Liberati così dalle gabbie della disistima
Tu | fiducia in se stessi

Liberati così dalle gabbie della disistima

La convinzione di dover essere diversi da come siamo fatti è alla base di molti disagi e di tante incomprensioni, specie in famiglia: ecco come rimediare

Sandra, 50 anni scrive alla redazione di Riza Psicosomatica:

"Mi sento una donna frustrata e incapace: non sono una brava moglie, (mio marito soffre di depressione bipolare), non sono una brava madre (mia figlia ha un disturbo dell'alimentazione). Da un po' di tempo non vado d'accordo con mio marito, vuole sempre essere capito e dice che io non lo capisco mai, con lui sbaglio sempre, ha la capacità di farmi sentire sbagliata. I litigi purtroppo sono continui e mia figlia soffre. Mi colpevolizzo dello stato di salute di mia figlia, il problema sono io! Lo dice anche mio marito. Io non mi riconosco più, non so neanche chi sono e cosa voglio. Lui non fa che dirmi che sono cattiva, stupida, ma forse la verità è che sono diventata una delusa cronica che non è riuscita a metabolizzare le delusioni. Facciamo terapia familiare, faccio psicoterapia individuale e mi sento sempre più confusa. So solo che dipendo dagli altri, sono insicura e non mi stimo, cerco la serenità nelle persone che mi sono accanto e purtroppo così non starò mai bene. Solo quando sono istintiva mi sembra di toccare la mia natura, ma per gli altri non vado bene, soprattutto per mio marito dico e faccio cose che non vanno mai bene e così sprofondo."

La tua sofferenza non dipende dagli altri

Da cosa dipende davvero il profondo senso di frustrazione che Sandra vive? Dal marito? Dalle delusioni? Dai problemi della figlia? No: dipende dalle aspettative e dalle convinzioni, sugli altri e su se stessa. Da un lato attribuisce a se stessa la causa dei disagi di cui soffrono i suoi familiari, si sente incapace di comprenderli, pensa di essere sbagliata, incapace di rispondere alle loro esigenze. Dall'altra racconta che il marito la accusa costantemente di ogni nefandezza. Sandra ha dato al libro della sua vita il titolo di “Ingabbiata” e pagina dopo pagina ha scritto parole figlie di un ruolo nel quale si è intrappolata da sola: la donna che deve sostenere tutti, la donna “faro”, che deve indicare la direzione, fare da supporto a tutti, nella convinzione di “dover essere” quella che fa andar bene le cose. Di fatto non ha alcun riscontro positivo, non trova il consenso e l’approvazione degli altri: per quanti sforzi compia, viene continuamente sottoposta a giudizio e condanna. Non va mai bene ciò che fa, non va mai bene ciò che dice...

Se dipendi dagli altri, l'anima si ribella

Inevitabilmente, tutto questo manda in frantumi la sua autostima: si sente dipendente dagli altri, dai loro bisogni, dalle loro necessità e aspettative. Sandra, dimenticando la sua natura libera e istintiva, sentendosi in colpa e responsabile dei disagi che riguardano i suoi familiari, è entrata in un circolo vizioso di cura (terapia familiare e terapia individuale) che non porta da nessuna parte. Annientare la nostra identità convincendoci di poter essere altro, ci fa indossare sempre maschere e corazze, con le quali ci sforziamo di essere l'àncora di salvezza di tutti. Questo modo di presentarsi agli occhi del mondo “costantemente forti, bravi, capaci”, piano piano logora il nostro essere, che in realtà non ci richiede di essere perfetti, ma semplicemente “noi stessi”, con i nostri pregi e difetti, con le nostre difficoltà e virtù.

Nessuna guarigione senza l'istinto

La risposta al disagio di Sandra si trova in una frase che lei stessa scrive: “Solo quando mi sento istintiva sento di toccare la mia natura”. Da lì deve partire: riscoprire la propria unicità e comprendere che i disagi, i problemi dei suoi cari non dipendono affatto da lei. Il marito soffre di disturbo bipolare, una malattia complessa, che causa instabilità emotiva non solo alla persona che ne soffre ma anche alle persone che la circondano. Sandra non ne è responsabile e non deve quindi attribuire a se stessa i cambiamenti ciclici di umore del marito: non è Sandra a non comprendere il marito, semmai è lui a sentirsi costantemente un incompreso a causa della malattia. Lo stesso vale per la figlia, che va aiutata senza che questo imponga una vita dedicata "in esclusiva" a lei. Per superare il disagio che vive e il senso di colpa che la divora deve comprendere di essersi ingabbiata in uno stereotipo, in un “doverismo dittatoriale", nell'aver fatto “troppo” per essere perfetta agli occhi di se stessa e degli altri, per far funzionare le cose. La sola cosa che ha ottenuto è insabbiare la propria indole dando spazio alla frustrazione, alla disistima.

Per aiutare gli altri parti da te

Recuperare quei lati di sé che sono stati repressi e soffocati, potrà aiutare indirettamente anche la figlia che soffre di disturbi di alimentazione, perché la ragazza non avrà più davanti a sé un modello di donna sconfitta, ma potrà avere il supporto di una mamma diversa, più libera, più autentica, più felice. Per affrontare e superare il suo disagio, Sandra ha bisogno di vivere la sua vita in profondità, non in superficie, come un pesce deve vivere nella profondità del mare, lei deve andare nella direzione che le indica l'anima, quel soffio vitale che messo da parte per troppo tempo. Solo curando se stessa, il proprio benessere, cercando di dare più spazio a se stessa e ai suoi desideri, Sandra potrà scrivere le nuove pagine del libro della sua vita. Solo "offrendosi" a se stessa, potrà finalmente liberarsi dalla gabbia della disistima.

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