La pandemia da Covid 19 è un evento traumatico universale, che impatta sulle vite di tutti: cosa sapere sul disturbo e come affrontarlo
Nel corso della vita possiamo tutti essere esposti a eventi imprevedibili e che non possiamo controllare, i cui esiti possono impattare direttamente sull’integrità del nostro benessere psicofisico: conflitti, catastrofi naturali, non ultime le pandemie come quella da Covid-19 in corso. Il disturbo post traumatico da stress può essere innescato da un evento singolarmente occorso (come un incidente stradale grave), ma anche da accadimenti collettivi. Vediamone le caratteristiche generalie quelle specifiche ovvero quelle nelle quali è direttamente implicata la pandemia in corso.
Il disturbo post-traumatico da stress (Post Traumatic Stress Disorder, PTSD) è una patologia che può svilupparsi in persone che hanno vissuto l’esperienza di un evento traumatico, catastrofico o violento oppure che sono venute a conoscenza di un’esperienza simile accaduta a una persona cara. Si tratta di eventi che hanno implicato gravi lesioni, morte, minaccia di morte e dell’integrità fisica propria o altrui e che continuano a rimanere vivi nella mente sfociando in una serie di sintomi. Gli eventi che possono causare un disturbo post traumatico da stress in genere sono: la violenza sessuale, l'essere tenuti in ostaggio o incarcerati (come nei campi di concentramento), essere stati vittima di catastrofi naturali, terremoti, alluvioni, incendi, incidenti stradali, aver vissuto o assistito a gravi ferimenti, lesioni o morti violente, guerre o essersi trovati di fronte ad un cadavere o a parti di esso.
Il disturbo post-traumatico da stress presenta una sintomatologia molto articolata. La diagnosi può essere fatta se i disturbi persistono da almeno un mese e sfociano in una significativa compromissione delle attività sociali, lavorative e di altre aree importanti nella vita della persona. Secondo la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, per fare diagnosi di PTSD è necessario valutare la presenza dei seguenti criteri, che riguardano sia adulti, sia adolescenti sia bambini sopra i 6 anni:
Antefatti che possono innescare il disturbo
Tutti i criteri devono essere presenti da almeno un mese. Il disturbo deve causare un significativo disagio o disabilità in ambito sociale, lavorativo in altre importanti aree del funzionamento. Il disturbo non deve essere attribuibile all’uso di sostanze o farmaci o altra condizione medica. La diagnosi di disturbo post traumatico da stress non è semplice e per questo richiede una criteriologia così ampia come quella appena descritta; si tratta di una condizione di disagio mentale nella quale entrano in gioco molteplici fattori sia personali sia ambientali. Le persone manifestano, infatti, un diverso grado di suscettibilità e vulnerabilità alle condizioni di stress, in cui convergono diverse variabili come ad esempio le caratteristiche specifiche di un evento, il grado o la modalità di esposizione della vittima.
Come ha dimostrato il National Institute of Mental Health degli Stati Uniti, le persone che soffrono di disturbo post-traumatico da stress presentano una serie di sintomi che investono l’area emotiva e quella cognitiva: incapacità di controllare le emozioni, irritabilità, rabbia improvvisa o confusione emotiva, depressione e ansia, insonnia, evitamento di qualunque atto che li induca a ricordare l’evento traumatico. Un altro sintomo molto diffuso è il senso di colpa, per essere sopravvissuti o non aver potuto salvare altri individui. I sintomi riguardano anche l’area fisica e corporea: dolori al torace, capogiri, problemi, svenimenti gastrointestinali, emicranie, indebolimento del sistema immunitario.
Il disturbo post traumatico da stress è, come abbiamo visto, un grave malessere psicologico e fisico che si manifesta in seguito ad un trauma significativo. Ciascuno di noi, attualmente, vive un evento traumatico e minaccioso che ha assunto i caratteri della situazione globale: la pandemia da Covid 19. Come indica la parola stessa, una “pandemia” (dal greco pan e demos “tutto il popolo”), è un evento che riguarda tutta l’umanità, un evento traumatico di massa. Ognuno di noi di fronte a questo fatto ha dovuto sconvolgere la propria vita, le proprie abitudini, ci siamo dovuti confrontare con la privazione della nostra libertà, delle nostre certezze, e sperimentiamo un vissuto di minaccia pervasivo, che investe lo spazio e il tempo, tutti aspetti riferibili a un fatto imprescindibile: dobbiamo confrontarci con un nemico subdolo perché invisibile. Improvvisamente ci siamo ritrovati a essere persone senza volti, senza sorrisi, la nostra unica espressione possibile viene dagli occhi, da sguardi a volte impauriti, a volte pieni di speranza.
Questa situazione di convivenza con qualcosa di sconosciuto e invisibile ci rende inermi, dato che la minaccia è un evento esterno sul quale non siamo in grado di esercitare il controllo, ma la reazione ad essa è qualcosa di interno e può avere dunque importanti implicazioni a livello fisico e psicologico. La reazione è qualcosa di molto personale, che ha portato alcune persone a reagire chiudendosi in se stesse, altre a mettere in atto pericolosi meccanismi di negazione che si sono tradotti in atteggiamenti incuranti del pericolo in atto. La pandemia causata dal virus Sars Cov-2 ha messo a dura prova tutti noi, ma soprattutto gli operatori socio-sanitari che hanno dovuto fronteggiare l’emergenza nella prima fase in cui il virus era totalmente sconosciuto e non si avevano a disposizione gli strumenti per combatterlo. I carichi di lavoro hanno messo sotto pressione non solo il loro benessere fisico, ma soprattutto il benessere psicologico, per aver dovuto fronteggiare uno scenario oltre ogni possibile immaginazione. Queste condizioni hanno determinato gravi situazioni di stress negli operatori e nelle persone che hanno perso i propri familiari senza poter dire loro addio, senza poter compiere quei rituali che aiutano le persone ad affrontare un lutto.
Durante la prima fase dell'epidemia è stato effettuato uno studio in Cina che ha coinvolto 1.257 operatori sanitari che hanno assistito pazienti in reparti Covid-19. Dai dati emergono percentuali importanti di depressione (nel 50% del campione), ansia (44,6%), insonnia (34%) e stress (71,5%), con particolare severità soprattutto per infermieri e operatori di prima linea. Vittorio Lingiardi a questo proposito parla di condizione traumatica del soccorritore, con cui definisce un significativo stress psicofisico e una particolare forma di disagio che riguarda le relazioni di aiuto soccorritore-vittima, che mette le basi per l’insorgenza di un disturbo post traumatico da stress negli operatori socio-sanitari. Nel contesto delle nostre strutture ospedaliere sono state osservate tra gli operatori tendenze all’auto-isolamento per paura di contagiare i familiari, sintomi di disagio emotivo, insonnia, irritabilità, senso di colpa tristezza e i sintomi associati al disturbo post traumatico da stress.
Dall’altro lato è emersa una forte capacità di resilienza che ha portato queste persone e tutti noi a mettere in campo le proprie risorse per fronteggiare l’emergenza. Bisogna ricordare che gli eventi traumatici sono sempre accorsi nella storia dell’uomo sin dai suoi albori e hanno sempre avuto conseguenze sull’uomo. Già nell’Iliade di Omero si parla della sintomatologia del disturbo post traumatico da stress. Achille nel suo vissuto di guerra è portatore di una serie di sintomi riconducibili a questo disagio psicologico. Quindi non bisogna vergognarsi, bisogna chiedere aiuto e bisogna mettere in campo le armi di cui si dispone, le proprie risorse interiori, la capacità di adattamento propria dell’essere umano, il ricorso a quell’energia positiva e incanalarla in attività immaginative e creative che ci aiutano a modificare i nostri schemi mentali a volte troppo rigidi e stereotipati.