

raffaele morelli

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Nuovi punti di vista

Come se ne vanno i disturbi? Dimenticando, distraendosi e sognando il Nuovo. Come i bambini che piangono disperati per un giocattolo rotto e dopo un minuto ridono se si mettono a fare qualcosa che li coinvolge. «Non è questo il mio problema - bisogna dirsi - non sono io a doverlo risolvere». Allora la personalità profonda, il Sé, lo stato primordiale fanno arrivare al nostro Io nuovi punti di vista.

Quando veniamo traditi, più ci pensiamo e più ci roviniamo la vita. Non pensiamo che il Sé, attraverso il dolore, sta partorendo un nuovo personaggio, un nuovo me stesso, una nuova personalità che deve nascere. Se mi occupo del problema sono nelle abitudini, nel Vecchio, nelle foglie secche che stanno cadendo mentre le guardo… Più me ne occupo, più le tengo in vita.

Nuovi stati dell’essere

Una cosa è certa: lo “stato primordiale” non vuol fare l’amore come lo fa Marco. Perché si sblocchi occorre cambiare la mente, desiderare le donne con fantasie che non sono quelle che scorrono adesso dentro di lui. Un mio paziente soffriva di eiaculazione precoce da più di 4 anni. Gli è passata quando ha “preso” la sua fidanzata in un raptus amoroso sulle scale di casa, uscito dall’ascensore: «Era tardi, meno male che non passava nessuno. Poi siamo entrati nell’appartamento e sono andato avanti due ore. Ero un altro».

Lo stato primordiale cerca l’altro che c’è in te e che non vedi. Idem per Adriana. Un nuovo essere, strano, non coerente con il personaggio che conosco: questa è la via.

«Succede spesso, nel corso della vita, di venire improvvisamente assaliti da un nuovo lato della nostra personalità. Proviamo sensazioni sconosciute, abbiamo reazioni mai avute prima e molto spesso, per mera forza dell’abitudine, odiamo questa nuova esperienza. Non ci pare di cambiare: “Che cos’è questa cosa? Come mai, così all’improvviso, senti in modo tanto diverso?”. Ci sembra una stranezza e tentiamo di togliercela di dosso. Dovremmo invece mostrarci aperti alle stranezze; chiederci: “Che cos’è questa nuova sensazione o reazione che sento? Vediamo un po’».

(Marie-Louise Von Franz, “Il mondo dei sogni”)

Bisogna mettersi in mente che non ci sono problemi e disagi da risolvere, ma cammini per incontrare i personaggi che ci abitano e che non vediamo.

Vuoi raccontarci la tua esperienza, i tuoi dubbi, i tuoi successi? Manda una mail a raffaele.morelli@riza.it

raffaele morelli
Psichiatra e Psicoterapeuta. Fondatore e Presidente dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica, Direttore responsabile delle riviste Riza Psicosomatica, Dimagrire, MenteCorpo.
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