VIDEO Disagi e fallimenti: è giusto dare la colpa ai genitori?

Spesso in psicoterapia la responsabilità di un destino viene attribuita al padre o alla madre del paziente: vi spieghiamo perché non è così

Buongiorno, sono la dottoressa Chiara Marazzina, psicologa e psicoterapeuta, lavoro al Centro Riza di medicina naturale e oggi vorrei commentare una citazione di Carl Gustav Jung, che a mio avviso è molto interessante e che può essere spunto di grandi riflessioni.

La terapia inizia sostanzialmente, realmente e soltanto nel momento in cui il paziente vede che non è più il padre e la madre a intralciarlo, ma lui stesso, ossia una parte inconscia della sua personalità, che ha assunto e continua a interpretare il ruolo di padre o di madre. Ma chi è che gli si oppone dentro di lui? Che cosa è questa parte misteriosa della sua personalità che si è nascosta dietro alle immagini del padre e della madre?

Siamo i genitori di noi stessi

Quante volte in psicoterapia mi capita di sentire che un padre e una madre sono responsabili di un destino: “Ah se mia madre fosse stata più affettuosa...”; “Se solo mio padre fosse stato più presente...”. Ecco, in realtà a un certo punto della vita è bene ammettere che siamo noi i genitori di noi stessi e che se qualcosa non va in porto oppure non riusciamo a perseguire un progetto, un obiettivo che ci siamo posti vuol dire che c’è qualcosa dentro di noi che resiste a che quel qualcosa accada.

Non esistono cause esterne

Quindi è sbagliato pensare che la causa dei nostri problemi sia esterna; anzi, questo atteggiamento non fa altro che cronicizzare delle situazioni di stallo, di stasi e di blocco. Quando siamo noi a prendere in mano le redini della nostra vita, allora tutto può cambiare, allora siamo noi i veri protagonisti. Quindi cosa si può fare quando qualcosa non accade? Bisogna interpellarci e capire quale sia l’aspetto che non rende sicuro il nostro "progetto". Occorre far pace con questa immagine di noi che ancora non conosciamo: cerchiamo di abbracciarla, di farla nostra, solo così possiamo rinforzarci ed essere all’unisono con tutta la nostra famiglia interiore. Allora sarà più facile perseguire quel progetto o capire che al contrario non fa per noi.

Diventa chi sei

Altri aspetti ci condizionano rispetto al mondo esterno e rispetto alla questione famiglia, quindi non solo un genitore che può essere stato manchevole. Un genitore può al contrario essere stato idealizzato, per cui senza il padre o senza la madre non riusciamo a fare quello che vorremmo. Ci ci sono due modi di vedere questo pensiero: da una parte la mancanza di una figura genitoriale (anche a volte quando siamo ben lontani da loro, o quando abbiamo creato una nostra indipendenza) ci impedisce di entrare in campo perché pensiamo: “Ah, se ci fosse mio padre lo farebbe meglio”. Dall'altra questo padre può essere visto anche da un altro punto di vista, cioè come un padre interiore, ossia quel lato saggio, antico che mi abita, che possiede un sacco di risorse e che, se io lo interpello, diventa un mio alleato e mi ricorda che queste risorse che io attribuisco agli altri in realtà sono presenti dentro di me e quindi in questo caso tutto può cambiare. All’interno di una consapevolezza di questo tipo non abbiamo più freni e quello che davvero è il nostro destino sarà più semplice da realizzare.

Articoli collegati
    Iscriviti alla newsletter RIZA e ricevi notizie e suggerimenti per prenderti cura di te!
    Test della settimana
    Test della settimana
    Quanto sei ansioso?