Cattivi pensieri: come superarli?
L'aiuto pratico

Cattivi pensieri: come superarli?

Se capita di provare sentimenti e pensieri spiacevoli verso le persone che amiamo, non siamo diventati malvagi; dobbiamo comprendere che l'anima ci sta inviando un segnale...

Osvaldo scrive alla redazione di Riza Psicosomatica: "Sono un uomo di 35 anni, single, ho un lavoro sicuro, vivo con mia madre. È rimasta vedova 20 anni fa e a me, che sono figlio unico, è sembrato giusto rimanere con lei. Sono comodo, ho i miei spazi, se voglio invitare qualcuno, non ci sono problemi. Ultimamente però, molte cose che fa mia madre mi infastidiscono, ma quello che mi preoccupa di più è che quando litighiamo perché, ad esempio, i jeans che mi ha comprato non mi sono piaciuti, mi vengono dei pensieri orribili, molto aggressivi verso di lei. Sentirli mi fa vergognare di me stesso, non mi riconosco, mi sento un mostro. Che cosa posso fare per mandare via questi brutti pensieri?"

L'energia vitale compressa alimenta i cattivi pensieri

Sei proprio sicuro, caro Osvaldo, che il tuo problema siano proprio i cattivi pensieri? Sei certo che la soluzione sia fare qualcosa per mandarli via? E se invece l'aggressività che tua madre "risveglia" fosse la forma che assume l'energia vitale nascosta dentro di te e che chiede solo di poter erompere, venir fuori? Se quei pensieri in apparenza brutti, quelle immagini che ti turbano fossero solo la forma, l'apparenza di un messaggio molto importante che devi ascoltare? La parola “aggressività” deriva dal latino “ad gredior”, e si può tradurre in senso metaforico come “procedere verso”, avere una meta, uno scopo... Se è immediato dare un senso negativo a questo termine, lo è meno riconoscere nell'aggressività che si esprime nei cattivi pensieri qualcosa che vuole stimolare una trasformazione, un'evoluzione, un cambiamento...

Essere figli fuori tempo massimo

I pensieri aggressivi arrivano per rompere le sbarre di una gabbia comportamentale nella quale Osvaldo si è imprigionato da solo, bloccando la naturale evoluzione della sua vita: l'identificazione con il bravo figlio che non può lasciare la madre vedova da sola. Ciò ha interrotto la sua crescita, e lui si è identificato in un ideale, quella del figlio perfetto, sostituto indispensabile del padre. Così, è rimasto anzitutto... figlio! Osvaldo ha 35 anni, il tempo delle responsabilità, dell'autonomia, eppure si comporta ancora come un adolescente. Giustifica il proprio stile di vita aggrappandosi ai vantaggi di vivere con la madre (si sente comodo, ha le proprie libertà in casa, la madre è sola...) ma intanto da dentro salgono malessere e rabbia, a illuminare il distacco tra il “sé ideale” e i veri bisogni di un uomo della sua età. Attraverso i pensieri e le immagini aggressive che si formano nella sua mente quando litiga con la madre, l’anima gli sta dando un preciso messaggio: non è più un ragazzino e questa vita non gli basta più.

Tempo di uscire dal guscio...

La rabbia che Osvaldo apparentemente prova nei confronti della madre è un monito proveniente dal mondo interiore; la sua esistenza è come una mongolfiera che deve prendere il volo, la vita con la madre è la zavorra che lo inchioda al suolo. Per anni si è nascosto dietro la maschera del bravo ragazzo protettivo nei confronti della madre vedova e sola, ma quel tempo è finito, altrimenti non avrebbe quei pensieri tanto disturbanti. La perdita del padre in giovane età e la conseguente iper-responsabilizzazione nei confronti della madre hanno forse privato Osvaldo di quel naturale processo di lotta e ribellione che gli adolescenti devono vivere nei confronti di chi li ha messi al mondo, quel che Carl Gustav Jung chiamava "uccisione simbolica dei genitori". Come una madre che preserva il momento confortevole dell'allattamento con il suo bambino fuori tempo massimo, quando il latte non è più nutriente, Osvaldo è rimasto nel guscio sicuro del ragazzo ben oltre i confini naturali dell'adolescenza, fino a che la sua anima ha detto basta alla recita, mandandogli quei pensieri perché in lui scatti la molla dell'autonomia e del distacco.

La forza rinnovatrice nascosta nei cattivi pensieri

Se tutto questo è vero, i cattivi pensieri che Osvaldo prova non sono contro la madre, come sembrerebbe, ma contro la gabbia dorata che lei in qualche modo simboleggia: è tempo di abbandonare il nido. Non solo: gli orribili pensieri che Osvaldo vorrebbe scacciare danno la misura di quanta forza, di quanta energia ci sia in lui. Sono il segno di una forza interiore che sta cercando di rompere quell'equilibrio disfunzionale e solo apparentemente confortevole nella quale si trova ora. I pensieri negativi sono parte di noi e il loro senso profondo non è mai quello che sembra in superficie, come il guscio di un uovo non è l'albume né il tuorlo. Capendo questo, Osvaldo comprenderà di non essere un mostro, ma solo un uomo che deve spiccare il volo verso il suo destino, che per lui come per tutti si deve svolgere lontano dal nido.

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