Se siamo in grado di “fare spazio” anche a quel che di noi non amiamo o consideriamo fragile, sbagliato, cattivo, siamo sulla strada giusta per trovare la vera autostima
Spesso si pensa che il segreto dell’autostima e della fiducia in sé stessi stia nella capacità di coltivare pensieri positivi su noi stessi che ci accompagnino nel corso della giornata. Se però un simile atteggiamento si trasforma nel rifiuto delle parti di noi che ci spaventano o che ci fanno soffrire, otterremo il risultato opposto: è quello che è successo a Silvia, che ha scritto alla redazione di Riza Psicosomatica.
“Da pochi mesi sono diventata mamma. Prima di partorire io e mio marito fantasticavamo su come sarebbero stati questi momenti, eravamo impazienti che arrivasse il bambino. Non vedevo l’ora di essere la madre dei sogni per mio figlio. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe potuto essere così difficile. Non voglio sembrare una pappamolla, ma a volte mi sembra di non farcela a reggere questo carico. Eppure ho anche preso l’aspettativa dal lavoro per poter essere mamma a tempo pieno. Ultimamente poi mi vengono in mente strani pensieri: ho paura che il bambino possa sfuggirmi di mano, che possa farsi del male. E che la colpa sia mia, come se in fondo lo desiderassi. Ma che mamma sono? La mia autostima è completamente a terra, cosa posso fare?"
Tentare di bloccare i brutti pensieri ha l’unico risultato di aumentarne l’intensità, precipitandoci in una lotta continua con la nostra mente che distrugge l’autostima. Non è scappando da loro quindi, che otterremo qualcosa. Al contrario, quando il “peggio di noi” arriva a bussare alla nostra porta, accoglierlo è l’unica cosa che possiamo fare. “Ho dei pensieri che vengono a trovarmi. Sono brutti, non mi piacciono, ma sono qui, non posso negarlo”; “Io sono anche questo”: queste sono le cose da dirsi e che davvero possono mettere in moto qualcosa dentro di noi.
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Che cosa? Un totale cambio di prospettiva: questi pensieri ci permettono di riconoscere un lato di noi da cui prendere le distanze, il lato superficiale. Non sono la paura, la tristezza o la rabbia le cose da temere, ma l’essere omologati. È il pensiero omologato e superficiale quello che fa dire a Silvia: “Che razza di madre penserebbe male del suo bambino? Una vera mamma darebbe tutto per lui”. Ma lei non è solo una mamma, è anche una donna, una figlia, una moglie: ha passioni e interessi. E ha anche paura, rabbia e stanchezza. Se per omologarci non diamo il giusto spazio ai tanti volti di noi, ecco che allora arriveranno i brutti pensieri per ricordarci che siamo anche altro. Perché la vera autostima non si raggiunge diventando unilaterali, ma completi!
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Imparando ad accettare e ad accogliere i pensieri che vengono a trovarla allora, Silvia potrà riscoprire quegli aspetti di lei che ha messo da parte. Smettendo così di voler essere una mamma-modello, potrà finalmente diventare una mamma vera: quella che magari si fa aiutare nelle incombenze, che non aspira ad essere perfetta, che ogni tanto stacca dalle responsabilità e si dedica alle sue passioni. Una mamma che è innanzitutto e soprattutto donna. Solo così i brutti pensieri se ne andranno e Silvia potrà recuperare l’autostima e la fiducia nella sua capacità di essere madre.
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