I conflitti interiori ti fanno star male ma liberarsene non è impossibile: per farlo, comincia a smettere di dirti come dovresti essere
Vi parlo del nuovo numero di Riza Psicosomatica, ringraziandovi per le tante email che arrivano in redazione e per l’interesse con cui seguite ciò che scriviamo sui nostri mensili. Il titolo del numero attualmente in edicola si ispira a molte delle frasi che spesso diciamo a noi stessi: “Non mi vado bene”, “Non mi piaccio”, “Ci sono cose di me che non vorrei più vedere, cose di me che mi disturbano, cose che non dovrei più fare”. Qualcuno ad esempio dice che vorrebbe separarsi e non ci riesce e per questo è pieno di sensi di colpa e di conflitti. C’è una lunga indagine sul numero in edicola, ed anche un test per scoprire quanto non ci andiamo bene, fino a che punto.
L’altro ieri una signora mi diceva: "I miei primi anni di vita sono stati brutti, mio papà è andato via da casa presto, mia madre era tormentata, sgridava sempre me e i miei fratelli". Io le ho detto: "Chiuda gli occhi, immagini una scena felice della sua infanzia". In un attimo le è partito un sorriso e quel sorriso contrastava nettamente con l’idea di un’infanzia infelice. Anche nei momenti difficili c’è sempre qualcosa di noi che è pronto a sorridere. Poi questa signora mi ha detto una frase che mi ha fatto arrabbiare: "Sa, i primi anni di vita sono decisivi, i miei primi anni di vita non sono andati bene, ed è per questo che non vado ancora bene anche oggi che ho più di 40 anni".
Molti psicoanalisti avevano sposato questa tesi, che l’infanzia sia l’epoca decisiva della nostra vita, e devo dire che molti giornalisti, nonostante io affermi sempre l'esatto contrario (lo ribadisco in tutti i miei libri e su Riza Psicosomatica ogni mese), mi chiamano per dirmi: "Siamo sicuri che lei pensa che i primissimi anni di vita, 2-3-5 anni massimo 7 anni siano decisivi". Io non penso affatto questo. Penso piuttosto che abbiamo perso una cosa importante: la saggezza antica.
Chiariamo bene una cosa: gli antichi conoscevano le leggi dell’interiorità molto meglio di noi. La modernità ci ha portato il progresso, la tecnologia: non ci ha portato la saggezza. Un grande saggio dell'ebraismo sta per morire. Un suo allievo gli domanda: “Come pensi che sarà il mondo a venire, il mondo dove andrai tu adesso che morirai”. Lui risponde: “Stai zitto, lasciami sentire"; "Ma cosa stai ascoltando?”; "Delle persone, lì, stanno parlando di fisica"; "Ma cosa t'importa, stai per andartene”. "Lasciami sentire, non vorrei che perdendo le loro parole adesso, io non potessi portarmele dentro l’eternità. Non vorrei che se in questo istante di vita io non sto attento, io non possa prendere qualcosa che mi potrebbe servire anche nei prossimi minuti di vita”.
I grandi maestri ebrei dicono: “Un’ora di vita è vita”. Come puoi dire che se i primi 2-3-7-10 anni di vita sono stati anni tormentati, ciò significa che la tua vita sarà sempre tormentata? Sapete qual è l’errore clamoroso che noi facciamo? Contestare il nostro carattere e cercare di migliorarlo, di predisporci continuamente a giudicare ciò che abbiamo fatto. Il nostro carattere è la nostra impronta. Gli antichi non giudicavano moralmente il carattere. È stato poi il cattolicesimo che ha incominciato a giudicare i modi di essere: tirchio, impulsivo, tenebroso, avido, introverso, tutte caratteristiche che riguardano ciascuno di noi. Dobbiamo rispettare quelle caratteristiche. Oggi piace dire questa frase idiota: “Ho un carattere solare”. Sarebbe come dire che una pianta dovrebbe stare sempre alla luce: in realtà morirebbe. Un carattere solare: cos’è? È uno che ride sempre, parla sempre, è sempre contento, è sempre loquace. Nelle mail che voi mi mandate, invece, c’è sempre una cosa che caratterizza il vostro benessere: imparate a stare con voi stessi senza dirvi che le cose devono cambiare.
“Dottore, voglio separarmi da mio marito, ho deciso, anzi viviamo già abbastanza separati, e lui mi stalkerizza"; “Signora ma perché non lo denuncia?”; “No ma non è così aggressivo, ma io sono tormentata, ho un carattere che se la prende per tutto e penso a mio figlio che ha 3 anni. Che cosa mi dirà quando ne avrà 10? Che io l'ho fatto staccare da suo padre”. Sapete cosa inibisce più di tutto le nostre scelte? L’idea che non andiamo bene. Rispetta tutto ciò che capita dentro di te e che ti appartiene, non cercare di cambiarlo e tutte le volte che percepisci pensieri negativi, ricordati che sei stato proprio tu a farla e che quella persona dentro di te che voleva farla la sa più lunga di te. Non siamo noi a condurre la nostra vita, è condotta da un sapere silenzioso che difficilmente sbaglia: ricordiamolo sempre. Buona lettura.
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