In ognuno di noi c’è un sapere innato che conosce le nostre vere inclinazioni, che sa qual è la nostra strada. Convenzioni, morale, modelli ce lo fanno perdere di vista. Ma la sua Voce non smette mai di chiamarci, spesso attraverso i disagi. Scopri come ascoltarla
C'è qualcosa dentro di noi che sa le cose prima che accadano. In fondo la psicologia è nata proprio per questo, per imparare ad ascoltare questa Voce, che non parla il linguaggio della mente. La nostra Sapienza Innata è il bene più prezioso che possediamo, ma la sua energia è spesso coperta dalle nubi del mondo esterno, dal fatto di doverci adeguare ai modelli, alla scuola, alle convenzioni, alla morale comune. Si finisce per credere che questa capacità non esista neppure. Quante persone mi dicono e mi scrivono: «Io non riesco a scoprire quali sono le mie inclinazioni». Eppure esistono… Sentite cosa mi scrive Ornella.
«Sto constatando in questi giorni quanto sia proprio vero che ognuno di noi è un seme che deve fare la sua pianta, ciò per cui è nato. Ho un nipote che a scuola ha sempre “zoppicato”, ha avuto difficoltà fin dalle scuole elementari e ha terminato il liceo solo grazie a una scuola privata di quelle dove si fanno tre anni in uno, tipo offerte del supermercato. Invece di studiare sui libri di scuola leggeva fumetti giapponesi a più non posso... Conclusione: giovedì prossimo si laureerà in lingua e letteratura giapponese all’Università La Sapienza di Roma. Quando ha potuto seguire la sua strada ha intrapreso, tra lo scetticismo di tutti noi familiari, questi studi difficilissimi e ha ottenuto degli ottimi risultati... Tra non poche difficoltà è riuscito a superare brillantemente anche gli esami in lingua araba che erano necessari per il proseguimento degli studi. Mi viene in mente la famosa frase di Einstein: “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido”. Con mio nipote insistevano tutti per fargli imparare il greco e il latino, invece lui era nato per studiare il giapponese e la cultura di questo popolo che lo ha affascinato da sempre!».
Ornella cita le parole di Einstein, che rendono bene il fatto che spesso conduciamo un’esistenza, e soprattutto siamo immersi in un atteggiamento mentale, che ci impedisce di vedere le nostre inclinazioni e i saperi che provengono dal nostro nucleo più profondo.
Il Daimon - così lo chiamavano i Greci - è colui che guida la nostra psiche e le nostre azioni verso il nostro destino, come è successo al nipote di Ornella. Mentre il mondo si ostinava a farne un perfetto scolaro, il suo Daimon cercava fin da piccolo il Giappone… La cosa peggiore è cercare di adattarsi a tutti i costi al mondo esterno: allora la nostra identità di superficie diviene l’unica sapienza che conosciamo e così finiamo per assomigliare a tutti gli altri e per credere di volere cose che non appartengono alla nostra evoluzione e che al Daimon non interessano.
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Ada (45 anni) mi domanda:
«Ma come si fa a sapere per cosa siamo destinati? Io non sento nessuna predisposizione, a parte il fatto che non sono soddisfatta della mia vita, non mi piace il mio lavoro, il mio matrimonio e neanche la mia famiglia di origine».
Che cosa bisogna fare? Il Daimon detesta i lamenti, non sopporta che gli si dica che cosa non va bene nella nostra vita. «Perché i miei amori - mi chiede Paola (38 anni) - non durano mai più di 4-5 mesi?». Il Daimon detesta i nostri progetti: adora la constatazione e l’insoddisfazione. Bisogna dirsi: prendo atto che i miei amori non durano. Non è un bene, né un male… E se il Daimon volesse amori di breve durata, perché il suo fine non è il matrimonio o la coppia che dura? E se lui vedesse il tuo destino in modo diverso da come lo vedi tu, che sei identificata nei modelli omologati?
Il Daimon manda i disagi per spazzare via la tua visione delle cose, della vita, delle relazioni. Ai miei pazienti insoddisfatti dico: non faccia progetti, prenda atto del dolore che prova e… non si dica niente. Anzi dica al suo Daimon: «Io aspetto qualcosa che venga da te, qualcosa che decidi tu. Io ti prometto che sarò il Nulla, che non mi dirò più niente, non mi accuserò per quelli che credo siano i miei errori. Non mi criticherò… e aspetto, senza aspettative…!».
Il Daimon ama che il nostro Io si svuoti, che i ragionamenti si diradino e allora e solo allora manifesterà, via via sempre di più, quelle che sono le nostre inclinazioni. Il Daimon è quell’acqua che serve al pesce di cui parlava Einstein: i fumetti giapponesi, le difficoltà scolastiche venivano, come avrebbero detto gli alchimisti, dall’Uomo Antico, dal Sapere Innato che abitava quel ragazzo e che, al di là delle convenzioni scolastiche, voleva ritrovare il Giappone che lo abitava. La sua incapacità e svogliatezza nello studio erano in realtà un segnale dell’anima, che non voleva adeguarsi ai modelli occidentali: il Giappone lo chiamava perché questo voleva il suo Uomo Antico, primordiale.
Molti esoteristi direbbero che forse in un’altra vita era stato giapponese, ma questo non lo sappiamo e non ci è neanche utile indagarlo. Quello che vorrei che si prendesse in considerazione è invece questo: quando nella vita ci accade qualcosa di spiacevole, quando un rapporto non ci piace, quando soffriamo per un lavoro che non sentiamo nostro, non dobbiamo intestardirci sul problema da risolvere, ma chiudere gli occhi, diventare sconosciuti a noi stessi, stranieri, sentirci altrove.
Bastano pochi istanti nella giornata… Il Daimon detesta i pensieri, adora il non intervento, la “non azione”, come ci hanno insegnato i Taoisti, perché vuole intervenire lui a nostra insaputa. Dobbiamo riconsiderare i nostri disagi: non dipendono da cause esterne, ma sono voci del Daimon che ci chiama. Solo a chi, giorno dopo giorno, svuota la mente dai pensieri, solo a lui le inclinazioni innate si manifestano. Il Daimon adora fare sorprese.
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