Non senti più l'entusiasmo di prima? Ecco come reagire
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Non senti più l'entusiasmo di prima? Ecco come reagire

Se la gioia di vivere si eclissa, non rimpiangerla, ma fai spazio all'apatia che senti: sarà proprio lei a farti raggiungere un nuovo equilibrio e a ritrovare la gioia

Ci scrive una lettrice di Riza Psicosomatica.

"Ho un problema per me davvero inaspettato. A breve, inizierò un nuovo lavoro, che ho cercato io e di cui sono felice. Ho solo 34 anni ed è già la quarta volta che mi capita di affrontare un cambiamento del genere, ma rispetto al passato, c'è una differenza che mi spaventa. Non ho più entusiasmo, quell'ottimismo a prescindere, la spinta che ho sempre avuto le altre volte. Una voce dentro di me mi dice che non accadrà nulla di quel che mi aspetto sempre, cioè trovare finalmente il lavoro della vita, la famosa "svolta professionale". Sarà un'occupazione, con i suoi vantaggi e limiti, come in fondo è sempre stato tutte le altre volte che ho cambiato, mente io puntualmente mi aspettavo chissà cosa. Non mi riconosco: sono triste, mi viene spesso da piangere, vorrei rintanarmi in un guscio e stare lì. Forse dovrei smetterla di cercare nuovi stimoli? Non capisco cosa mi stia succedendo, anche perché in certi momenti, ed è la cosa più strana, penso che invece sia meglio provare quel che sento ora rispetto ai fuochi fatui del passato, destinati sempre a spegnersi".

Lara

La storia che racconta Lara è esemplare per comprendere come il rapporto con gli stati interiori sia determinante per il nostro benessere e di come sia facile cadere nel tranello di pensare che la salute psicologica dipenda dalla prevedibilità di quanto sentiamo e dal fatto che questo cambi il meno possibile: sono una persona entusiasta, lo dovrei essere sempre. Invece no, non è così.

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Non ti riconosci? Stai evolvendo

Lara, la nostra amica lettrice, afferma: non mi riconosco più e questo mi spaventa. Non ho mai voluto "sedermi" sugli allori della posizione professionale acquisita; appena un lavoro non mi andava più a genio, appena sentivo l'adrenalina calare, cambiavo strada e questo mi ridava subito entusiasmo e voglia di mettermi in gioco. Adesso invece la prospettiva del cambiamento (da me voluto!) non mi fa provare alcun trasporto, anzi mi sento triste perché credo che sarà solo un altro lavoro, come sono stati tutti quelli che lo hanno preceduto.

Quel che eri prima non tornerà

Per Lara, come per tutti, arriva un momento della vita nel quale gran parte di quel che credevamo acquisito, che pensavamo di sapere su di noi si scioglie come neve al sole. Di primo acchito ci spaventiamo e ci chiediamo cosa ci stia succedendo. Ebbene, questa cosa ha un nome, evoluzione, e per definizione questo temine indica qualcosa che cambia, muta, passa da un certo ordine a un altro. Senza che noi ce ne accorgiamo del resto, il nostro corpo mette in campo migliaia di cambiamenti impercettibili ogni giorno: certe cellule nascono, altre muoiono, la nostra forma cambia, anche se sembriamo identici a quelli di ieri. Accade anche nella psiche, fino a quando qualcosa che si stava già formando nell'ombra, un nuovo modo di essere, non viene alla luce e siamo costretti a prenderne atto.  Di primo acchito, ci ribelliamo ed è quello che ha fatto Lara, che fatica a cogliere il lato "positivo", maturativo del momento che vive. "Rivoglio la Lara di prima, questa non mi piace"! Non si può.

Fai spazio ai tuoi nuovi bisogni

Proviamo a ribaltare la prospettiva: e se quel che lei prova fosse l'inizio di un percorso di trasformazione che le vuole donare una consapevolezza nuova su se stessa e soprattutto sulle proprie aspettative? Se quella che oggi sta nascendo non è una persona triste o apatica ma solo una che vuole smettere di cercare affannosamente il lavoro della vita, la grande svolta professionale e che in nome di questa ricerca ha rimbalzato fino a ieri da un'occupazione a un'altra, invano? Se oggi emergessero in questa forma nuove necessità, più introspettive, contemplative, bisogni inediti che si fanno sentire e che andrebbero accolti come tali e non rifiutati come fastidiosi "corpi estranei"?

Mai combattere la tristezza

La stanchezza, le lacrime, la voglia di rifugiarsi in un guscio sono sentimenti antitetici rispetto al desiderio di buttarsi, rischiare, cambiare treni in corsa che fino a poco tempo fa occupavano apparentemente tutto il suo campo esistenziale. Ma non sono meno degni di "abitarla", sono solo diversi e hanno una funzione precisa, quella di farle trovare un nuovo equilibrio. Combattere questi stati emotivi equivale a rifiutare quel che di nuovo sta sorgendo dentro di lei e quindi prepararsi a soffrire molto di più, poiché non siamo noi a decidere le emozioni che proviamo, ma la nostra anima, la parte più profonda e autentica. Lara dovrebbe dirsi così: "C'è stato un tempo nel quale tutto quel che volevo era crescere professionalmente, avere nuove sfide da affrontare, raggiungere traguardi su traguardi. Oggi non è così: sono contenta del nuovo lavoro ma non mi aspetto da questo una rivoluzione nella mia vita. C'è dentro di me qualcos'altro che sta venendo alla luce e ora si presenta nella forma di questa apparente tristezza. Le faccio spazio dentro di me senza combatterla, senza cercare cause, aspettando di scoprire dove mi vorrà portare."

Un nuovo equilibrio, l'unico traguardo da raggiungere

Così dovrebbe comportarsi chiunque percepisca un simile cambiamento dentro di sé. Le emozioni che giudichiamo negative hanno spesso la funzione psicologica di equilibrare eccessive fughe in avanti, di placare gli entusiasmi furenti caratteristici della giovinezza, che spesso portano a cocenti delusioni. La loro presenza quindi non deve essere combattuta o interpretata come una depressione in atto, tantomeno farci mettere in discussione le scelte fatte o la vita di prima. Nemmeno rimpiangerla, però: le cose stavano così, ora sono diverse, si tratta solo di prenderne atto. Non è un caso che Lara, alla fine della sua email, scriva che, stranamente, le capita talvolta di pensare che questo nuovo modo di sentire sia meglio rispetto ai fuochi ardenti e di breve durata che hanno caratterizzato finora il suo rapporto con i nuovi lavori. Qualcosa dentro di lei ha già compreso il senso maturativo del cambiamento in corso. Assecondarlo accogliendo ogni emozione le farà trovare presto quella rotta che a torto crede smarrita.

andrea nervetti
Psicologo e psicoterapeuta, collabora dal 2001 con l’Istituto Riza di Medicina psicosomatica di Milano dove esercita la libera professione. Vice Direttore e Docente presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia a indirizzo psicosomatico dell’Istituto Riza. Membro del Consiglio direttivo della SIMP (Società italiana di medicina psicosomatica), scrive per le riviste Riza Psicosomatica, Antiage ed è responsabile del sito www.riza.it. Svolge anche attività libero professionale presso l'Istituto stesso e a distanza via internet. La scheda completa dell'autore
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