L’inquietudine non è un errore: è un richiamo profondo al cambiamento. Ascoltala, perché solo così ritrovi la tua vera casa interiore
Il nuovo numero di Riza Relax parla dell’inquietudine. Cosa fare quando arriva? Come ascoltarla? Viviamo in una civiltà costantemente preoccupata, ansiosa, che non conosce il silenzio interiore. L’inquietudine, però, per me è un tema fondamentale. È qualcosa con cui ho sempre avuto un rapporto profondo.
Quando arriva, sento che dentro di me c’è una spinta. È come se qualcosa volesse fare un salto, ma io non glielo permetto. È la mia anima che non accetta la quiete che conosco, che non si accontenta della tranquillità che ho costruito.
Spesso pensiamo alla calma come a uno stato fermo, immobile. Ma io credo che la vera calma non sia l’assenza di movimento, bensì uno sguardo diverso sul mondo, sull’infinito. È di questo che parliamo in questo numero: dell’inquietudine come passaggio verso un altro modo di vedere le cose.
Quando sbucci una mela, trovi la buccia, la polpa, i semi. Il seme è sempre lì, compresente. E sai cos’è l’inquietudine? È ciò che accade quando guardi solo la buccia o, a volte, solo la polpa. Ma dimentichi il seme.
Eppure è proprio il seme che contiene tutto. Può generare un albero intero. Dentro di te c’è una “semenza”, un principio vitale, che racchiude l’intero progetto del tuo essere. Ed è questa parte profonda che ti chiama. L’inquietudine è quell’appello.
Ricordalo: tu non sei il personaggio che ti sei costruito, non sei ciò che si aggrappa alle cose esterne. Dopo un tradimento diciamo: “La mia vita non sarà più la stessa”. Ma forse era la vita di prima a non andare. Dopo un addio ci convinciamo di non poter più amare. Ma sono solo illusioni.
Il vero rapporto è tra il seme e la buccia. Tra ciò che c’è di profondo e ciò che appare all’esterno. E l’inquietudine è proprio questo: il richiamo del profondo. Ma noi, invece di ascoltarlo, facciamo il contrario. Ci sforziamo di diventare “più calmi”, ma intendiamo “più fermi”. Come se la calma fosse paralisi.
L’inquietudine, invece, ti chiede di rivolgerti a qualcosa di più grande, di infinito, che vive dentro di te. Ti invita a guardare non l’oggetto singolo, ma il panorama. In me esiste un panorama, un insieme, e quando lo perdo inizio a vedere la vita come una somma di frammenti, di oggetti isolati. E così mi sento perso.
Mi dicono:
“Non ha mai attenzioni per me”, “Si dimentica gli anniversari”, “Non arriva mai con un regalo al momento giusto”
Certo, le attenzioni contano in una relazione. Ma prova a posare lo sguardo sulla tua semenza infinita, sul tuo principio femminile, e vale anche per il maschile, quella parte che può portarti verso una gioia di vivere autentica.
Se ti aspetti benessere da qualcosa o qualcuno all’esterno, sarà un benessere fragile, destinato a svanire. Ma se la gioia arriva dentro di te, inaspettata, senza programmarla… allora stai tornando a casa.
L’inquietudine arriva proprio per dirti che non sei a casa tua, che ti stai accontentando di abitare nella casa degli altri.
Buona lettura!