Nostro figlio sta vivendo una vera e propria crisi di rabbia: quali sono i comportamenti corretti e le parole giuste da dirgli perché possa ritrovare la calma?
Gli adulti pensano all’infanzia come a una fase della vita spensierata e gioiosa nella quale i bambini sono più o meno liberi di fare ciò che vogliono. Certo ci sono l’asilo, la scuola, le regole, i corsi, ma bene o male la vita, a quell’età, dovrebbe essere serena, priva delle responsabilità e delle preoccupazioni che caratterizzeranno l’esistenza nei periodi successivi. Riflettendoci bene, le cose non stanno proprio così: certamente l’infanzia è per lo più un momento felice, ma di libertà ce n’è davvero poca. A decidere tutto sono i genitori o chi ne fa le veci e ciò è inevitabile: orari, cibo, vestiti, televisione, giochi, non c’è ambito della loro vita nel quale la mamma e il papà non abbiano in fondo l’ultima parola. Tutto questo contrasta con i desideri, le pulsioni, gli istinti dei bambini i quali, specialmente se piccoli (2-5 anni) vorrebbero cominciare a decidere da soli: man mano che crescono si sentono più sicuri, sanno bene quello che vogliono e tollerano malvolentieri i limiti che l’educazione e la vita in società impongono loro.
Le età più a rischio
I momenti “pericolosi” sono tutti quelli nei quali i grandi “impongono” la loro autorità: sedersi a tavola, lavarsi, andare a scuola, tornare a casa. In quei momenti, i nostri figli hanno sempre qualcosa di più interessante da fare.
Avvertiamoli un po’ prima del “cambio di scena”. I bambini percepiranno in modo meno imperativo la nostra richiesta.
Ogni reazione dipende dall’indole, ma anche dallo “stile” relazionale che percepiscono in casa e negli ambienti che frequentano, come asilo e scuola. L’atmosfera in famiglia o in classe può facilitare o al contrario inibire l’espressione della rabbia. È preferibile che il bambino si senta libero di esprimere ciò che prova, anche se lo fa in modo esasperato… ed esasperante!
Il bambino, in quei momenti, non ha il controllo di sé e pertanto non comprende il senso di una punizione. Al contrario, punendolo si rischia di rendere la frustrazione ancora più acuta e la rabbia incontrollabile.
Fare finta di nulla
Ignorarlo equivale a dirgli: “In questi momenti tu è come se non esistessi”. Si sentirebbe solo, incompreso e… sbagliato e con ogni probabilità vivrebbe la prossima crisi in modo ancora più intenso, per farsi sentire a ogni costo.
Spiegare troppo
Dare spiegazioni nel momento in cui il bimbo è “preda” della rabbia è fiato sprecato: in quel frangente la sua capacità di ascolto è scarsissima. E farlo più tardi? Il momento è terminato, i bimbi vivono nel presente e le parole dette a crisi passata avrebbero un effetto del tutto superficiale.
Rimaniamo vicino a lui e lasciamo che si sfoghi. In genere, le crisi durano qualche decina di secondi, al massimo pochi minuti: stiamo con lui (o con lei) in silenzio e lasciamo che la rabbia si sfoghi. Senza cedere alle sue richieste, senza alzare la voce, a nostra volta, semplicemente aspettando, dandogli, però l’impressione di essere ben presenti. Se la situazione lo consente, quando percepiamo che l’ira sta sbollendo (non prima) abbracciamo il piccolo senza dire molte parole. In quel momento lui ha soprattutto bisogno di calore e affetto, di percepire che è amato e accolto proprio quando manifesta i suoi lati meno dolci.
Esistono situazioni particolari nelle quali questi atteggiamenti rabbiosi permangono nel tempo, compaiono all’improvviso in una fase di età diversa da quella tipica di insorgenza o diventano uno dei comportamenti “abituali”. Senza allarmismi, chiediamoci se c’è qualcosa che disturba in modo significativo la vita di nostro figlio. Di solito alla base ci sono: la “lotta” con i fratelli/sorelle per l’amore di mamma e papà, difficoltà a scuola o all’asilo, con le maestre, ma più probabilmente con i compagni, che non riesce a esprimere direttamente ai genitori. Indaghiamo senza porre domande dirette, ma facendogli capire che siamo sempre disposti ad ascoltarlo, che ci sembra che sia un po’ più triste del solito e che se vuole parlarci noi ci siamo, sempre.