Se non riposiamo adeguatamente, alcune cellule del cervello lavorano proprio come se stessimo dormendo: ecco perché non riusciamo a concentrarci e ci distraiamo
Ormai da tempo si sa con certezza che dormire bene in termini di durata, continuità e profondità del sonno, è necessario per il corretto equilibrio cerebrale, oltre che per prevenire anche alcuni squilibri metabolici (ad esempio meno si dorme, più si tende a mangiare). Non solo: un riposo di buona qualità è ciò che serve anche per evitare quei momenti di “corto circuito” improvvisi, ad esempio quando si è al lavoro, ma soprattutto quando si guida, dalle conseguenze imprevedibili e a volte nefaste…
Alcuni ricercatori pisani, in uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience, hanno descritto cosa succede nel cervello di quelle persone che non hanno una buona qualità di sonno. Nel corso della ricerca il team di biochimici, psicologi e psichiatri ha dimostrato che l’utilizzo prolungato senza pause di particolari funzioni cognitive può determinare un vero e proprio affaticamento delle regioni cerebrali coinvolte. È stato arruolato per lo studio un gruppo di 16 giovani volontari sani a cui è stato chiesto di eseguire una serie di test specifici per un periodo continuativo di ventiquattro ore, in assenza di sonno. A confronto è stato chiesto in altro momento agli stessi soggetti volontari di svolgere, sempre per un’intera giornata, degli “esercizi” basati sulla coordinazione occhio-mano.
Dopo aver valutato la reazione dei partecipanti e utilizzato le registrazioni con l’elettroencefalogramma per monitorare l’attività cerebrale dei partecipanti, prima e durante l’esecuzione dei test, si è visto come la pratica prolungata in assenza di sonno portava come prima cosa alla comparsa di errori durante i due test. In particolare, analizzando i tracciati dell’elettroencefalogramma è emerso che alcune aree del cervello funzionavano come se i neuroni fossero in una vera e propria fase di sonno non Rem. Gli errori commessi dei partecipanti erano collegate a fenomeni di “addormentamento” di alcune aree del cervello sebbene apparentemente il soggetto fosse sveglio e stesse eseguendo le attività richieste dai ricercatori.
Questi risultati hanno indicato che la pratica prolungata di specifiche attività può portare ad un progressivo “affaticamento funzionale” di particolari regioni cerebrali. Secondo Pietro Pietrini, direttore dell’unità operativa di psicologia clinica dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa, questa scoperta potrebbe spiegare la perdita improvvisa di controllo sugli impulsi che viene frequentemente riscontrata in quelle persone che in – apparente stato di piena vigilanza, perdono il controllo sia delle loro capacità cognitive sia del comportamento con reazioni spesso imprevedibili e poco “logiche”.