Paura di crescere: vinci così la sindrome di Peter Pan
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Paura di crescere: vinci così la sindrome di Peter Pan

Maturare richiede un atto di coraggio, abbandonare le vecchie sicurezze per abbracciare il nuovo: solo così puoi superare la sindrome di Peter Pan

Sindrome di Peter Pan è un’espressione utilizzata per la prima volta dallo psicologo Dan Kiley nel suo libro “The Peter Pan syndrome: men who have never grown up” del 1983, in cui parla del fenomeno per cui alcune persone si rifiutano di vivere come adulti rimanendo ancorati al mondo infantile, proprio come narra il racconto di Peter Pan. Questo fenomeno, conosciuto anche come neotenia psichica, può provocare grande disagio e difficoltà nella vita quotidiana.

Indice dell'articolo

  • Sindrome di Peter Pan: i sintomi
  • Sindrome di Peter Pan: non c'entra col bambino interiore
  • Come si cura la sindrome di Peter pan
  • Ho un Peter Pan in casa: che faccio?

Sindrome di Peter Pan: i sintomi

Questo bizzarro comportamento non è stato ancora inserito fra le malattie psichiche e quindi non esistono criteri ben definiti di diagnosi in psicologia; nonostante ciò, gli studiosi del fenomeno sono concordi nel riscontrare in chi ne soffre queste caratteristiche comuni.

  • Non accettazione delle responsabilità
  • Incapacità di mantenere relazioni stabili in amore
  • Rifiuto di lavorare costantemente
  • Egocentrismo
  • Tratti narcisistici
  • Negazione della sofferenza e dell’ingiustizia
  • Irresponsabilità
  • Comportamenti tipici dell’infanzia
  • Eccessivo idealismo

Le persone che manifestano la sindrome di Peter Pan sono in prevalenza uomini, quasi sempre non si rendono conto di soffrirne e spesso accusano anche altri disturbi come ansia, sbalzi d’umore e sintomi psicosomatici.

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Sindrome di Peter Pan: non c'entra col bambino interiore

Nell’ambito della psicologia analitica, Marie-Louise Von Franz, storica collaboratrice del fondatore Carl Gustav Jung, ha parlato del fenomeno dell’uomo come eterno bambino nel 1989, nel libro “L'eterno fanciullo, l'archetipo del Puer aeternus”. Questo testo, analizzando il famoso racconto  “Il Piccolo principe”, mette in luce gli aspetti infantili che permangono in noi anche da adulti: per questo il puer (fanciullo) è considerato un archetipo, cioè un’immagine inconscia collettiva dell’umanità, la quale si ritrova in ogni tempo e in ogni cultura. È importante quindi non contrastare quei lati infantili che caratterizzano l’uomo a ogni età e che gli permettono di esprimere creatività, energia, immaginazione, inventiva e coraggio, come ben delinato da Giovanni Pascoli con la sua poetica del fanciullino.

Il problema psichico si pone quando questa tendenza a manifestare caratteristiche infantili esce dai suoi naturali confini e la dimensione ludica diventa fine a se stessa, impedendo l’evoluzione della persona, che rimane ingabbiata nei comportamenti regressivi tipici della sindrome di Peter Pan.

Come si cura la sindrome di Peter pan

Che cosa consiglia Von Franz per abbandonare questa perenne “isola che non c’è”? Per prima cosa, occorre separarsi da tutte le convinzioni e le sicurezze che si crede di avere per aprirsi al nuovo che ci circonda. Ciò si fa innanzitutto costruendo l’indipendenza, distaccandosi cioè da figure famigliari spesso invadenti le quali, inconsapevolmente, si alleano proprio con gli aspetti infantili del Peter Pan, anche quando apparentemente li criticano: ad esempio, pur lamentandosene, si sostituiscono spesso a lui nei compiti che rifiuta di compiere.

Per compiere questo viaggio verso l'autonomia, è fondamentale incontrare la propria Ombra, in altre parole fare spazio ai lati della personalità che ci caratterizzano, ma che non vogliamo riconoscere o che addirittura neghiamo con forza. Solo in questo modo sarà possibile accettare che nella vita esistano anche la sofferenza, l'abbandono, il fallimento e che per vivere relazioni sociali autentiche si devono accogliere tutte le emozioni che suscitano in noi e quindi anche rabbia, paura e tristezza.

Attraverso questi passaggi, la persona inizierà a rimettere i piedi nel mondo reale e, imparando ad assumersi sempre più responsabilità, abbandonerà quell'egocentrismo patologico che caratterizza chi soffre della sindrome di Peter Pan. Infine è importante ricordare come l’immaginazione, fondamentale anche da adulti, vada sempre distinta dal mondoreale e non fusa con esso: immaginazione e realtà hanno due funzioni ben diverse e vanno considerate differenti, per non rischiare di perdere di vista la propria autenticità, all'inseguimento di un ideale inesistente.

Ho un Peter Pan in casa: che faccio?

Come comportarsi se abbiamo un Peter Pan in casa? Questa sindrome può essere un grande ostacolo nella vita di coppia e portarla vicino a una crisi, ma ci sono regole che si possono adottare per impedire al “bambinone” che abbiamo al nostro fianco di fare troppi danni. La prima è respingere ogni tentativo di colpevolizzazione: chi ne soffre tende a sgravarsi facilmente di ogni responsabilità attribuendole regolarmente al mondo esterno, al partner, ai genitori, ai colleghi agli amici. Tutti, tranne lui. Questo tentativo va stoppato con fermezza: a ognuno le sue responsabilità. In secondo luogo, non dobbiamo mai sostituirci a lui nei compiti che deve svolgere, anche se questo gli creasse delle difficoltà. Infine, non nascondergli il fatto che la sua condotta è un problema psicologico importante di cui prendere atto: farsi aiutare può essere il primo comportamento “maturo” del Peter Pan.

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