Felicità, una questione di sguardo

Se vuoi davvero incontrarla, devi affidarti al mondo interno, il solo “luogo” dove la felicità sgorga spontaneamente: ecco come fare

La felicità si impara? Si, la felicità si impara. Come? Cambiando lo sguardo. Bisogna che ogni tanto durante la giornata, mentre camminiamo per strada, mentre cuciniamo, mentre parliamo con qualcuno, mentre ci vestiamo, mentre sentiamo gli amici o le amiche che ci raccontano la loro storia, noi spostiamo lo sguardo, che dall’evento esterno si deve posare sull’interno. Se una persona dovesse chiedermi, dopo tanti anni che faccio questo lavoro, quanto conta spostare lo sguardo, io direi che è la cosa più importante. Se tu parli con una persona depressa che ti racconta “dove ha gli occhi”, noterai che “li ha” sempre sulle solite cose: “la mia vita non va bene, non ci sono interessi, non c’è entusiasmo, non cambia niente”. Così lo spazio si restringe, lo sguardo stesso si restringe. La felicità invece è uno sguardo posizionato sul nulla, o meglio sullo spazio interno. Carl Gustav Jung ricordava che la fisica moderna ha scoperto che l’osservatore modifica profondamente l’esperimento che sta facendo; analogicamente, “toccando” il nucleo dell’animo ed avvicinandoci noi lo modifichiamo. Se volete modificare la vostra vita dovete semplicemente spostare lo sguardo.

Niente proclami, e la vita cambia direzione
La felicità viene da un occhio differente, da uno sguardo differente. Anziché fare proclami per il 2014, “andrò in palestra, studierò l’inglese, voglio dimagrire, voglio una vita migliore, lasciare un uomo che non mi piace più o stare con la donna dei miei sogni”…. Invece di fare tutto questo, spostiamo lo sguardo. Se lo sguardo si posizione sull’interno allora persino quando si cammina semplicemente per strada episodi apparentemente insignificanti acquisiscono un’altra dimensione. “Guarda, ho incontrato Giovanni che non vedevo da due-tre anni. L’altro ieri mi è successo che guardavo una vetrina e mentre mi perdevo in quel vestito e me lo immaginavo addosso mi sembrava di essere una donna d’altri tempi…”

Spegnere le identità fasulle della superficie
Se lo sguardo inizia a posizionarsi sull’immaginazione che si allarga, possono accadere dei veri e propri miracoli. La felicità dipende quindi da un altro modo di collocare lo sguardo quindi ricordarsi che ciò che siamo per davvero non è il lato conosciuto. Dove esistiamo per davvero? Quando andiamo a dormire, nel sonno profondo si spegne l’identità che conosciamo, il Raffaele che conosco. Quello che conosciamo di noi è il lato già tramontato: lo teniamo in vita, magari con sforzi, con fatica quando diciamo “io sono così e voglio una vita così”.

Via dallo sguardo comune
Qualche tempo fa, mentre ero a Rtl un ascoltatore affermava: “sono profondamente scontento perché mentre con la mia compagna va tutto bene, sua figlia che è grande, è molto arrogante, mi insulta spesso”. Lo sguardo comune direbbe: “devo andare d’accordo con la figlia così con la compagna tutto andrà bene”. Lo sguardo profondo dice: “io guardo questo caos, questa arroganza che viene a trovarmi. Sono stato chiamato per stare con una donna che ha una figlia molto arrogante, affinché io veda tutto questo, lo percepisca e non lo commenti.” La felicità viene dall’assenza di commento, dalla percezione che le cose sono così, ma io le guardo non per rimetterle a posto ma perché mi affido all’interno, guardo l’interno. Sono triste  e guardo la tristezza dentro di me, sono arrabbiato e guardo la rabbia dentro di me. La guardo in quel buio dove mi posso perdere.

L’importanza dei sogni
La sera quando andate a letto a dormire, prendete un block notes e scrivete “caro amico mio, caro sonno che stai venendo, caro compagno delle mie notti, fammi un dono questa notte, regalami un sogno”. James Hillman diceva che dobbiamo diventare amici dei nostri sogni. “Regalami un pensiero che non ho ancora pensato,  un fiore che fiorisca questa notte, il cui risultato lo vedrò sorgere il mattino dopo.” Poi chiudete il quaderno eaffidatevi completamente a questo Dio del sonno, dell’oblio, dove peschiamo dall’energia eterna del nulla, dove ogni notte veniamo ricreati. Scrivete sul vostro quaderno il titolo “progetto per la felicità” e ogni notte chiamate le immagini che possono venirvi a trovare. Voi però dovete fare qualcosa di molto accorto durante la giornata: guardarvi intorno. Chissà se mentre sto facendo la minestra arriva un’immagine a dirmi qualcosa, chissà se guidando, chissà se camminando….Allora ci si accorge che la soluzione, la terapia di tutti i mali è l’infinito che sta nascosto in ogni cosa e non si vede.

In ogni cosa, cerca l’infinito
Così il bicchiere dove beviamo il vino è la coppa del liquido immenso della vita che si fa fuoco e noi beviamo. Ogni cosa diventa la superficie di un progetto più ampio. Durante la giornata ricordatevi quell’amicizia che avete fatto con l’inconscio, la notte, quando siete andati a dormire. Quando siamo alleati e amici dell’inconscio ci capitano cose che non pensiamo. Magari ci capita un attacco di rabbia che non pensavamo di riuscire a vivere, magari mandiamo a quel paese amici che ci rompevano, magari indossiamo un vestito che non avremmo mai messo, magari sussurriamo al nostro uomo o alla nostra donna parole che non ci saremmo sognati di dire, magari incontriamo qualcosa di inaspettato perché la felicità arriva sempre dal mondo dell’inconscio, del buio, della notte, dell’inaspettato….

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