Smetti di dirti che non vai bene

La chiave della felicità risiede nell’accoglimento degli stati interiori, soprattutto i dolori: se non li combatti, favorisci il parto di una uomo o una donna nuovi e spazzi via ogni sofferenza

Tante, troppe persone passano gran parte del loro tempo a criticarsi, a dirsi che il loro carattere o un lato di esso non è sano, a ribadire che così come sono non vanno bene. Ogni volta che pensano alle loro ossessioni, fobie o paure, si forma un dolore. Vorrei parlare di questo dolore, perché ci porta via anni di vita, di gioie, di felicità che ci spetta e che ignoriamo.

Non soffriamo per gli altri, ma perché stiamo partorendo

Non soffriamo perché non andiamo bene, ma perché dentro di noi è racchiusa una donna, un uomo, un personaggio che vuole venire alla luce, vuole emergere, e noi spesso lo ricacciamo indietro. Quel personaggio è la nostra unicità, la nostra diversità, ciò che siamo nel profondo. Quando qualcuno ci lascia, siamo convinti che il dolore sia provocato dall’addio, da quella persona che si allontana. Il dolore in verità fa scattare il desiderio inconscio di ritrovare un lato di noi nascosto, profondo, unico. Il dolore che proviamo non viene per dirci che siamo sbagliati, ma per annunciare il parto di qualcosa che sta nascendo in me.

Star bene si può!

La redazione di Riza Psicosomatica riceve moltissime e mail ogni giorno e devo dire con gioia che leggo quotidianamente storie di persone che stanno meglio dopo aver seguito i nostri consigli, i miei e quelli degli altri esperti che lavorano all’Istituto Riza di medicina psicosomatica e che scrivono sulla rivista: è una testimonianza importante per il nostro lavoro, ci ricorda che si può stare bene velocemente, anche dopo un lutto atroce, anche dopo un addio improvviso, anche dopo un trauma che sembra insopportabile.

Via dalle cause ritrovi la felicità

Soffermarsi sulle cause del dolore allontana dalla felicità: questo numero di Riza Psicosomatica è tutto dedicato alle tecniche psicologiche più efficaci per raggiungerla. La prima, la più importante è dirsi: io sto soffrendo in quanto sto spazzando via il personaggio che c’era in me, la persona prigioniera della abitudini, degli attaccamenti, la persona identificata in una storia, in una relazione, in un amore. Non soffro per lui o per lei, ma perché si stanno rompendo le acque dell’anima, per partorire il nuovo me che viene alla luce. Per farlo, è necessario che io non giudichi quel che accade. Occorre “dire” al dolore: vieni da me, io ti accolgo e aspetto. Quel dolore favorirà il parto di un nuovo me. In questo numero tutti gli autori hanno analizzato storie di successo, storie di persone che dopo un grande dolore sono rinate e hanno messo in campo nuovi modi di essere, creatività sconosciute, raggiungendo risultati che credevano impossibili. Ce l’hanno fatta loro, può farcela chiunque. Buona lettura! 

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