Alzheimer: dalla parte dei familiari di chi soffre
L'aiuto pratico

Alzheimer: dalla parte dei familiari di chi soffre

L’Alzheimer è una malattia che impatta sia sulla vita del paziente sia su quella dei suoi cari: ecco qualche indicazione per aiutare chi sta vicino ai malati

La malattia di Alzheimer è una malattia che non colpisce soltanto la persona che la sviluppa, ma l’intera famiglia: nel giro di pochi anni i famigliari devono organizzarsi per assistere il congiunto malato e allo stesso tempo osservare come la persona che amano stia diventando col tempo irriconoscibile. Tutto ciò, oltre che a livello materiale e organizzativo, incide profondamente anche sul piano psicologico ed è per questo che è importantissimo sostenere psicologicamente i famigliari dei malati di Alzheimer, le vittime secondarie di questa sindrome.

Alzheimer: cosa provano i familiari

Ecco le più comuni dinamiche interiori che emergono dalla scoperta della malattia di un proprio caro.

  • Rifiutarsi di credere alla diagnosi di Alzheimer e a ciò che comporta. È una reazione iniziale del tutto normale, all’insegna di un rifugio dalla cruda realtà: si ha bisogno di tempo per metabolizzare la notizia ed essere pronti mentalmente per affrontarne le conseguenze. Se persiste in durata e intensità, però, diventa dannosa, in quanto può portare da un lato a continue visite di accertamenti pensando che il medico si sia sbagliato, e dall’altro al disinteressamento degli esiti reali.
  • Iper-attivismo: con il passare del tempo e una maggior consapevolezza riguardo alla malattia può emergere l’ansia di essere sempre indaffarati, sia per non pensare alla situazione che si sta vivendo, sia per cercare di proteggere il più possibile il paziente, sostituendosi a lui nel fare ogni cosa. È meglio, però, lasciare che la persona malata di Alzheimer continui a svolgere le attività in cui ancora riesce, sia per non farla sentire incapace, sia per farle mantenere il più a lungo possibile le capacità residue.
  • Rabbia: la situazione stressante, la frustrazione, il continuo investimento di energie per aiutare il paziente può far nascere un sentimento di rabbia, contro se stessi perché ci si sente impotenti, e contro la persona malata, la quale ha comportato un cambiamento di vita anche negli altri. È quindi utile percepire e accettare la rabbia: ciò aiuta a capire che quel che ferisce non è la persona, ma il suo comportamento (non intenzionale e derivato dalla malattia).
  • Senso di colpa: spesso succede che il sentimento di rabbia sia accompagnato dal senso di colpa, magari per aver perso la pazienza con il malato, per non avergli dedicato abbastanza tempo e attenzioni quando stava bene o per preferire che se ne occupi qualcun altro. L’accettazione di questo sentimento è importante, perché aiuta il famigliare a riconoscere i propri limiti rispetto alla situazione creatasi e a capire che la malattia si è sviluppata indipendentemente da chiunque.
  • Accettazione: Il processo di accettazione della malattia consiste nel prendere consapevolezza delle difficoltà e dei cambiamenti che essa porta, sia nel paziente sia nell’ambiente famigliare, e che non si può tornare indietro. Dalla maturazione di tale consapevolezza prende avvio una ristrutturazione delle dinamiche familiari le quali devono diventare funzionali alla cura domiciliare del malato e anche una maggiore regolazione di propri vissuti emotivi.

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Famigliari: come aiutarsi e farsi aiutare

Per evitare il crollo psicologico e per non farsi sopraffare dalle nuove responsabilità è opportuno seguire alcune regole base.

  • Non comportarsi da eroi, soprattutto se la famiglia del malato di Alzheimer è poco numerosa o addirittura se si è l’unico parente rimasto: esistono servizi di cure domiciliari, centri diurni integrati e residenze sanitario assistenziali per anziani. Rivolgersi a questi centri, magari indirizzati dal medico di fiducia, vi aiuterà a gestire al meglio il congiunto, offrendogli la migliore assistenza psico-fisica possibile.
  • Fate partecipi delle vostre esperienze e delle emozioni provate, le persone a voi vicine o i professionisti del campo. Nascondere tutti i problemi e le difficoltà può essere quasi impossibile: la condivisione e il confronto, specialmente con chi vive la stessa situazione, aiuta a riconoscere come normali le proprie reazioni e aiuta a rilassare la mente, sviluppando un atteggiamento positivo.
  • Ricercate informazioni, rivolgetevi ad esperti del settore e accettate suggerimenti per capire come cambierà il vostro ruolo e come occorre comportarsi per assistere al meglio la persona malata con serenità ed efficienza. Non aver paura o vergogna di chiedere aiuto e farsi rispiegare se non si hanno capito dei passaggi, magari prendendo appunti scritti, sono semplici raccomandazioni che in breve tempo aiuteranno a far diventare sempre più disinvolta e naturale la cura del paziente.
  • I gruppi di auto-aiuto specifici per chi assiste un malato di Alzheimer rappresentano un'occasione preziosa di condivisione di problemi e di ricerca di soluzioni. Oggi anche grazie a internet è possibile trovare agevolmente le sedi di incontro dei gruppi di auto-aiuto presenti sul territorio.
  • Non dimenticarsi della propria vita e degli altri membri della propria famiglia è un fattore fondamentale per non farsi alienare dall’assistenza al malato e per non farsi sopraffare dalle incombenze. Ritagliarsi ogni giorno del tempo per se stessi, per i propri amici e per i propri cari, aiuterà a ricaricare le energie e a non cedere psicologicamente. Non è egoismo e organizzandosi si riuscirà a trovare un buon equilibrio con la presa in carico del paziente.
  • Dal punto di vista legislativo vi sono delle leggi che tutelano chi assiste una persona con malattia di Alzheimer. La legge 104/1992 riconosce ai familiari delle persone con gravi disabilità tre giorni di permesso lavorativo retribuito al mese. Per poter usufruire di questi permessi è necessario che il familiare sia un lavoratore dipendente, coniuge, parente o affine entro il terzo grado del paziente a cui sia stata riconosciuta la disabilità.

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