Raffaele Morelli: ansia e panico, cosa fare quando arrivano all'improvviso
L'aiuto pratico

Raffaele Morelli: ansia e panico, cosa fare quando arrivano all'improvviso

Quando ansia e panico ci vengono a trovare il punto non è tornare quelli di prima, ma seguirle nel percorso verso noi stessi

In psicoterapia si ritiene oggi molto importante che il paziente segua le proprie inclinazioni, i propri talenti. Può esserci felicità se non rispettiamo la nostra unicità? Rabbi Sussja in punto di morte esclama: «Dio non mi chiederà perché non sono stato grande come Mosè, mi chiederà invece: perché non sei stato Sussja?». Le parole del Rabbi sono una vera indicazione psicoterapeutica: non si può stare bene se non si segue la propria natura. Spesso accade al paziente che non sta percorrendo il suo cammino, perdendo talenti e capacità, di sentirsi depresso. Jung sosteneva che le nostre qualità, se non vengono utilizzate, si trasformano in nevrosi. Finché combattiamo la nostra indole, vivremo un conflitto con la nostra interiorità e non conosceremo mai la felicità, se non sotto forma di appagamento momentaneo. Spesso i disagi irrompono all’improvviso all’interno di una vita che ci sembra apparentemente perfetta: evidentemente non lo è per la nostra anima.

raffaele morelli

Vuoi ricevere in anteprima gli articoli del dott. Morelli?

Iscriviti alla newsletter di Raffaele Morelli: ogni venerdì riceverai un articolo del dott. Morelli, da leggere comodamente nel corso del weekend.

ISCRIVITI ORA

Senza disagi svanisce la gioia di vivere

Noi abbiamo un’idea unilaterale della felicità e la leghiamo sempre a obiettivi esterni. Associamo la gioia al successo, alla realizzazione dei desideri, dimenticando spesso che questi appartengono al mondo dell’Io. In realtà la gioia di vivere appartiene al mondo dell’essenza e compare soltanto via via che i pensieri vanno sullo sfondo. In questo senso il pensiero Taoista ritiene che la vera felicità appartenga all’embrione: quando l’identità è tutta centrata sull’essenza, quando ancora non esiste la razionalità. Le persone che pensano molto, che ragionano troppo, sono molto distanti dalla felicità, la quale arriva solo come stato spontaneo, naturale. Queste parole indicano molto bene che la felicità non si può programmare e che non appartiene al tempo conosciuto. In questo senso assomiglia al mondo del sogno, dove le immagini che compaiono sembrano durare ore, mentre invece sono frazioni di secondi.

L’anima ama il silenzio

Talora la realizzazione di se stessi e la felicità irrompono prima con dei disturbi: è il modo di dirci dell’inconscio che la vita che facciamo non corrisponde alla nostra indole.

«Sono una ragazza di 25 anni, e da circa 1 anno a questa parte mi è cambiata la vita. Un giorno, trascorrendo una vacanza in compagnia, decidemmo tutti di andare a cenare fuori, da quella sera tutto cambiò. Inaspettatamente arrivò un bell’attacco di panico, non so ancora bene per quale motivo, ma arrivò e da quel giorno non sono più la stessa persona. Ho sempre lavorato e amato stare in mezzo alla gente, in mezzo al baccano e non pensare a nulla; dopo quell’episodio è cambiato tutto! Ho cominciato a non mangiare più per paura che si ripresentasse la situazione, non ho più voluto uscire e frequentare amici. Sono circondata da paura, angoscia, ansia, delusione, tristezza… Per mia scelta non ho assunto farmaci e di questo sono felice, sarà un percorso lungo, ma sono sicura che ne trarrò vantaggio. Sono seguita da una bravissima psicologa che mi sta aiutando a uscire da questi miei “schemi mentali”, vorrei avere la bacchetta magica per far sì che tutto si sistemi nel minor tempo possibile, anche se, dopo tanto lavoro, ho capito che devo darmi tempo».

Le parole di Marzia segnalano molto bene che al giorno d’oggi tendiamo a vedere il disagio come un nemico e non come una voce dei lati più profondi del nostro inconscio. Abituati come Marzia a immaginare il frastuono come casa della felicità, ci dimentichiamo che più la nostra psiche diventa esterna, più è in balia di meccanismi mentali omologati, più riteniamo che siamo felici solo se stiamo in mezzo agli altri a fare baldoria e più ci allontaniamo dal Sé, che, come i sogni, vive nel senza tempo. Spesso il disagio viene proprio per ricordarci che siamo abitati da un’anima, la quale non può essere esclusa dalla nostra coscienza, se non al prezzo di gravi disturbi. Mi piace citare le parole di Steinsaltz: «Spesso la realtà dell’anima o i suoi messaggi si presentano alla persona non come una rivelazione, ma come un disturbo» (Adin Steinsaltz, L’anima, pag 72). In queste parole è tracciato il dramma della nostra epoca: solo in Italia abbiamo più di 12 milioni di persone che assumono psicofarmaci per l’insonnia, l’ansia, gli attacchi di panico, la depressione, le malattie psicosomatiche. Ritengo tutti questi disturbi collegati alla “perdita d’anima”, come diceva James Hillman. L’e-mail di Marzia è esemplare: lei vorrebbe, con una “bacchetta magica”, tornare quella di prima, dimenticando però, come accade a tutti i pazienti, che è stata quella mentalità, centrata solo sull’esterno e sul frastuono, a causare i disagi. Dovremmo rivedere la nostra visione della tristezza, che consideriamo un male da eliminare, quando invece è la voce della nostra profondità che ci richiama all’introversione, ad allontanarci dai fantasmi esterni. Una delle più grandi psicanaliste del mondo occidentale, Marie Louise von Franz, che ha pubblicato dei veri capolavori, raccontava che non iniziava a scrivere un libro se prima non provava, per alcuni giorni, un sentimento di inadeguatezza, di depressione, di vuoto, la sensazione di sentirsi un nulla. La sensazione di vuoto, così cara al pensiero Taoista, è un vero e proprio rimedio terapeutico per la nostra cultura che è sempre dominata dai pensieri.

Impariamo dai bambini

Se vogliamo conoscere la felicità associata alla spontaneità, bisogna guardare gli occhi dei bambini quando giocano. Sono silenziosi, si travestono, recitano tanti personaggi, abitano nel mondo delle fiabe. Quante volte abbiamo sentito i nostri piccoli chiedere: «Raccontami una storia». Gli occhi incantati e felici rivelano che c’è un mondo in cui il tempo svanisce. Forse la felicità è semplicemente una chiamata dell’Eternità, che si affaccia per qualche istante nella nostra coscienza. Il senso di meraviglia che proviamo quando vediamo un panorama, o una scena naturale che ci affascina, produce nel cervello modificazioni chimiche profonde: lo stupore cambia la percezione del tempo e porta la mente a sentirsi parte del cosmo. La meraviglia, che per Aristotele è ciò che fa nascere la filosofia, veniva cercata dai filosofi greci andando sulle colline per godere di una visione panoramica, contemplativa, tanto cara a Plotino. Forse la vera felicità è nello sguardo che si allontana dall’Io, che si perde nel tutto, che allontana i vecchi ricordi, i pensieri contingenti, le preoccupazioni personali. Non ci può essere felicità se non usciamo dal tempo e non impariamo a ragionare come quella “sostanza” così lontana dall’Io, che chiamiamo anima. Quando un paziente sta male, ha sempre in mente il suo problema, come se non esistesse altro. Il compito della psicoterapia è di fargli scoprire quel lato della coscienza che vede i tanti mondi che abitano la psiche, al di là del problema che lo attanaglia. Così, cara Marzia, il problema non è tornare quella di prima, ma amare con gioia la solitudine che il panico ti ha procurato. Guai a credere che la felicità sia chiassosa: anzi è il silenzio del feto, della gioia di vivere che lo abita, mentre sta crescendo e sviluppandosi nel liquido amniotico. Cosa sarebbe diventata la sua vita nel frastuono? Il baccano ci riempie di suoni che “strozzano” la nostra vera natura, che si ribella soffocandoci con il panico. Possiamo passare una vita intera tra le voci del mondo esterno senza mai trovare la nostra strada e sarebbe un vero peccato, perché avremmo fallito il destino della nostra unicità. Accogli il tuo stare da sola come una benedizione e poi torna pure in mezzo agli altri, ma centrata su di te e non sull’esterno.

Possiamo passare anni a inseguire le voci del mondo esterno senza trovare la nostra strada. Allora arrivano ansia e depressione, per farci vedere il destino della nostra unicità.

Vuoi raccontarci la tua esperienza, i tuoi dubbi, i tuoi successi? Manda una mail a raffaele.morelli@riza.it

raffaele morelli
Psichiatra e Psicoterapeuta. Fondatore e Presidente dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica, Direttore responsabile delle riviste Riza Psicosomatica, Dimagrire, MenteCorpo.
TAG
VMRIZANATIVESPONSORED
Articoli collegati
    Iscriviti alla newsletter RIZA e ricevi notizie e suggerimenti per prenderti cura di te!
    Test della settimana
    Test della settimana
    Quanto sei ansioso?