VIDEO Riscopri il tuo centro

I disagi, i malesseri sono un richiamo del Sè: non arrivano per tormentarti, ma per riportarti sulla sola strada che devi percorrere, quella della tua vera natura.

Oggi desidero parlarvi di un tema molto importante, quello del 'centro' della vista psichica. In psicologia si usa un termine per definirlo, il Sé. Io sono io, ho la mia vita, le mie emozioni, i miei sentimenti, mentre il Sé si declina in terza persona. Qualcosa in me è in terza persona.

Ada mi scrive per dirmi che la sua vita non va avanti, non accadono cose nuove.

"Forse il mio Sè non è contento di me? Perché non mi indica una strada da seguire?"

Renata dice:

"Non pensavo di stare così male. Non pensavo che il suo addio, l'abbandono mi creasse un dolore così forte, tanto difficile da sopportare. Perché il mio Sé non interviene e mi fa mettere l'anima in pace?"  

Spesso le persone reagiscono in modo adirato alle cose che accadono, come se una grande sfortuna si accanisse contro di loro. Ci chiediamo, come Ada o Renata, perché il nostro centro, il sé, non ci difenda.

Nei malesseri è racchiuso un messaggio del Sé

In realtà, io penso che molti dei disagi che proviamo siano proprio chiamate del Sé. Il Sé chiama, ma lo fa a modo suo. Vivendo sempre nel mondo dell'Io, del pensiero, non vediamo che dentro di noi esiste un altro occhio, qualcosa che procede diversamente. Chi ha superato dei dolori si accorge che mentre prima, al loro comparire, li vedeva solo come nemici, dopo essersi arreso e smesso di lottare, ha sentito nascere dentro un modo diverso di stare con se stesso, con gli altri, sul lavoro.

Il Sé è una presenza nascosta che non vuole essere vista: agisce nel buio, al contrario di ciò che facciamo noi, che siamo sempre in vista.

Mi scrive Maddalena:

"Per molto tempo ho combattuto con la mia solitudine. Un giorno ho cominciato a stare con la solitudine, senza oppormi e oggi questa condizione si è trasformata in un luogo dove sto bene. Ne ho parlato con le amiche e tutte hanno cominciato a criticarmi, a dirmi che non siamo nati per vivere da soli."

La solitudine di cui parlo è però un luogo nel quale mi affido a qualcosa che non conosco; così, il Sé comincia ad agire a mia insaputa e regala benessere. Ma non bisogna parlarne con nessuno.

Un amico misterioso cui affidarsi

Dobbiamo imparare a vivere come se avessimo sempre con noi un amico che non vediamo, tanto misterioso che sembra non esistere. Non ama i ragionamenti, ma è qualcuno cui posso rivolgermi dicendo: 'Io non so come fare, chiudo gli occhi. Fai tu.' Questo alleato detesta che io mi intestardisca a risolvere i problemi: lui ha l'energia per farlo, io no. Ed è un amico antico che vive fuori dal tempo: qualcosa che dal momento della fecondazione continua incessantemente a crearti.

Il Sè è il principio eterno di auto-creazione. Ogni dolore che ti manda è una doglia del parto che sta avvenendo dentro di te: se lo rifiuti, si cronicizza. Il Sé adora il gioco, la distrazione, detesta il rimuginiodei pensieri, desidera sentire una frase magica: 'Sta accadendo qualcosa in me e io sto guardando'. Nelle tradizioni più antiche, il Sé è rappresentato come un occhio: non quello con cui vedi il mondo, ma quello che presiede nel buio alla tua auto-creazione. Al nostro amico interiore, al nostro Sé occorre dire solo questo: 'Prenditi cura di me, io non farò niente'. Allora la sua forza scende in campo e si occupa di te.

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