Raffaele Morelli: Come guarire senza psicofarmaci
L'aiuto pratico

Raffaele Morelli: Come guarire senza psicofarmaci

Per guarire devi eliminare tutte le convinzioni che hai su di te e fare spazio a un lato sconosciuto

L’opinione che ci facciamo di noi stessi, l’idea che abbiamo dei nostri disagi è sempre legata a uno sguardo che vede in una sola direzione. Conoscere per davvero noi stessi è difficile perché le ombre delle nostre convinzioni, il dominio dei pensieri ci ingannano. Il grande pittore Albrecht Dürer ci avvisava così nel 1500: «I nostri sensi ci ingannano, non vediamo le cose per come sono, facciamo ricostruzioni incerte e nemmeno ce ne rendiamo conto».

Quello che pensiamo di noi è sempre sbagliato, ma ancora più sbagliato è ritenere che siamo così a causa di quello che ci è successo. Per guarire, per star bene, dobbiamo eliminare la convinzione che abbiamo sulla nostra sofferenza. Ad Annalisa in una seduta ho detto questo:

«Guardi il dolore che prova, lo percepisca quando arriva, lo guardi e basta. Non gli dia nessuna spiegazione. Chiuda gli occhi e lo percepisca per tutto il tempo che può, spegnendo il pensiero. Nessun ragionamento, nessun commento, solo percepire il disagio e basta. Come hanno detto tutti i grandi Maestri lo sguardo interiore, libero dai pensieri, è il farmaco dell’anima. Guardare dentro se stessi senza dirsi e senza aspettarsi nulla.»

La consapevolezza ti cura

Dopo qualche seduta Annalisa non parlava più del passato, della paura di star da sola, «della madre gelida, che mi ha soffocata», dell’ansia, dell’abbandono del marito. «Come mi arrivava il pensiero - così mi ha detto - mi mettevo a sentire il disagio come se non ci fosse che quello e nient’altro. Ho capito che la consapevolezza del presente via via mi faceva stare meglio, molto meglio». Mi vengono in mente le parole di Uspenskij:

«L’osservazione di sé induce l’uomo a riconoscere la necessità di cambiare. Praticandola, egli si rende conto che il solo fatto di osservare se stesso produce cambiamenti nei suoi processi interiori. Comincia a capire che l’osservazione di sé è per lui un mezzo per cambiare, uno strumento di risveglio. Osservando se stesso, egli proietta in qualche modo un raggio di luce sui suoi processi interiori, che fino ad allora si erano effettuati in un’oscurità pressoché totale. E, sotto l’influenza di questa luce, tali processi cominciano a cambiare.»

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Dimentica te stesso e il Sé interviene

Le cose che ci feriscono non vengono mai dall’esterno, ma da qualcosa che vuole nascere. Ecco perché dobbiamo guardare i disagi: la coscienza li cura attraverso la sua energia luminosa, ma solo se li guardiamo senza il pensiero, che li oscura e, ragionandoci sopra, li cronicizza.

Sentite cosa dice Ornella e quanti miglioramenti ha avuto quando ha smesso di credere che i suoi disturbi dipendessero solo dal mondo famigliare. Cambiando atteggiamento mentale si è liberata dagli psicofarmaci. La sua è una storia di rinascita, cominciata proprio quando ha iniziato a guardare se stessa in modo diverso.

«Buongiorno dottor Morelli, sono Ornella, ho 57 anni e le scrivo per dirle grazie, un grazie di vero cuore. Circa tre anni fa, per una serie di pesanti disturbi psicosomatici (acufeni, dermatiti, insonnia, ansia generalizzata), il mio medico di base mi ha prescritto degli ansiolitici e mi ha consigliato una visita psichiatrica per poter avere, anziché l’aiuto di cui avvertivo la necessità, la prescrizione di farmaci, a suo dire, “più potenti”. Gli ho chiesto se potevo provare con un approccio psicologico, mi ha risposto che gli psicologi non sono medici e non possono prescrivere psicofarmaci, unica terapia che lui riteneva valida. Mi sono fidata del mio medico e ho provato a prendere per alcuni giorni i medicinali prescritti. Mi sentivo come in una bolla, in una calma artificiale. Alle notti insonni sono subentrati incubi spaventosi. Decisamente meglio l’insonnia, almeno nelle ore senza sonno potevo perdermi tra le pagine di un bel libro! Qui è entrato in gioco lei, dottor Morelli! Navigando in Internet ho trovato i suoi filmati e ho scoperto la sua opinione sugli psicofarmaci... Detto fatto, ho buttato via i medicinali, ho cambio medico di base e sono diventata un’accanita lettrice dei suoi scritti (libri e riviste di Riza). Esercizio dopo esercizio (quelli descritti nel suo libro “Vincere l’ansia” e in “Riza Psicosomatica”) ho riacquistato la serenità e la pace interiore. L’ansia a volte arriva ancora, ma ora so come accoglierla e anche gli acufeni, che mi affliggono tra alti e bassi da quindici anni, sono sempre presenti, ma a un livello più tollerabile. Ero convinta che tutti i miei problemi derivassero da un padre iracondo e anaffettivo e mi ripetevo questa tiritera come un mantra, rinnovando il dolore all’infinito. Da bambina quest’uomo mi terrorizzava. Di sera mi mettevo dietro il vetro di una finestra, individuavo nel cielo una stellina che mi piaceva e tra le lacrime le affidavo i miei dispiaceri, poi, dopo poco, mi tuffavo tra le pagine di un libro di favole o tra le mie adorate matite colorate, colla e forbicine con cui disegnavo e ritagliavo “casette felici” con tante finestrelle che si aprivano e chiudevano... Così mi estraniavo da un mondo che non mi piaceva. Da adulta, forse per liberarmi dal senso di colpa per la mia totale mancanza di affetto verso un padre ormai vecchio, avevo l’abitudine di ricreare il momento di disperazione guardando una stella attraverso il vetro della finestra e rimuginando sui motivi per cui quest’uomo non meritava il mio amore. Ma questo pianto non era il pianto autentico di me bambina, quella che dieci minuti dopo si perdeva tra le favole e i pastelli colorati, era il rimpianto per un’infanzia spensierata che mi era stata negata. Non me ne rendevo conto, ma proprio questo rimuginare sul passato mi stava man mano togliendo la serenità nel presente. Ora, se arriva l’ansia, mi tuffo tra le pagine dei miei libri preferiti o magari prendo dei pastelli e coloro dei mandala, oppure disegno (è una mia passione da sempre) o lavoro all’uncinetto... Che bello vedere un semplice filo di cotone che tra le mie mani diventa pian piano un piccolo oggetto creativo. Non passa giorno senza che io abbia creato qualcosa con le mie mani. Erano queste le cose che mi piaceva fare da bambina e che non facevo quasi più. E poi la fantasia, che salvezza la fantasia... Ne avevo così tanta da bambina e poi l’avevo persa per strada! Ho scoperto anche un luogo meraviglioso, il mio “Altrove”. Lì mi chiamo Anthaia e nel mio giardino segreto, con una cascatella e tante farfalle, mi aspetta un’antica Signora, di cui non vedo mai il volto con chiarezza. Grazie dottor Morelli perché, senza neanche conoscermi, mi ha indicato la via da seguire per una guarigione senza cadere nel vortice degli psicofarmaci. Ora i suoi scritti (libri e “Riza Psicosomatica”) sono la mia “terapia di mantenimento” e anche una piacevole lettura per vivere meglio! Con gratitudine, un caro saluto.»

È diverso dire “soffro per un padre sbagliato”, come fa la maggioranza delle persone, rispetto a ritenere che possediamo risorse come la fantasia, l’immaginazione, la creativitàche ci curano. Vengono dal Sé per proteggerci e farci trovare la nostra strada. Questo ci ha detto Ornella.

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raffaele morelli
Psichiatra e Psicoterapeuta. Fondatore e Presidente dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica, Direttore responsabile delle riviste Riza Psicosomatica, Dimagrire, MenteCorpo.
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