Pensiamo sempre che comunicare significhi solo parlare, ma non è così: scopriamo cosa si nasconde nei gesti e nelle posture, di chi ci parla
Negli anni ’60, lo psicologo Albert Mehrabian della UCLA di Los Angeles pubblicò alcuni studi di grande valore sul tema della comunicazione umana, in particolare sulla comunicazione non verbale. Mehrabian afferma che all’interno di una relazione, il canale verbale, le parole che ci diciamo, trasmette solamente il 7% del messaggio veicolato. In altri termini, secondo Mehrabian, il 93% dell’efficacia di un discorso è attribuibile alla comunicazione non verbale del mittente. Naturalmente, Mehrabian afferma che questo dato è valido in particolare quando parliamo di comunicazione di sentimenti e atteggiamenti (ad esempio simpatia-antipatia). Se questa regola riguardasse tutti i tipi di comunicazione, perché dovremo occuparci di studiare una lingua? Dopotutto, se le parole rappresentassero solo il 7% del messaggio comunicativo, non sarebbe più efficace utilizzare solo la mimica e i gesti nella comunicazione umana? Le cose sono più complesse.
La semiotica è la scienza che indaga la comunicazione non verbale mediante segni. Esistono diversi settori all’interno di questa scienza:
Naturalmente, la comunicazione non verbale è innata: prima che il bambino inizi a parlare, questo tipo di comunicazione è già presente in lui. Il bambino di poche settimane già sorride spontaneamente, ma quel sorriso è un riflesso non associato a un messaggio che il bambino vuole trasmettere. A partire dai 3 mesi, il sorriso del bambino diventa volontario e questa è una prima forma di comunicazione non verbale utilizzata dal piccolo. La comunicazione verbale, infatti, generalmente si manifesta a partire dai 12 mesi. Un'altra modalità comunicativa non verbale sono i gesti o il pointing, la cui prima modalità può comparire dagli 8-9 mesi: con il dito, il bambino indica una scatola di biscotto per chiedere l’aiuto dell’adulto. Successivamente, a partire da 10-12 mesi, il bambino può adottare un pointing dichiarativo con una finalità comunicativa più complessa indicando elementi dello spazio che vuole condividere con l’adulto (ad esempio, il bambino indica un aereo nel cielo perché vuole trasmettere l’eccitazione rispetto alla vista del velivolo con il papà). Per ultimo ci sono i gesti rappresentativi che possono comparire dagli 11-12 mesi: sono gesti che nascono nelle routine sociali del bambino, come salutare con la mano o fare no con la testa.
Se tutto quanto affermato fin qui è vero, significa che la comunicazione non verbale che accompagna le parole può rafforzare oppure contraddire il messaggio espresso: c’è qualcosa che non va quando esiste un conflitto tra il contenuto delle parole di una persona e la sua comunicazione non verbale. Ad esempio:
In queste situazioni, è fondamentale dare importanza alla comunicazione non verbale rispetto alle parole.
FAI ATTENZIONE ALLA POSTURA | Nel mondo animale, l’aggressività viene utilizzata come mezzo di protezione del branco ed è attraverso la postura che possiamo identificare “chi comanda”. È esattamente la comunicazione non verbale che trasmette quel messaggio. |
UTILIZZA BENE I GESTI | Se usati bene, i gesti servono per illustrare un discorso, enfatizzare un punto di vista e trasmettere fiducia per attirare l’attenzione dell’interlocutore. Presta attenzione se sono legati al tuo discorso o se stai solo passando messaggi incoerenti. |
CURA L'ASPETTO FISICO | L’aspetto fisico del comunicatore è responsabile delle “prime impressioni” che lascia negli altri. Gli psicologi ci dicono che facciamo questa analisi non in 30 secondi o un minuto, ma in pochi millisecondi! In un sospiro sappiamo se una persona è di nostro gradimento o no, se ispira fiducia o meno. Perché? Questo è un aspetto che ha a che fare con l’evoluzione della nostra specie, una caratteristica adattiva anche molto facile da capire. |
SORRIDI SEMPRE, QUANDO POSSIBILE | Il sorriso è probabilmente un’espressione facciale che rompe le barriere e unisce le persone, sia nelle relazioni emotive che professionali. Può creare un’amicizia se è sincero o può umiliare qualcuno se non è autentico o spontaneo. |