Raffaele Morelli: Non serve lottare per essere felice
L'aiuto pratico

Raffaele Morelli: Non serve lottare per essere felice

La felicità non è sforzarsi per avere una vita perfetta, ma stare con tutte le contraddizioni, i difetti, gli errori... Quando non ti giudichi, la tua essenza si può esprimere e ti porta a fare gli incontri che ti servono

L'arte di stare con se stessi è tutto ciò che dobbiamo imparare. Puoi avere tutte le ricchezze, l’amore che sognavi, i figli che raggiungono il successo lavorativo, puoi essere invidiato dal mondo, ma se non ti piaci, se ti rifiuti, se non sei soddisfatto di stare con te, vivi nell’inferno.

Cosa non va in te?

Vi racconto tre esercizi che faccio spesso agli incontri di gruppo in diretta online.

  1. Il primo esercizio dura in genere 15-20 secondi. «Chiudete gli occhi - dico rivolto al gruppo - e visualizzate dentro di voi che cosa non va nella vostra vita, quello che vorreste che non ci fosse». Poi chiedo: «Se avete trovato che cosa non va nella vostra vita, alzate la mano destra, mentre siete a occhi chiusi». Un attimo dopo tutti i partecipanti hanno le mani alzate. Tutti individuano subito che cosa non va bene nel loro mondo.
  2. Il secondo esercizio invece è dedicato al carattere. «Chiudete gli occhi e guardate quello che non vi piace nel vostro carattere. Magari la rabbia incontrollata, la gelosia, la permalosità e così via…». Anche questo esercizio si realizza in pochi secondi: tutti sanno cosa rifiutano del proprio carattere. Vorrebbero cambiarlo, migliorarlo, togliere le asperità, le parti aguzze che credono li facciano star male.
  3. Il terzo esercizio riguarda invece il passato. «Che cosa avete fatto nella vita di cui vi pentite? Quali scelte sbagliate?». È incredibile vedere come, a distanza di anni, tutti ricordino almeno un errore che ha influenzato la loro esistenza. Un errore che crea ancora adesso sensi di colpa.

Mai "sistemare" la vita

Sono tre semplici esercizi che chiunque può eseguire da solo in pochi secondi. Basta socchiudere gli occhi e le immagini vengono a trovarci spontaneamente. Potremmo chiamare il primo esercizio “del disagio esistenziale”, il secondo “del carattere” e il terzo “del passato”. Tutti e tre si basano su un’idea di disfunzione: qualcosa non va nella mia vita, oppure il mio carattere ha qualcosa di sbagliato o, ancora, nel passato ho fatto qualcosa di irreparabile.

È incredibile come quasi tutti quelli che si sottopongono a questi semplici esperimenti provino tutti e tre i disagi. E tutti rimangono colpiti quando dico loro che rimettere le cose a posto nella vita non funziona mai, come ad esempio è fallimentare il tentativo di riconquistare il partner dopo una separazione. Non si può recuperare ciò che è andato via e qualsiasi sforzo si faccia, non produce risultati. Chi ha provato l’abbandono lo sa benissimo.

Cambiare il carattere poi è una vera follia: sarebbe come dire alla rosa di eliminare le spine, che sono una delle sue prerogative. Si possono togliere le spine alle rose recise, che sono già morte e pronte a essere messe nei vasi, come fanno i fioristi. Ma far crescere in natura una rosa senza spine è impossibile e soprattutto inutile.

Nemmeno il passato si può cambiare, e non si può correggere. E del resto colui che a 25 anni ha lasciato l’università e non si è laureato, non è più la stessa persona di quella che a 40 continua a rimuginare su quel gesto. Ho visto pazienti laurearsi a 50 anni, sprecando risorse, facendo fatiche immani, per ritrovarsi poi ancora più depressi. Ce l’avevano fatta, ma quel “ritardo” rimaneva dentro di sé.

raffaele morelli

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Il caso di Martina

Ho citato questi tre momenti della vita affettiva perché spesso sono i motivi che portano le persone dallo psicoterapeuta: un disagio esistenziale, un brutto carattere, un presente rovinato dal passato. Come è successo a Martina, 38 anni, che si era separata da tre anni ma ancora pensava a come recuperare il marito che «mi ha lasciato con pochi soldi e con i figli ancora adolescenti». Lei credeva che il suo matrimonio fosse saltato perché aveva un carattere «troppo timido, introverso, e non esprimevo mai i miei sentimenti». Pensava di aver perduto anni prima l’unico uomo che avesse veramente amato perché non si era trasferita all’estero con lui.

Un giorno le ho fatto chiudere gli occhi in una seduta e le ho fatto immaginare i tre tarli della sua vita: la separazione, il senso di colpa per non aver seguito l’uomo dei suoi sogni e il suo carattere introverso. «Immagini questi tre tarli e li tenga lì nel buio, dentro i suoi occhi. Senza rimpianti, senza lo sforzo di allontanarli da sé. Li guardi semplicemente come onde del suo mare, senza far niente per mandarli via». Ha pianto qualche istante, poi ha ceduto, li ha lasciati nella sua interiorità, senza dirsi nulla.

Ha capito che non c’era niente da cambiare, ma semplicemente stare dentro di sé, senza dirsi niente. È arrivato il sollievo prima, la pace poi e in pochi attimi un vero e proprio attacco di felicità. «Ho capito che non devo cambiare niente della mia vita, le cose sono così come sono, vanno bene così». La felicità arriva solo se la smetti di lottare per cambiare la tua vita.

Vuoi raccontarci la tua esperienza, i tuoi dubbi, i tuoi successi? Manda una mail a raffaele.morelli@riza.it

raffaele morelli
Psichiatra e Psicoterapeuta. Fondatore e Presidente dell’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica, Direttore responsabile delle riviste Riza Psicosomatica, Dimagrire, MenteCorpo.
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