Molti credono che la causa del proprio malessere sia il lavoro, ma trasformarlo in un chiodo fisso lo fa diventare un alibi: ne esci così
Ci scrive Federica: “Faccio un lavoro che non mi piace, non mi sento realizzata. Ma il problema è che non so cosa voglio fare. E sto male, mi dico di non pensarci ma poi ci penso di continuo. Cosa fare quando i pensieri diventano ossessioni?"
Molti pensano che il lavoro sia la causa del proprio star male. Certo, in alcuni casi estremi, ad esempio quando c’è mobbing, è vero. Ma in generale è l’approccio a essere sbagliato: quando stiamo male non è mai per una causa esterna, ma perché siamo come una pianta che non fa il suo fiore. E non dipende dall’esterno ma dal rapporto con noi stessi. Concentrarsi sulle cause per correggerle ci farà solo girare a vuoto: i disagi non hanno cause, hanno invece un destino, un percorso che ci spingono a intraprendere. Del resto se davvero Federica volesse cambiare lavoro l’avrebbe già fatto. Invece rimane lì. Starà forse meglio dicendosi: “Faccio un lavoro che non mi piace, devo fare qualcosa!” e ripetendolo ottanta volte al giorno? No. L’aiuterà a cambiare? No. L’anima non ragiona così, non capisce questo linguaggio. Come puoi dire ai pensieri: “Non venite più»? È come dire a un uomo di stare con te se non vuole starci. impossibile. Non è quella la partita. La vera partita è invece a fare un’altra cosa: stare con te in un modo diverso.
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Il seme della rosa fa la rosa. E se non fa la rosa è una rosa abortita. Il peggio che può capitare. Noi siamo nati per fare qualche cosa che ci caratterizza. Federica è nata per fare Federica. Non un’altra, non una qualsiasi. E Federica deve fare il suo lavoro. Ma come si fa a capire che tipo quale tipo di lavoro fa per noi? Non lo si deve capire, ecco il punto. La rosa non vuole capire com’è fatto il suo seme. Eppure il suo seme sta facendo la rosa. Qualcosa sta facendo Federica. Come? Ad esempio mandando le mestruazioni ogni ventotto giorni. È una cosa di una complessità tale che non si può immaginare: il cervello antico crea Federica ogni ventotto giorni e rifà tutto il femminile. Davvero pensiamo che non sappia trovare il lavoro giusto per lei?
Come vanno prese allora le decisioni? Senza di te! Tu puoi diventare il vero ostacolo, i tuoi lamenti, i tuoi obiettivi, le tue convinzioni. “Questo lavoro non va bene perché non è abbastanza prestigioso, cosa penseranno di me, forse quell’altro va meglio, ma se poi non sono all’altezza? Se fallisco? Devo sforzarmi! E se non è quello giusto?”. Così non ne esci più. Una ghianda non chiede il permesso per fare la quercia. La fa. Nessuno spiega all’ape come fare il miele. Nessuno spiegherà mai a Federica come fare Federica. Nel silenzio, qualcosa sta facendo Federica. La fa! E decide da solo che cosa è funzionale. Di volta in volta. È questa la sua unicità. È solo a questo che deve stare vicina.
C’è una Federica che continua incessantemente a essere creata. Ma qual è? Quella del nucleo che le manda tutti gli stati d’animo, o quella imbrigliata nei dubbi acquisiti dall’esterno? Finché farà stare in campo la seconda, la prima non potrà entrare. Cosa fare allora? Semplice: arrivano i pensieri ossessivi? Percepisco dentro di me che ci sono questi pensieri e li tengo con me. Non li combatto. Facendo così, velocemente sfumano perché la psiche non è statica, è come il vento, un soffio in cui tutto si muove di continuo. Uno stato emotivo ritorna solo se siamo noi a farlo tornare. I pensieri ossessivi diventano invalidanti perché tu non li vuoi. Cosa interessa all’anima? Che tu percepisca. Se lo farai, tuto quello che “ti spetta” arriverà…