Raffaele Morelli: Cosa ti viene facile? Seguilo, è la vera cura
L'aiuto pratico

Raffaele Morelli: Cosa ti viene facile? Seguilo, è la vera cura

Pensare continuamente alle cose che non funzionano nella tua vita produrrà una persona malata. Se invece ti orienti su ciò che sai fare spontaneamente, attivi l’energia creativa del cervello. È lei che ti colma di molecole di guarigione

Gianna iniziava le sedute con me elencando i suoi disturbi e i disagi che la affliggevano da anni

«Mi si contraggono i muscoli della schiena e delle gambe quando mi alzo dalla sedia e quando mi sdraio. Risultato: non dormo. La sera ho sempre mal di testa, ogni telefonata di mia mamma mi fa venire un attacco d’ansia, sul lavoro sono sempre arrabbiata».

Non le ho detto di non raccontarmi più i suoi disagi e la sua storia di figlia trattata male dai genitori e neppure di non parlarmi più del rapporto con suo marito, dove «l’attrazione fisica è sempre stata il grande assente…». Il mio lavoro terapeutico consiste nel non cambiare niente nella sua vita, ma semplicemente cambiare lo sguardo, distrarsi dai disagi e vedere invece le funzioni, le capacità, le azioni che Gianna possiede e che continuano a esserci nonostante i disturbi.

«Cosa le viene facile?» le domando. Se una rosa non fa fatica a fiorire, se, anche nelle intemperie, non dimentica mai il suo fiore, la guarigione avviene solo se ti ricordi di te. Cosa sa fare Gianna spontaneamente?

«Sto bene quando pulisco le patate. Le sembrerò una scema, ma mi perdo, non penso a niente, mi rilasso. Un giorno ho sbucciato tante di quelle patate… non mi fermavo più».

Sono fortemente contrario al “pensiero positivo”, una sorta di ripetizione che alcuni psicologi consigliano ai loro pazienti. Consiste nel dirsi, anche nei momenti difficili, parole come: «Sei forte, sei grande, vedrai che ce la farai…». Sono sciocchezze che ci rendono artificiali. È come mettersi una benda sugli occhi.

I disturbi ci sono, vogliono parlarci, dobbiamo ascoltarli, non cercare di scacciarli via. La forza non serve mai a curare i disagi dell’anima, men che meno la forza di volontà. Serve un altro occhio, che scruti altri territori della nostra interiorità.

raffaele morelli

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Cosa sa fare la tua essenza

Così dicevo a Gianna di arrendersi al mal di testa, alle contratture, alla rabbia, all’ansia: arrendersi quando arrivano. Le facevo provare in studio l’abbandonarsi al mal di testa, come a un amante che la voleva prendere. Una resa totale è il miglior farmaco, una resa senza pensieri, senza ragionamenti.

«Cari disturbi, venite pure, io sono qua… fate di me quello che volete…». Questo è il senso del mio fare psicoterapia. E poi cercare, cercare che cosa vive nel paziente di veramente suo. Possiamo passare anni a lamentarci con gli amici delle nostre sconfitte, dei nostri disturbi. Ma non andremo da nessuna parte. Invece io cercavo le caratteristiche di Gianna…

«Cosa le viene facile?».
«Sa, mi piace molto fare il bucato. Mi esalto con l’ammorbidente. Mi incanto…».
«E poi?» le chiedo. Nei primi colloqui, appena scopriva qualcosa che le piaceva, subito lo “copriva” riprendendo a parlarmi delle sue infelicità e dei suoi malanni.
«Mi piace fare il bagno, ieri l’ho riscoperto; mi sono andata a comprare dei sali profumati, come facevo una volta».
Cosa le viene facile?
«Archiviare: ho proprio una memoria fotografica. Metto in ordine le cose e sono capace di ritrovare documenti spariti da anni. Questa è una mia specialità. Sono sempre stata precisa».

Questo è importante: quando stiamo male, portare l’attenzione sulle cose che sappiamo fare! Sbucciare le patate, fare il bucato, immergersi nella vasca, accorgersi di essere un “archivio vivente” sono azioni spontanee che a prima vista ci sembrano banali, ma in realtà ci stanno curando. Ci riportano alle Origini di noi stessi.

Le azioni spontanee sono un modo per “ricordarci di noi”, come diceva Gurdjieff: «Il ritorno a me si accompagna a un gusto nuovo e tuttavia familiare». (Georges Ivanovitch Gurdjieff, Dossier H, vol. I, Edizioni Riza, Milano 2001, p. 171). L’attenzione portata sulle cose semplici che funzionano è un farmaco potente: spazza via le nubi, l’offuscamento che ci fa credere che noi siamo solo i nostri disagi.

“Cosa mi viene facile” è un modo per posare lo sguardo sulle cose che la mia essenza sa fare spontaneamente. Mentre l’elenco dei disturbi crea la persona malata, lo sguardo sulle cose che funzionano produce un’attivazione dell’energia creativa del cervello. È lei la cura, è lei che attiva il Sé a produrre le molecole della guarigione e della nostra unicità.

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Più si parlava delle cose che sapeva fare e più Gianna parlava sempre meno dei disturbi. Non ha cambiato vita, ha posato lo sguardo su un altro lato dell’anima. L’autoguarigione è possibile solo se l’occhio cambia il campo d’azione dei suoi raggi luminosi.

La grande psicanalista Marie-Louise von Franz parlava spesso del pino di montagna: quando un masso rotola sul suo tronco, semplicemente questi si curva per poter riprendere la luce. Come fanno le piante in casa che si stortano pur di ricercare la luce. Fanno quello che va fatto: non si lamentano dell’ombra in cui sono stati messi o del masso che li ha colpiti. Fanno semplicemente ciò che sono: gli alberi. Gianna si è ricordata semplicemente di essere abitata da funzioni uniche, che la caratterizzavano. È bastato.

Vuoi raccontarci la tua esperienza, i tuoi dubbi, i tuoi successi? Manda una mail a raffaele.morelli@riza.it

raffaele morelli
Psichiatra e Psicoterapeuta. Fondatore e Presidente dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica, Direttore responsabile delle riviste Riza Psicosomatica, Dimagrire, MenteCorpo.
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